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Tutela del territorio

Dissesto idrogeologico: la più grande opera pubblica

Un piano per mettere in sicurezza il territorio agricolo che, oltre a prevenire frane e alluvioni, creerebbe 19.000 posti di lavoro all'anno

Scritto da il 11 marzo 2013 alle 8:20 | 3 Commenti

Dissesto idrogeologico: la più grande opera pubblica

Photo: Uno sbancamento effettuato per una profondità di più di 2 metri, pari a circa 34.000 t/ha di suolo asportato su una superficie molto vasta. (Ispra)


“Almeno 40 miliardi di euro” è la stima che il Ministero dell’ambiente per curare il Paese dal dissesto idrogeologico. La cifra da capogiro, annunciata al convegno organizzato dall’Ispra per la presentazione delle “Linee guida per la valutazione del dissesto idrogeologico e la sua mitigazione attraverso misure e interventi in campo agricolo e forestale”, non è la prima volta che spunta fuori. Già otto o nove anni fa, ai tempi del ministro Matteoli, questi aveva detto che sarebbero serviti 44 miliardi di euro, ma poiché nelle casse dello Stato non c’erano ognuno avrebbe dovuto arrangiarsi come poteva.

Nel frattempo le tante sciagure, da Messina a Genova, passando anche per i terremoti dell’Aquila e dell’Emilia Romagna, hanno creato ben altra attenzione anche nell’opinione pubblica. Inoltre, l’avanzare del concetto di un’economia verde, fondata sullo sviluppo del territorio a partire dal rispetto e dalla cura dell’ambiente, ha fatto sì che sia finalmente possibile dare priorità, o almeno suggerirla, ad un approccio più concreto al problema del dissesto idrogeologico.

L’Italia è uno dei Paesi europei con più elevata predisposizione al dissesto idrogeologico. Le frane, infatti, sono oltre 486.000 e interessano un’area pari al 6,9% del territorio nazionale (la fonte, ovviamente, è l’Inventario dei fenomeni franosi in Italia dell’Ispra), inoltre circa il 30% delle superfici rurali nazionali presentano una notevole perdita di suolo per erosione.

È sulla base di questi dati, che il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare hanno presentato con l’Ispra, Agea, e Rete Rurale leLinee guida per occuparsi degli interventi in ambito agricolo.

Le zone a seminativo che presentano criticità elevata o molto elevata per erosione e franosità corrispondono a circa il 23% della superficie totale nazionale, oltre 1,9 milioni di ettari, una superficie grande quanto tutto il Veneto.

In particolare, sempre in 10 anni, sono previste attività per più di 3,2 miliardi di euro per la protezione delle superfici a seminativo, 1,4 miliardi per la ricostruzione del potenziale ecologico, protettivo e produttivo dei boschi italiani e 1,6 miliardi di euro per la manutenzione e stabilizzazione del reticolo idrografico minore.

Altri 700 milioni di euro dovranno essere invece destinati agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, ripristino e ricostruzione dei terrazzamenti agricoli. Il finanziamento produrrebbe anche un consistente aumento in termini occupazionali in zone cosiddette ”marginali”: sono stimate circa 410 milioni le ore di lavoro, pari a circa 19.000 posti di lavoro.


Commenti

Ci sono 3 commenti.

  • BRUNO
    scrive il 15 marzo 2013 alle ore 11:46

    di base, penso, manchi una vera volontà di fare realmente. Si parla di grandi cifre, appalti che di conseguenza hanno solo un fine ... TANGENTI & SOLDI FACILI. Tutto è basato sulla ricostruzione, esecuzione a nuovo .... ma nulla sulla cosa più semplice : MANUTENZIONE ORDINARIA. Se proprio vogliamo sarebbe pure a costo ZERO ... basterebbe impiegare i CASSAINTEGRATI o i DISOCCUPATI che già vengono retribuiti con soldi della comunità. In questo caso verrebbe loro a mancare il tempo libero .... e la possibilità di lavorare in NERO ...... NON SI HA DA FARE ( come disse A, Manzoni )

  • bruno g
    scrive il 12 maggio 2013 alle ore 20:39

    più che posti di lavoro porta una marea di fallimenti .... lo stato non paga !!!!! e questo è un dato di fatto. Se esistesse una vera volontà si userebbero i cassa integrati visto che sono pagati dalla comunità per stare a casa e magari lavorano in nero portando via posti di lavoro agli artigiani regolari.

  • Enzo
    scrive il 06 aprile 2014 alle ore 16:05

    Sono perfettamente d'accordo con BRUNO. Ho sempre sostenuto di utilizzare i lavoratori socialmente utili e cassaintegrati per lavori davvero utili alla società e non per andare a fare altri lavori in nero a spese del contribuente. Penso che con la semplice manutenzione e piantumazione di alberi specifici, si risolverebbe buona parte del problema senza parlare e spendere milioni o addirittura miliardi di euro.

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L'autore

Marco Gisotti

Direttore scientifico di Green factor, ha creato e dirige dal 2005 il Master in Comunicazione ambientale del Centro studi CTS con il Dipartimento di scienze della comunicazione della Sapienza di Roma e l’ENEA. È autore, con Tessa Gelisio, di “Guida ai green jobs. Come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro” (Edizioni ambiente).


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