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L'intervista della settimana: il nuovo mondo della agricoltura

l'intervista

Verde, giovane e creativo: il nuovo mondo della agricoltura

Innovazione e attenzione al territorio, vocazione “bio”: passa da qui il successo crescente dell’agricoltura, come spiega il responsabile Ambiente Coldiretti

Scritto da il 27 novembre 2014 alle 9:00 | 2 Commenti

Verde, giovane e creativo: il nuovo mondo della agricoltura

Mantenere le proprie radici, con lo sguardo rivolto al futuro”: è uno slogan che incornicia bene la vocazione dell’agricoltura di oggi e che trova spazio nella finalità di Oscar Green, un riconoscimento creato da Coldiretti Giovani Impresa per valorizzare e dare spazio all’innovazione in agricoltura. I premi 2014, da poco assegnati a 7 imprenditori, esprimono ancora una volta la volontà di valorizzare una vocazione all’innovazione green, alla ricerca coniugata all’ecosostenibilità, ma soprattutto a un modo di vivere l’agricoltura in modo creativo e vincente.
In poche parole, ecco l’agricoltura 2.0, un modello sempre più attraente: lo evidenziano l’aumento di under 35 occupati nel 2014 nel settore in Italia (+14%) con un autentico boom nel Centro Italia (+39%). Proprio per comprendere meglio come sta cambiando il modo di intendere l’agricoltura abbiamo incontrato Stefano Masini, responsabile area Ambiente e Territorio della Coldiretti, la principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo.

Da quali presupposti nasce Oscar Green e quale scopo si è prefissata Coldiretti creando questo premio?

«In questi 9 anni di storia hanno partecipato circa 3000 giovani imprese, un indice di interesse significativo per questa iniziativa aperta ad agricoltori under 30 che, all’interno del proprio percorso imprenditoriale, abbiano sviluppato un’idea innovativa. Si tratta di una realtà nata approfittando della nuova disciplina di orientamento, che dal 2001 permette di produrre non solo beni, ma anche servizi. E così, solo per fare un esempio, quest’anno tra le aziende vincitrici ce n’è una che coltiva micro alghe per produrre cosmetici. Un aspetto inimmaginabile un tempo ma che, grazie ai mutamenti normativi, permette di esplorare possibilità più ampie di accesso al mercato e di riscontrare successi evidenziando ambiti “ai margini” dell’agricoltura. Coldiretti, anche grazie agli Oscar Green, ha pensato di mettere in risalto questi giovani imprenditori agricoli creativi».

A proposito di green job, l’agricoltura ha un ruolo certamente importante, basti guardare all’incremento di under 35 occupati nel settore. Cosa c’è dietro questo rinnovato interesse a tornare nei campi?

«Preso atto di questo interesse dei giovani, direi che si è assistito a un cambiamento epocale di preferenze. Un tempo il padre diceva al figlio di “andare a zappare” se non era portato allo studio, ora “andare a zappare” significa assumersi un impegno che segue un percorso di istruzione adeguato. Questi giovani sono diplomati, laureati e consci di intraprendere un percorso di successo perché attrae quegli elementi attuali d’interesse sociale rappresentati da qualità ambientale e sostenibilità».

Quali sono i mestieri più ricercati in agricoltura?

«In questo ritorno a un mestiere green quale elemento attraente, il primo a creare questo interesse è certamente il mondo del vino, quale prodotto cult: quindi spazio a enologi, enotecnici oltre ai mestieri legati a tutte le operazioni che vengono svolti in vigna. Oggi i nuovi lavori hanno a che fare con la potatura, ad esempio, ma in generale tutto ciò che ruota intorno alla bottiglia di vino costituisce un elemento di grande interesse».

Se parliamo di green il pensiero va all’agricoltura biologica, un mercato in significativa crescita. Quanto l’agricoltura “bio” può essere utile non solo per migliorare la qualità del cibo ma anche per la crescita occupazionale?

