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Marghera: prove tecniche di riconversione verde | Tekneco

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Marghera: prove tecniche di riconversione verde

Bonifica e insediamento di imprese sostenibili: dopo la crisi dei decenni scorsi, è il momento della conversione green del petrolchimico di Venezia

Scritto da il 31 agosto 2012 alle 8:30 | 1 commento

Marghera: prove tecniche di riconversione verde

Photo: Diverse aree e strutture di Porto Marghera hanno esaurito gran parte della loro capacità propulsiva, ma l’area nel suo insieme è ben lungi dal poter essere considerata “dismessa”. (cred fuzzy_galore — flickr)


Il petrolchimico di Marghera, più di ogni altro insediamento industriale italiano, rappresenta nel bene e nel male un secolo della nostra storia, dai sogni sviluppisti dei primi del Novecento fino alla crisi degli anni Settanta e alle aule dei tribunali degli anni Novanta, per poi giungere ad un progetto di rinascita, ovviamente “green”, attraverso un accordo che è stata siglato fra enti locali, impresa e Governo nell’aprile scorso.  «Una reindustrializzazione ambientalmente sostenibile che apre nuove prospettive per lo sviluppo delle aziende verdi nel nostro Paese» come lo ha definito lo stesso ministro dell’Ambiente Corrado Clini.

Una storia lontana

Sono i primi anni del Novecento quando lo Stato, il comune di Venezia e la nascente imprenditoria locale gettano le basi per sviluppare il territorio e stabilire un’economia duratura: creare nell’area di Marghera uno dei più grandi poli industriali del Paese, anzi, d’Europa. Non si aspettano nemmeno gli esiti della battaglie combattute sul Piave e sul Monte Grappa, che potrebbero anche far perdere all’Italia il Veneto,  quando nel 1917, in piena Prima guerra mondiale, viene firmato varato il progetto “Pel nuovo porto di Venezia”, la cui messa in opera partirà solo due anni dopo con i primi cantieri Breda.

Nemmeno i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, che punteranno a distruggere il polo industriale per mettere in difficoltà il Paese, arresteranno lo sviluppo di porto Marghera. Il boom degli anni Sessanta rilancia e consente all’economia e al benessere di crescere. Sono gli anni in cui i derivati del petrolio conoscono una diffusione mai conosciuta prima. Non si tratta solo della materie plastiche, ma dalle raffinerie può uscire di tutto, persino fertilizzanti chimici.

Il successo del settore è tale che, come sognavano agli inizi del Novecento, negli anni Settanta a Porto Marghera sarà davvero radunato l’80 per cento di tutta la chimica italiana, e il polo diventerà uno dei più importanti di tutta Europa.

Ma il sogno non solo non durerà a lungo, e già una serie di eventi ne hanno minato il futuro. Il primo accade il 4 novembre del 1966: una terribile alluvione spazza via l’area che avrebbe dovuto ospitare la Terza zona industriale ed ultima fase del “porto nuovo”. La fragilità del territorio e la sua scarsa conoscenza da parte di chi ha fatto i progetti ne impediranno, da qui in avanti, di espandere l’area industriale. Ma non basta.

Nel 1973, la cosiddetta guerra del Kippur, che vede fronteggiarsi da un lato Egitto e Siria e dall’altra Israele, provoca una grave crisi nell’approvvigionamento di petrolio. I paesi arabi appartenenti all’Opec decidono di bloccare le importazioni verso i paesi occidentali che avevano appoggiato gli israeliani. La chimica organica derivante dall’oro nero, la cantieristica e soprattutto la produzione di alluminio cominciano a vivere il loro declino.

E, sempre negli anni Settanta, a Marghera la Montedison completa i suoi stabilimenti per la lavorazione del Cvm, il famigerato cloruro di vinile necessario per la produzione di Pvc ma molto tossico. Tossicità già nota a quell’epoca ma che solo nel 1996 condurrà i dirigenti ad un rinvio a giudizio per i danni inferti alle persone e all’ambiente e, nel 2004, ad una condanna che per prescrizione dei termini non verrà mai eseguita.

La rinascita verde

Gli anni Duemila sono gli anni in cui la contrapposizione fra le ragioni dell’industria, dell’economia e del lavoro si oppongono a quelle della salute dei cittadini e dell’ambiente. La crisi economica che avanza in tutto il mondo, e in Italia in particolare, richiedono idee e soluzioni nuove.

