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Hydronet, la barca nemica dell’inquinamento
Un'invenzione made in Italy che promette di cambiare volto alle politiche per la salvaguardia dei fondali
Photo: hydronet-project.eu
Sono lunghe meno di due metri e pesano circa 80 chili. Lo scafo è nero, e proprio come le barche usate per le regate, è suddiviso in due galleggianti, uniti da un sottile “ponte” nella parte superiore. Solo che non serviranno né per gareggiare né per passare piacevoli giornate all’aria aperta.
Le barchette presentate lo scorso 28 gennaio a Livorno hanno un obiettivo molto più importante: scoprire le fonti di inquinamento nei nostri mari. Si chiamano “Hydronet” e sono state sviluppate nell’ambito di un progetto della scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Sono state costruite quasi interamente a Livorno, all’interno del Polo di ricerca delle tecnologie per il mare e la robotica marina grazie alla partecipazione di cinque istituzioni pubbliche di Italia, Slovenia, Israele e Svizzera, e cinque aziende private (due italiane, una russa, una norvegese e una slovena).
Un robot a difesa dei nostri mari
Le barche sono completamente robotizzate e provviste di sensori in grado di individuare la presenza in acqua di diverse sostanze inquinanti e altamente tossiche, fra le quali cromati, cadmio, mercurio, petrolio e idrocarburi. Nonostante le dimensioni ridotte, hanno la capacità di navigare – senza persone a bordo – anche se il mare è agitato (fino a forza tre, con venti fino a dieci nodi), e sono operative fino a 15 chilometri lungo i fiumi e fino a 20 seguendo la costa, riuscendo a raccogliere dati fino a 50 metri di profondità.
I piccoli catamarani sono stati inoltre dotati di parti sia meccaniche sia elettroniche, ed è presente un sofisticato software in grado di controllare i robot, nonché sensori miniaturizzati che non solo individuano la presenza in acqua delle sostanze più dannose per l’ambiente, ma riescono anche a individuare la fonte della sorgente inquinante. Ora tutto è pronto per il varo.
Si aspetta soltanto l’esito della revisione conclusiva da parte della Commissione europea, dopo la quale i piccoli Hydronet potranno essere utilizzati per monitorare lo stato delle nostre coste. Ma anche dei fiumi, dei laghi e delle lagune del nostro territorio.
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L'autore
Daniela Uva
Giornalista pugliese, vive fra Bari e Milano e si occupa di cronaca, tecnologia e temi legati all'ambiente.
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