«L’agricoltura biologica rappresenta un settore importante soprattutto attraverso l’accorciamento della filiera. Oggi si assiste a un consumatore attratto da un metodo ben preciso ed è un interesse che si riflette su vari segmenti di mercato e che ne apre di nuovi: il biologico ne fa pienamente parte».

Veniamo invece all’Unione europea e alla politica agricola. Da una parte si parla di attenzione all’ambiente oltre che di ricambio generazionale e sostegno ai veri agricoltori quali obiettivi della nuova Politica Agricola Comune (PAC) dall’altra parte c’è la proposta della Commissione europea di ridurre di circa 450 milioni di euro i fondi del bilancio agricolo 2015. Pare quasi che la visione agricola europea sia bifronte… è così?

«Vedo un’Europa divisa, ma tra Nord e Sud, che contrappone una Europa “francofona”, interessata a sviluppare pezzi di economia più funzionali in termini industriali, ossia a un modello più legato alla fabbrica, e un’altra parte di Europa, che si espande anche a est, in cui l’agricoltura è più fortemente radicata. L’Italia è uno dei Paesi che ha più da difendere questo modello perché il made in italy nell’alimentare è un esempio di successo e di valore. Quindi quello che vedo è una contraddizione non tanto tra le politiche europee ma tra i Paesi che tendono a far prevalere una visione piuttosto che l’altra».

Sempre in tema europeo, c’è la questione legata agli OGM. L’UE lascia libertà di scelta ai singoli Paesi. Stante le pressioni esterne sempre presenti, possiamo essere tranquilli sul fatto della posizione dell’Italia contraria all’introduzione degli OGM?

«In questo momento c’è una proposta in fase avanzata di modifica della direttiva che stabilirà, con un margine di sufficiente certezza, libertà di scelta a ogni Paese di decidere il proprio orientamento produttivo. L’Italia continuerà a sostenere la destinazione OGM free. Si tenderà a difendere l’identità e la sostenibilità della nostra produzione, un modello rurale legato alla qualità territoriale piuttosto che all’omologazione».

In questi giorni le cronache evidenziano un’immagine dell’Italia a rischio idrogeologico e sottoposta a costante cementificazione. Come ne esce l’agricoltura e quali potrebbero essere le soluzioni per cambiare questa situazione?

«Da tempo avevamo introdotto un elemento chiave in funzione di autotutela ma anche a favore di un interesse generale: deliberare delle politiche di utilizzo del suolo fermando l’acquisizione di nuovi spazi e la progressione asfalto-cemento che ha compromesso la stabilità idrogeologica e che mette a rischio la sicurezza dell’intera comunità. Negli anni Cinquanta avevamo un indice di occupazione di suolo del 2-3%, oggi si è superato il 12%. Perdiamo 8 mq al secondo ogni giorno di suolo, sottoposto a destinazioni alternative che lo impermeabilizzano, lo occupano e provocano una frattura con la natura, con le conseguenze che purtroppo abbiamo sotto gli occhi. Per questo occorrerebbe, in maniera immediata, fermare il consumo di suolo e poi lavorare sui piani regolatori che contemplino il riciclo dello spazio e che prestino attenzione alla conformazione del suolo, agli alvei dei fiumi…»

L’Expo è un tema molto in voga e che ha riflessi naturalmente anche sull’agricoltura: che giudizio dà su questo evento e sulle opportunità che può offrire anche al mondo agricolo soprattutto a evento concluso?

«Expo è un appuntamento importante, una tappa destinata a valorizzare il nostro modello di agricoltura. Noi confidiamo che possa essere non solo un momento di racconto ma anche di valorizzazione di tale modello. Se riusciremo a esportarlo nel mondo significherà incidere su alcune situazioni negative quali perturbazione del mercato in termini di speculazione finanziaria, filiera lunga, OGM».


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L'autore

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.


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