Certificazione ambientale
La Green economy dei grandi marchi italiani
Da Gucci a Illy, da Telecom Italia a Gancia sono più di settanta le imprese italiane che aderiscono al programma del Ministero dell’Ambiente
Sono oltre settanta i marchi italiani che hanno aderito agli accordi volontari proposti dal Ministero dell’Ambiente per promuovere la certificazione ambientale dei prodotti, dei sistemi di gestione dei processi industriali e delle attività produttive.
«L’esperienza di questi anni – ha spiegato il ministro Corrado Clini – suggerisce che i consumatori finali sono sempre più sensibili al valore ambientale delle proprie scelte, e questo dato sta orientando le imprese ad assumere in misura crescente la certificazione ambientale del ciclo di vita dei propri prodotti, come scelta volontaria e strategica per accrescere la competitività in mercati sempre più esigenti ed attenti ai valori ambientali».
Un obiettivo che in molti sembrano condividere, e soprattutto nomi capaci da fare da apripista anche alle aziende più piccole o meno note. Fra i settanta e passa nomi che hanno già aderito ci sono infatti quelli di Pirelli, Gucci, Antinori, Benetton, COOP ITALIA, Società Autostrade, Tasca d’Almerita , Acqua San Benedetto, Gancia, ILLY Caffè, TELECOM Italia, Unicredit, e le Università Ca’ Foscari di Venezia e Tor Vergata di Roma.
L’iniziativa del Ministero dell’Ambiente era partita nel 2009 con lo scopo di individuare, promuovere e valorizzare iniziative comuni con le imprese per l’analisi dell’impatto ambientale e l’identificazione delle soluzioni tecnologiche/gestionali necessarie a promuovere modelli sostenibili di produzione e consumo nelle proprie attività di filiera.
In questo senso potevano essere diverse le azioni da poter mettere in campo, ognuna secondo le capacità della singola impresa, del suo territorio e delle opportunità di mercato. Hanno quindi assunto un significato determinante gli impegni volontari delle imprese per la riduzione sia delle emissioni dei gas ad effetto serra, “carbon footprinting”, sia dei consumi di acqua “water footprinting”, che molte imprese hanno adottato come label di identificazione della propria “impronta” ambientale.
«Il governo italiano, dopo le iniziative già assunte per il sostegno alla “green economy” – ha concluso Clini – deve prevedere misure specifiche per la promozione della certificazione ambientale sia attraverso il “green procurement” nel settore pubblico, sia attraverso incentivi fiscali. A questo fine dovrà essere utilizzato lo schema di delega fiscale, che all’art.15 prevede misure per la fiscalità “verde”».
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L'autore
Marco Gisotti
Direttore scientifico di Green factor, ha creato e dirige dal 2005 il Master in Comunicazione ambientale del Centro studi CTS con il Dipartimento di scienze della comunicazione della Sapienza di Roma e l’ENEA. È autore, con Tessa Gelisio, di “Guida ai green jobs. Come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro” (Edizioni ambiente).
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