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Plastiche all’ assalto degli ecosistemi
Nuovi e inquietanti studi segnalano l'aumento dell'inquinamento dalle plastiche in natura dove si formano nuovi materiali
Siamo a pieno titolo nell’Antropocene e la plastica ne è la dimostrazione. Sono stati scoperte, infatti, rocce composte da frammenti di plastica non esistenti in precedenza e che sono frutto dell’inquinamento marino causato dall’uomo. La scoperta si deve ai ricercatori dell’Universitá del Western Ontario (Canada) e dell’Algalita Marine research institute di Long beach (California, Usa) ed è avvenuta sulla spiaggia di Kamilo beach, alle Hawaii.
«I nostri risultati indicano che questo materiale antropogeneticamente influenzato ha un grande potenziale di rappresentare un marcatore dell’inquinamento umano. – spiegano i ricercatori Patricia L. Corcoran e Kelly Jazvac dell’Universitá del Western Ontario, dipartimento Scienze della Terra e dipartimento Arti visuali e Charles J. Moore dell’Algalita Marine research institute - Segnalando il verificarsi dell’epoca informale dell’Antropocene».
In pratica queste rocce sono una mescola di plastica fusa, sedimenti di spiaggia, frammenti di lava basaltica e detriti organici. Il “nuovo materiale” è stato chiamato, in uno studio pubblicato da Gsa Today, il giornale della Geological society of America “plastiglomerato” ed è diviso tra i generi “in situ”, ossia che si presume che si sia formata nel luogo del ritrovamento ”clastico”, ossia composto da frammenti di varie grandezze.
«L’agglutinazione di sedimenti naturali alla plastica fusa dai fuochi accesi sulla spiaggia ha incrementato la densitá globale dei plastiglomerati. – affermano i ricercatori – cosa che ne inibisce il trasporto da parte del vento o dell’acqua, incrementando la possibilitá che finisca sotterrato, con un aumento della conservazione dello stesso».
Negli ultimi decenni diverse indagini hanno fatto il punto sui pericoli causati dalle plastiche per gli organismi marini e i loro ecosistemi, ma «si sa davvero poco sul potenziale di conservazione delle materie plastiche tra le rocce», afferma Gsa Today.
«Come materiali di derivazione antropogenica, le plastiche sono sorprendentemente abbondanti negli oceani, nei mari e nei laghi, dove si accumulano all’interno o nei pressi delle superficie acquatiche, sul fondo di laghi e oceani, e lungo le spiagge. Ma il potenziale di seppellimento dei detriti plastici dipende principalmente dalla densitá e dall’abbondanza del materiale, oltre che dall’ambiente dove si deposita. La posizione delle Hawaii, nell’area subtropicale del Nord Pacifico, le rende vulnerabili al trasformarsi in luoghi di accumulo dei detriti plastici», spiegano i ricercatori.
I residuo plastici sono composti da attrezzature da pesca abbandonate, come le reti, tubi distanziatori per ostriche, boe; contenitori per cibo e bevande, pellet di resina e abbondanti frammenti multicolore.
Sui 21 siti indagati a Kamilo beach, nell’isola di Hawaii, «sono stati rinvenuti plastiglomerati in 9», con il piú grande che era di 176 per 82 centimetri, mentre frammenti clastici inferiori a due centimetri sono stati trovati in 21 punti di Kamilo beach, con una densità di 167 frammenti per25 metri quadrati, delle dimensioni da2 a22,5 centimetri.
«Si tratta di una spiaggia piuttosto remota e accessibile solo con veicoli fuoristrada, il fatto che sia remota gioca un ruolo importante nella formazione di plastiglomerati. - segnalano i ricercatori – visto che la maggior parte dei visitatori campeggia per periodi prolungati e accende fuochi per cucinare e scaldarsi, mentre allo stesso tempo pulizie della spiaggia regolari e organizzate sono difficili da svolgere». Tutti i campioni trovati a Kamilo beach si sono formati antropogeneticamente, poichè la spiaggia non è stata interessata da flussi lavici nell’ultimo secolo.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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