Tekneco #15 - Energia e consumi
Un tesoro sopra le nostre teste
In Italia ci sono più di mille chilometri quadrati di tetti che se fossero “coltivati” a solare produrrebbero il 45% di tutto il consumo elettrico nazionale
Il tetto è una parte delle abitazioni molto presente negli aforismi. “Avere un tetto sopra la testa” equivale al possesso di un’abitazione e Giovanni Verga ne denotava l’aspetto collaborativo, dicendo che “i vicini devono fare come le tegole del tetto, a darsi l’acqua l’un l’altro”.
L’aumento della densità abitativa, come conseguenza dell’esplosione dell’urbanizzazione avvenuta a cavallo della seconda guerra mondiale, ha causato una drastica diminuzione degli spazi nelle città, con la “scoperta” che i tetti, rendendoli praticabili, potevano essere utilizzati come parti comuni.
Ecco, quindi, che le città si sono letteralmente ricoperte di superfici utili per lo più utilizzate come lavatoi e stenditoi, che oggi spesso giacciono inutilizzati a causa della diffusione delle tecnologie per il lavaggio domestico. Negli edifici più moderni, invece, al tetto è stato reso il proprio ruolo di “bene comune” poiché, ormai, è uno standard porre sulle coperture i sistemi per la climatizzazione sia estiva, sia invernale e sempre più spesso anche i sistemi di produzione d’energia rinnovabili, quali il fotovoltaico, il solare termico e negli tempi anche il solare a concentrazione che è particolarmente adatto alla refrigerazione estiva, viste le alte temperature che si raggiungono specialmente nei momenti di picco solare.
Il potenziale energetico dei tetti italiani è enorme. Qualche anno fa, durante un’audizione in Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, Confedilizia rese noti dei dati, citando alcune analisi dell’Agenzia internazionale per l’energia, decisamente interessanti. A disposizione delle rinnovabili, infatti, ci sono ben 1.050 chilometri quadrati di superfici, 764 di tetti e 286 di facciate che se fossero “coltivate”, per esempio, con il fotovoltaico potrebbero consentire la produzione di 126 TWh di elettricità l’anno, pari al 45% dei consumi italiani. Il tutto senza consumare un solo metro quadro di suolo. Le potenzialità potrebbero essere ancora più grandi se si utilizzassero gli ex lavatoi e le soffitte non utilizzate come locali tecnici per l’accumulo, nell’ottica dell’integrazione energetica degli edifici nelle smart grid e dando agli stessi una robusta autonomia energetica. Per non parlare delle superfici a copertura delle attività manifatturiere e del terziario sulle quali possono trovare spazio sistemi energetici la cui produzione sarebbe utilizzata dall’attività sottostante, come nel caso del Caab di Bologna. Non altrettanto conveniente come il solare, invece, è l’eolico sui tetti. In ambienti urbani, infatti, è complicato trovare condizioni ideali di buona ventosità al fine di sfruttare al meglio la fonte eolica, anche per il fatto che in Italia difficilmente abbiamo edifici che superano i trenta metri d’altezza. Se si è convinti d’avere una buona ventosità sul proprio tetto è sempre possibile realizzare delle misure anemometriche in maniera abbastanza economica, visto che non è necessario realizzare alcuna torre, tenendo ben presente che bisogna rilevare il vento per almeno un anno, al fine di avere dati sufficientemente affidabili circa la produttività. Nel caso si riscontrino condizioni ottimali di ventosità, si può optare anche per una turbina eolica verticale, tenendo conto che iniziano a essere interessanti in presenza di una ventosità media di 5,5 metri al secondo.
L’utilizzo sui tetti, però, è e rimane problematico. Per esempio, nei centri storici sempre più spesso regolamenti comunali e sopraintendenze mettono lacci e laccioli anche a piccoli impianti solari fotovoltaici e termici, impedendone l’installazione a una grande fetta dei cittadini. Alcune aziende hanno sviluppato soluzioni ad hoc per tentare di risolvere questi problemi. Diverse aziende del fotovoltaico hanno sviluppato delle “tegole solari”, mentre, per dissimulare i serbatoi d’accumulo per il solare termico, sono stati realizzati dei “finti camini” all’interno dei quali inserirli. La necessità di simili artifizi anche per impianti domestici che di speculativo non hanno nulla, la dice lunga sulla distanza sia della legislazione, sia della logica della Pubblica Amministrazione da altri Paesi, come lo Stato della Città del Vaticano nei quali le rinnovabili sono viste come un valore aggiunto sia a livello ambientale, sia architettonico.
