Clima
Una mappa per il clima
Legambiente ha mappato tutti gli eventi estremi accaduti dal 2010 ad oggi. Uno strumento per conoscere il clima che cambia
Snocciolati nella cronaca di tutti i giorni si diluiscono nella memoria, ma messi in fila sono impressionanti i dati della nuova mappa del rischio climatico nelle città italiane, presentata da Legambiente. Negli ultimi quattro anni, infatti, sono state ben 138 le vittime di 112 eventi estremi che hanno provocato pesanti danni al territorio urbano italiano e che nel dettaglio sono 30 casi di allagamenti da piogge intense, 32 di danni alle infrastrutture, con 29 giorni di fermo di metropolitane e treni urbani, otto casi di danni al patrimonio storico, 20 da trombe d’aria e 25 eventi causati da esondazioni fluviali.
«Proprio le aree urbane devono diventare oggi la priorità di politiche che tengano assieme prevenzione del dissesto idrogeologico e adattamento ai cambiamenti climatici – dice il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini -. Politiche che attualmente viaggiano completamente separate e seppure il tema del dissesto è affrontato oggi da una task force presso la presidenza del Consiglio, il cambiamento nella dimensione dei fenomeni climatici è tale da far apparire inadeguata anche questa impostazione. Il Governo italiano non ha ancora una politica per affrontare il rischio climatico – prosegue Zanchini -, da pochi giorni e in ritardo rispetto a quanto previsto dalla Commissione Europea, è stato approvato un documento di obiettivi generali con la strategia nazionale di adattamento al clima mentre ancora nulla si sta muovendo per arrivare all’approvazione del piano nazionale, ossia lo strumento che dovrebbe finalmente permettere di passare dagli obiettivi generali agli interventi concreti utilizzando anche la spesa dei fondi europei da parte delle Regioni che, ricordiamolo, nella programmazione 2014-2020 sono rilevanti per questo tipo di interventi, ma che rischiano, in assenza di chiari obiettivi e di una attenta regia di rimanere inutilizzati».
La mappa del rischio climatico che si trova all’indirizzo web: www.planningclimatechange.org/atlanteclimatico sarà aggiornata periodicamente e contiene per ogni singolo episodio approfondimenti e immagini riferiti a episodi precedenti cosa che consente la conoscenza degli impatti, l’individuazione delle aree a maggior rischio e la possibilità di mettere a rapporto l’accelerazione dei processi climatici e i fattori insediativi o infrastrutturali nel territorio italiano, con particolare attenzione verso le aree urbane.
«Proprio le aree urbane sono in Italia quelle a maggior rischio e per questo si deve arrivare quanto prima ad approvare dei veri e propri Piani Clima per affrontare le emergenze e fissare le strategie di adattamento dei quartieri. – ha concluso Zanchini – Del resto un Paese dove l’81,2 % dei comuni è in aree a rischio e con quasi 6 milioni di persone che abitano in zone a forte rischio idrogeologico, occorrono risposte nuove, urgenti e integrate. Le ragioni appaiono scontate, non ultime quelle economiche, con 61,5 miliardi di euro spesi tra il 1944 ed il 2012 solo per i danni provocati dagli eventi estremi».
Sarà interessante il confronto tra la mappa e la Strategia nazionale d’adattamento ai cambiamenti climatici, che è ancora persa tra i meandri sei ministeri e al cui obbligo circa l’adozione siamo gli ultimi in Europa, per verificare se l’Italia ha lavorato sulla prevenzione, come dovrebbe essere, o sul tamponamento emergenziale anche quando si parla d’adattamento al clima.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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