Secondo lo scrittore e sociologo Gianfranco Bettin, che fu fra i primi a denunciare le morti da inquinamento nella Laguna e oggi assessore all’ambiente del Comune di Venezia: «Con questi e altri interventi in corso stiamo passando dal dire al fare. Da tanto tempo si sente parlare di proposte su Porto Marghera, senza che si sia mai arrivati a soluzioni concrete: salvo la cantieristica, l’attività logistico-portuale e il parco scientifico tecnologico, realtà che si sono affermate “di fatto”, per anni sono rimaste forti perplessità sulla destinazione del polo chimico. Entriamo in una nuova epoca storica per Porto Marghera, che conserverà la sua vocazione industriale, ma la rielaborerà secondo le linee dell’industria del terzo millennio e sulla base delle necessità dell’economia globale».

L’accordo di programma, sottoscritto fra ministero dell’Ambiente, Comune, Regione ed Eni, è  finalizzato ad attivare e accelerare il processo di disinquinamento, riconversione industriale e riqualificazione economica del Sito di Interesse Nazionale (Sin) di Venezia-Porto Marghera e delle aree limitrofe. 110 ettari di aree dismesse, liberate dagli impianti e in gran parte da bonificare o mettere in sicurezza che Comune e Regione potranno poi  cedere a chi volesse riutilizzarle in maniera sostenibile.

L’accordo, per il quale è  prevista una durata di 10 anni, stabilisce che le attività di bonifica debbano cominciare entro sei mesi dall’approvazione del progetto, ad eccezione per quelle operazioni di emergenza per le quali il ministero dell’Ambiente può chiedere tempi più stringenti.

I progetti di riconversione ai quali si punta riguardano principalmente chimica verde, energia, logistica, nautica, cantieristica, innovazione e la ricerca. Il documento innovativo che semplifica le procedure di bonifica per la prima volta in Italia – secondo gli esperti – prevede anche un fondo di rotazione in dotazione alla Regione Veneto per incentivare la bonifica il favore delle piccole e medie imprese.

«Con questo accordo corono un sogno, che avevo cominciato a maturare quando ero presidente degli industriali di Venezia – ha detto Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni – allora cercavo di dire a tutti che in nessun paese al mondo si sarebbe pensato di prendere un’area piena di infrastrutture e personale qualificato, come quella di Porto Marghera e di smantellarla.

Devo dare atto al sindaco Orsoni che, invece, ha subito sposato l’idea che Porto Marghera deve continuare ad avere un ruolo industriale. Ora non possiamo che augurarci che la fila di imprenditori che si dice sia pronta a comprarle per investire in nuove attività produttive, si faccia avanti al più presto con nuovi piani industriali».
Per Clini, la cui carriera professionale è cominciata proprio in questi luoghi come medico del lavoro, non rimane «da buon margherino» che esprimere soddisfazione «perché siamo riusciti in tempi brevissimi ad arrivare alla stipula di questo atto con Eni che dà un segnale di svolta preciso, dopo l’accordo per la semplificazione delle bonifiche sottoscritto un mese fa qui a Venezia. Ora dobbiamo fare di tutto affinché queste aree vengano rapidamente valorizzate e diventino un volano di crescita economica sostenibile».

Un primo passo concreto verso la Marghera del domani per la quale si prevedono, inoltre, la creazione del Parco urbano dell’isola della Certosa, attraverso l’utilizzo di biomasse e biocombustibili e la realizzazione di impianti di micro trigenerazione, e l’Ecodistretto di Marghera, con impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.


Commenti

È stato inserito 1 commento.

  • Luca
    scrive il 26 settembre 2012 alle ore 23:07

    interessante sull'argomento: http://efficienza.wordpress.com/2012/09/24/eni-vuole-trasformare-la-raffineria-di-venezia-nella-prima-bioraffineria-del-mondo/

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L'autore

Marco Gisotti

Direttore scientifico di Green factor, ha creato e dirige dal 2005 il Master in Comunicazione ambientale del Centro studi CTS con il Dipartimento di scienze della comunicazione della Sapienza di Roma e l’ENEA. È autore, con Tessa Gelisio, di “Guida ai green jobs. Come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro” (Edizioni ambiente).


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