Sull’utilizzo delle coperture nei condomini, che sono la maggioranza, c’è una grande incertezza. Il primo problema per il loro “sfruttamento” energetico è rappresentato dal fatto che, essendo parti comuni, sono soggette alle decisioni delle assemblee condominiali per ogni questione: dall’installazione degli impianti all’eventuale cessione a soggetti terzi che a loro volta li realizzerebbero; così come c’è il problema di quale sia il soggetto che cede l’energia alla rete e che comunque sia titolare del rapporto con il gestore del sistema elettrico nel caso del fotovoltaico. La prospettiva potrebbe cambiare, però, con l’introduzione dell’accumulo e con il conseguente aumento dell’autoconsumo, poiché a valle del contatore – a meno che non siano introdotti balzelli di varia natura, oppure delle e vere e proprie accise – gli utenti sono liberi di organizzarsi come vogliono.
Discorso analogo riguarda il solare termico, tecnologia orientata completamente all’autoconsumo con accumulo, che può essere utilizzato per la produzione di acqua calda sanitaria e come importante fonte aggiuntiva per la climatizzazione invernale, nelle versioni più semplici, mentre se si dimensiona maggiormente l’impianto è possibile utilizzare l’energia termica prodotta anche per la refrigerazione estiva.
Altro aspetto che potrebbe essere preso in considerazione, quello dell’utilizzo di locali comuni non più utilizzati come: soffitte e lavatoi per la cogenerazione, visto che praticamente tutte le zone d’Italia sono raggiunte dalla rete del metano. Oggi sono disponibili cogeneratori a partire da 10 kW elettrici – 20 kW termici – delle dimensioni di quattro metri cubi, che possono tranquillamente trovare posto nei locali non utilizzati in prossimità dei tetti. Un aspetto da non trascurare, quando si parla di tetti, è il loro isolamento a prescindere dal fatto che si operi anche sul resto dell’involucro. Il tetto, infatti, è la parte dell’edificio che subisce maggiormente il carico termico. Spesso il suo isolamento è semplice e relativamente poco costoso nel caso dei tetti a falde, dove non si modifica la sagoma dell’edificio.
Il futuro potrebbe riservarci delle sorprese circa l’utilizzo dei tetti. Le ultime tendenze dell’architettura, infatti, ne prevedono l’utilizzo, trasformando quelle che sono delle coperture passive in attive sul fronte della vegetazione. Le coperture vegetali “vive” in passato erano usate solo nelle piccole abitazioni, oggi l’uso si è esteso anche ai grandi edifici, come ad esempio i condomini, offrendo soluzioni architettoniche di rilievo estetico e contribuendo, così, a mitigare il fenomeno delle isole di calore in ambito urbano.
Infine, dobbiamo ricordarci che la principale funzione dei tetti è quella di riparare noi e l’edificio dalla pioggia, convogliandola in appositi scarichi e impedendo che invada l’interno delle abitazioni. I nuovi progetti architettonici utilizzano in questo senso delle soluzioni per utilizzare la risorsa “pioggia”, al fine di risparmiare l’acqua potabile proveniente dall’acquedotto. Realizzando delle apposite cisterne di raccolta dell’acqua piovana e un circuito di distribuzione di queste acque per gli utilizzi non alimentari, è possibile ridurre drasticamente i consumi idrici delle abitazioni. Solo lo sciacquone del bagno, infatti, consuma un terzo abbondate di tutta l’acqua utilizzata in un’abitazione, ragion per cui, utilizzare quella piovana, che in genere si smaltisce attraverso i depuratori senza essere stata utilizzata, rappresenta un risparmio sia per la bolletta, sia per l’ambiente.
