Fossili
Il fascino, dubbio, delle trivelle
La notizia delle possibili trivellazioni offshore in Croazia e le dichiarazioni pro fossili di Romano Prodi stanno incendiando il dibattito
La produzione di idrocarburi estratti in Italia è in continua crescita. Il Governo Renzi ha confermato la Strategia Energetica Nazionale (Sen) che punta sui fossili e le parole di Romano Prodi sull’opportunità di sfruttare al massimo le, poche, risorse fossili nostrane stanno buttando benzina sul fuoco delle polemiche elettorali.
«Un Paese che ha rinunciato al nucleare e si oppone anche all’estrazione del gas e del petrolio è destinato al suicidio economico. – afferma il senatore Nuovo Centrodestra, Carlo Giovanardi commentando Prodi – Purtroppo mentre ogni giorno si ragiona di come garantire sviluppo economico e occupazione per i giovani, si moltiplicano sul territorio comitati pregiudizialmente contrari ad ogni iniziativa economica condannando così il Paese ad un drammatico impoverimento e abbassamento del tenore di vita».
Il rilancio della produzione nazionale di petrolio, secondo alcune parziali stime, potrebbe consentire di attivare 15 miliardi di euro di investimenti, creare 25 mila posti di lavoro stabili e addizionali, ridurre la bolletta energetica di 5 miliardi l’anno e ricavare 2,5 miliardi l’anno di entrate fiscali sia nazionali che locali. Si tratta, però, di un ipotesi alla quale si oppongono gli ambientalisti.
«”È ormai evidente c’è un pressing forsennato per trivellare nei mari italiani e non ci stupirebbe affatto se le indiscrezioni sull’Eni, che vorrebbe trivellare nei pressi di Favignana, fossero confermate. afferma il co-presidente dei Verdi, Angelo Bonelli - È follia pensare che il futuro dell’Italia sia nelle trivellazioni e nel petrolio che non solo mette a repentaglio l’ambiente, il turismo e il paesaggio ma che condanna l’Italia e il pianeta alla dipendenza dagli idrocarburi che sono ormai preistoria energetica».
La realtà dei fossili in Italia è quella di un aumento, mentre sono sempre più pesanti gli attacchi alle rinnovabili che dovrebbero culminare con il “Decreto spalmaincentivi”. Nel nostro Paese oggi sono attivi 200 giacimenti e ci sono 976 pozzi e 130 piattaforme che estraggono circa 13 milioni di tonnellate fra petrolio e gas. Nel 2013, dati della Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del ministero dello Sviluppo Economico, la produzione di idrocarburi ha registrato un leggero incremento della produzione di olio greggio (più 2% rispetto al 2012) e una diminuzione della produzione di gas naturale (meno 10%). In questo quadro la Strategia Energetica Nazionale (Sen) che ha tra i suoi elementi chiave la valorizzazione delle risorse domestiche di olio e gas prevede un raddoppio della produzione di idrocarburi da qui al 2020 cosa che è stata ribadita dal ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, la quale ha sottolineato che «non si può continuare a far finta di nulla sapendo che sotto i nostri piedi ci sono enormi potenzialitá energetiche, giacimenti di gas e idrocarburi indispensabili a garantire energia allo sviluppo del Paese». Ma la realtà sembra non essere questa e la descriviamo in questo pezzo. «Ci sono investimenti privati, e non da oggi – prosegue la Guidi – pronti ad essere attivati nel rispetto delle piú ampie garanzie di tutela ambientale. Penso alla Basilicata, alle coste della Sicilia, al progetto del gasdotto Tap».
