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Mele avvelenate, il rapporto di Greenpeace

alimenti

Il gusto amaro della produzione intensiva di mele

Greenpeace ha realizzato un’analisi dei pesticidi nei meleti europei, sottolineando come soluzioni ecologiche possono fare la differenza

Scritto da il 19 giugno 2015 alle 8:00 | 0 commenti

Il gusto amaro della produzione intensiva di mele

Due terzi dei campioni di suolo e acqua prelevati nei meleti europei contengono residui di pesticidi e il 70 per cento dei pesticidi identificati hanno livelli di tossicità molto elevati per gli esseri umani e per l’ambiente. In un singolo campione di suolo raccolto in Italia sono state rilevate fino a tredici sostanze chimiche diverse, e dieci in un campione di acqua, un vero e proprio cocktail di pesticidi. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Il gusto amaro della produzione intensiva di mele. Un’analisi dei pesticidi nei meleti europei e di come soluzioni ecologiche possono fare la differenza’, pubblicato da Greenpeace con i risultati delle analisi di 85 campioni di acqua e suolo prelevati in dodici Paesi europei, tra cui l’Italia, ed esempi di pratiche agricole ecologiche per effettuare una produzione sostenibile senza contaminare il suolo e l’acqua.

Nel rapporto vengono presentati 36 campioni di acqua e 49 di suolo, raccolti durante i mesi di marzo e aprile 2015 in meleti a gestione convenzionale e analizzati per verificare la presenza di residui di pesticidi. I campioni rappresentano una “fotografia” della situazione all’inizio del periodo della fioritura. Su 85 campioni, sono stati rilevati 53 pesticidi differenti. Il 78 per cento dei campioni di suolo e il 72 per cento dei campioni di acqua contenevano residui di almeno un pesticida. Il pesticida riscontrato con maggior frequenza nel suolo e nelle acque è il fungicida boscalid (presente nel 38 per cento dei campioni di suolo e nel 40 per cento dei campioni di acqua). Sette dei pesticidi trovati non sono attualmente approvati nell’Ue, ma possono essere utilizzati solo via eccezionali deroghe temporanee. La presenza di questi residui potrebbe essere il risultato di applicazioni pregresse, mentre in un caso potrebbe trattarsi di un fenomeno di degradazione.

“È ora di voltare pagina, – sottolineano da Greenpeace- una produzione di mele fatta con pratiche sostenibili, senza contaminare il suolo e le acque, è possibile. Metodi che aumentano la resilienza delle piante ai parassiti e alle malattie e favoriscono i nemici naturali dei parassiti. Non solo: esistono già soluzioni ecologiche adottate da migliaia di agricoltori in tutta Europa.”

La sintesi in italiano


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