sostenibilità
Come rendere sostenibile il sistema agroalimentare
Greenpeace ha pubblicato una serie di principi da seguire per cambiare l'attuale sistema di produzione e consumo
Mai come in questi giorni, grazie a Expo 2015, si parla tanto dei temi dell’alimentazione, in tante sfaccettature. Il tema è, d’altronde senz’altro vasto e affascinante: il cibo è legato in maniera indissolubile alla cultura dei popoli e alle loro tradizioni. Forse più di ogni altra cosa, il cibo definisce ciò che siamo. Eppure l’attuale sistema di produzione agroalimentare è sotto accusa da più parti: ancora oggi 800 milioni di persone in tutto il mondo soffrono la fame, mentre nella parte ricca del mondo esistono problemi di obesità e cattiva alimentazione. Senza contare che i sistemi di produzione industriale del cibo, complici anche le frodi e le sofisticazioni che si sono succeduti negli anni, hanno lasciato e tuttora lasciano poco fiduciosi i consumatori.
Eppure, secondo Greenpeace il sistema agroalimentare ha la possibilità di cambiare radicalmente, tanto che l’associazione ambientalista ha recentemente diffuso i sette principi da seguire per un’agricoltura sostenibile. Il primo è anche probabilmente quello più difficile da realizzare: si parla di restituire il controllo sulla filiera alimentare a chi produce e chi consuma, strappandolo alle multinazionali dell’agrochimica. La sovranità alimentare, secondo Greenpeace, consiste nello spostare questo controllo nelle mani di chi produce, distribuisce e consuma il cibo. Assicurando così che siano gli agricoltori, le comunità e le persone a definire i sistemi di produzione del loro cibo. Non è chiaro, però, come dovrebbe avvenire questo passaggio (espropri?) e anche l’accenno alle “comunità” appare troppo generico, soprattutto pensando alle vita delle moderne metropoli occidentali.
L’orizzonte dell’associazione è però chiaro ed è quello della sovranità alimentare: la convinzione è che l’agricoltura sostenibile contribuisca allo sviluppo rurale e alla lotta contro la fame e la povertà, garantendo alle comunità rurali la disponibilità di alimenti sani, sicuri ed economicamente sostenibili. Perché produrre e consumare meglio è possibile già oggi, senza impattare sull’ambiente e la salute, garantire sicurezza alimentare e, contemporaneamente, lottare contro gli sprechi alimentari. Dunque secondo Greenpeace occorre diminuire il nostro consumo di carne e minimizzare il consumo di suolo per la produzione di agro-energia. Dobbiamo anche riuscire ad aumentare le rese dove è necessario, ma con pratiche sostenibili. Va naturalmente incoraggiata la (bio)diversità lungo tutta la filiera, dal seme al piatto con interventi a tutto campo, dalla produzione sementiera all’educazione al consumo.
Allo stesso tempo va protetta e aumentata la fertilità del suolo, promuovendo le pratiche colturali idonee ed eliminando quelle che invece consumano o avvelenano il suolo stesso. Gli agricoltori hanno il diritto di tenere sotto controllo parassiti e piante infestanti, ma affermando e promuovendo quelle pratiche (già esistenti) che garantiscono protezione e rese senza l’impiego di costosi pesticidi chimici che possono danneggiare il suolo, l’acqua, gli ecosistemi e la salute di agricoltori e consumatori. Più in generale , conclude Greenpeace, occorre rafforzare la nostra agricoltura, perché si adatti in maniera efficace il sistema di produzione del cibo in un contesto di cambiamenti climatici e di instabilità economica.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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