Best practice
Bologna: il megaimpianto sul tetto
È l’impianto su tetti più grande d’Europa, quello del Caab di Bologna, dove, la copertura del centro agroalimentare è stata interamente utilizzata. Sono 43.750 i pannelli solari installati su una superficie di 100mila metri quadri, pari a quattordici campi da calcio, tutti su copertura. L’impianto, è un progetto realizzato da Unendo Energia e vanta una potenza di undici megawatt, per una produzione annua di 11.350.000 kwh e 22,5 milioni di investimento. L’energia rinnovabile prodotta servirà, a breve, anche per attivare la logistica sostenibile dell’ultimo miglio, utilizzando mezzi elettrici per raggiungere il centro della città, in modo da abbattere l’inquinamento sia atmosferico, sia acustico del centro di Bologna. «Ad ogni grossista del Centro sarà proposto in comodato d’uso un veicolo elettrico, nel contesto del progetto di logistica sostenibile dell’ultimo miglio – afferma il presidente del Caab Andrea Segrè – Il Caab Bologna è oggi impostato sulla sostenibilità come elemento cardine di sviluppo nella visione Spreco Zero, ovvero riduzione degli sprechi di energia, acqua, alimenti, rifiuti, mobilità e aumento dell’eco-efficienza e del risparmio. Un sistema di smart grid dove ogni utente finale ha a disposizione, gratuitamente, un proprio impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile, un impianto di accumulo di energia e la possibilità di rimanere collegato alla rete elettrica nazionale per far fronte ad eventuali gap di produzione fotovoltaica o a picchi di consumo». Dell’energia elettrica prodotta dall’impianto, circa tre milioni di KWh sono consumati per alimentare le aziende insediate al Caab e le parti comuni. Si tratta di un utilizzo che non riguarda l’illuminazione poiché l’attività si svolge di notte quando il fotovoltaico non produce, ma la ricarica dei muletti elettrici sì, visto che sono fermi durante il giorno, mentre l’uso nella refrigerazione è più limitato visto che questo utilizzo necessita di elettricità 24 ore su 24. Prendendo la media annuale di produzione elettrica il Caab è ampiamente autosufficiente e, i restanti 7,3 milioni di KWh prodotti l’anno, potranno alimentare veicoli elettrici per il trasporto di merci nell’ambito del progetto di mobilità metropolitana recentemente elaborato dal Caab stesso, quale capofila del progetto per la City Logistic in collaborazione con l’Università di Bologna, il Cnr e alcune aziende private. La somma dei risparmi ottenuti in bolletta da parte di tutti gli operatori sulla quota di energia elettrica prodotta dall’impianto e consumata è del 15%, per circa 75.000 euro.
L’impianto fotovoltaico del Caab, infine, ha una valenza ambientale talmente forte che è stato inserito come un punto cardine del Paes della città di Bologna.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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Michele Micciantuono
scrive il 24 maggio 2014 alle ore 11:21
Non posso che condividere il principio che è giunto il tempo per abbandonare le risorse obsolete del passato e che bisogna passare alle forme alternative di approvigionamento delle energie. Non condivido che il fotovoltaico rappresenta la forma migliore, specie quando si pensa di sfruttare gli spazi urbani dei tetti e dei terrazzi delle nostre case. E' abbastanza evidente che sono insufficienti per produrre l'energia di cui si ha bisogno. Per contro ritengo che l'eolico, ed in particolare quello verticale e non quello orizzontale, può soddisfare tali esigenze. Personalmente mi sono cimentato nella ricerca di un sistema verticale che: - occupi minore spazio a terra; sia particolarmente silenzioso; abbia zero costi di manutenzione e bassi costi di installazione; sia eterno nella sua durata e non a termine come il fotovoltaico, in fine non abbia problemi di smaltimento finale dei materiali esausti. L'impianto che realizzato può essere installato in ogni cortile condominiale; può trasformare ogni traliccio dell'alta tensione ENEL in centrale produttiva di energia. In fine, come ultima proposta pubblica, ogni comune può creare sul proprio territorio opportune centrali o parchi eolici per soddisfare il fabbisogno cittadino. Queste sono le mie idee che posso mettere a disposizione di chiunque abbia la volontà di affrontare il problema base e risolverlo. Il prototipo dell'impianto che realizzato è a disposizione di tutti coloro che mi contattano.