Caos invece nel Partito Democratico, con Stella Bianchi, componente della commissione Ambiente alla Camera del Pd che tuona: «bisogna investire sulle energie rinnovabili e dire basta agli idrocarburi che provocano inquinamento. La caccia agli idrocarburi appartiene al secolo scorso – dice Bianchi -. Il nostro obiettivo deve essere, come chiede l’Unione Europea, di azzerare l’emissione di CO2 entro il 2050. Inoltre dobbiamo fare molto attenzione alle misure di sicurezza e al rischio ambientale che potrebbero produrre le trivellazioni. Il mare Adriatico infatti ha caratteristiche per cui anche solo un piccolo incidente potrebbe essere devastante raggiungendo in poco tempo tutte le coste», mentre di tutt’altro avviso è il vicepresidente Provincia di Ravenna, Gianni Bessi per il quale: «Le trivellazioni in Adriatico per sfruttare i giacimenti di gas e idrocarburi si possono fare “secondo i principi di precauzione e della massima sicurezza, comparto in cui il Made in Italy è all’avanguardia, basti pensare all’eccellenza manifatturiera delle valvole che si costruiscono nel distretto di Brescia fino alle nostre competenze ingegneristiche», che prosegue : «Le trivellazioni porterebbero enormi benifici alla bilancia dei pagamenti, considerando quanta energia siamo oggi costretti ad importare, per far funzionare la nostra economia e le nostre imprese”. Inolte, lo sfruttamento dei giacimenti tra royalties e altri introiti “porterebbe a circa 2-3 mila miliardi di euro, considerando la disponibilitá di circa 90 miliardi di metri cubi di gas, che potrebbero essere spesi per un piano nazionale di tutela idrogeologica di tutte le coste».
Ma basta scendere di qualche chilometro lungo a costa che la musica cambia. «Sarebbe – afferma il presidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali – come tornare indietro di 50 anni”. Piuttosto, secondo Vitali, “bisogna fare come la Germania che ha convertito la sua intera economia sulle energie rinnovabili, creando anche centinaia di migliaia di posti di lavoro, invece in Italia il governo nazionale non sta facendo nulla per questo».
Nel frattempo le notizie si susseguono lungo l’Adriatico e arriva l’indiscrezione di possibili trivellazioni nei pressi del Parco del Delta del Po. «La notizia ci ha messo in allarme, siamo veramente preoccupati: ricordo che Comuni, Ente Parco Delta Po, Provincia di Rovigo e Regione Veneto hanno detto tutti ‘no’ alle trivellazioni in Adriatico per la ricerca di idrocarburi. – afferma il presidente dell’Ente Parco Delta Po, Geremia Gennari – Quindi, diciamo un no assoluto a questa ipotesi, e visto che la nostra forza è limitata – spiega – dovremo cercare di coinvolgere il governo, che deve portare in Europa le nostre istanze. Abbiamo giá avuto ripercussioni negative con le esplorazioni per il gas metano: il nostro territorio è al di sotto del livello del mare di 3- 4 metri i nostri Consorzi di Bonifica devono continuare a pompare via acqua, e non si tratta di acqua piovana, ma di quella che arriva da sotto, dalle infiltrazioni marine». A rafforzare le perplessità dell’Ente Parco infatti ci sono le notizie che arrivano dall’altro lato dell’Adriatico. La Croazia sarebbe pronta a dare concessioni petrolifere nelle proprie acque territoriali e tra le forze di Governo c’è chi vorrebbe fare altrettanto.
«La Croazia trarrá enormi vantaggi mentre noi, grazie ai ‘No triv’ che bloccano ricerche e progetti, staremo a guardare. Basti pensare che investire sull’estrazione di petrolio e di gas in Italia, sia onshore che offshore, avrebbe creato oltre 30.000 posti di lavoro: le regole che abbiamo in Italia sono le piú rigorose in Europa ed hanno bloccato molte aziende che avevano giá fatto investimenti» – afferma Vincenzo Piso, deputato del Nuovo Centrodestra, mentre da sud arriva un’altra bocciatura.
«Quando non abbiamo fatto autorizzare le perforazioni alle Isole Tremiti non è stata solo una difesa della nostra area marina protetta, è stata una battaglia per tutto l’Adriatico e quindi anche per le acque territoriali della Croazia. Per questo auspico un’iniziativa del Governo verso la Croazia per scongiurare le trivellazioni in Adriatico – afferma il sindaco del Comune delle Isole Tremiti, Antonio Fentini - La Croazia non è un’isola o un paesino quindi solo lo Stato può intervenire con il Governo ed i suoi ministri, in particolare quello all’Ambiente, per dialogare con un altro Governo e raggiungere un’intesa per difendere il mare Adriatico dalle perforazioni. Sono certo che per quanto riguarda la Puglia, il presidente Vendola non si tirerá indietro per ribadire le nostre ragioni come ha fatto quando è stato necessario».
Un panorama frammentato, quindi, quello che emerge da queste prime discussioni con forze di governo ed enti locali che vanno in ordine sparso nel quale è evidente che la Strategia Energetica nazionale non ha nulla di strategico, ma assomiglia più a un assalto all’ultima goccia di petrolio. Mentre rinnovabili ed efficienza rischiano di rimanere al palo.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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