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Economia

Green Economy in a Blue World: l’economia che arriva dal mare

L’Unep pubblica lo stato attuale di salute per mari e coste. Si tingerà di blu il trampolino di lancio della green economy 2.0?

Scritto da il 09 febbraio 2012 alle 8:09 | 0 commenti

Green Economy in a Blue World: l’economia che arriva dal mare

Arriva dal mare il sostegno alla green economy. Un potenziale ancora in nuce che può diventare volàno per la crescita economica e la riduzione della povertà nel pianeta. A delineare lo scenario è il rapporto Green Economy in a Blue World (Economia verde in un Mondo Blu), analisi realizzata in via congiunta dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) e per lo Sviluppo (Undp), dalla FAO (Food and Agriculture Organization), dall’Organizzazione marittima internazionale (Imo), dal Dipartimento economico e affari sociali delle Nazioni Unite (Un-Desa), dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), da WorldFish Center e Grid-Arendal.

Criticità attuali
Il documento sottolinea l’attuale fase di declino che oggi connota un po’ tutti gli ecosistemi marini e costieri. Ma una speranza c’è ed è data dall’utilizzo – anche in termini economici – più sostenibile delle risorse naturali. Un principio che, tradotto all’atto pratico, si fonda su produzione di energia rinnovabile, promozione dell’ecoturismo, ma anche su pesca e trasporti rivisti in termini eco-compabili.

Ad esempio, nel rapporto è sottolineato come un impiego differente dei fertilizzanti aiuterebbe a ridurre il costo dell’inquinamento marino. Azoto assieme ad altri nutrienti utilizzati in agricoltura provocano un danno che costa 100 miliardi di dollari (80 miliardi di euro) l’anno soltanto all’Unione Europea. Un danno enorme se si pensa che oltre 40 per cento della popolazione mondiale vive in prossimità delle coste, mentre gli ecosistemi marini del mondo rappresentano una fonte di cibo, riparo e sostentamento per milioni di persone.

Settori di intervento e proposte
Per questi motivi Green Economy in a Blue World fornisce le linee guida da cui ripartire e invidua sei aree di intervento. Per pesca e acquacoltura appare necessaria l’adozione di tecnologie verdi per ridurre l’uso dei combustibili fossili, come metodi di pesca a basso impatto e basso consumo di carburante e l’impiego di mangimi ecocompatibili nei sistemi di produzione. Inoltre il rafforzamento di agenzie regionali e nazionali della pesca, comunità e associazioni di pesca commerciale e di cooperative rappresenta un passo fondamentale per l’equa distribuzione delle risorse marine.

L’uso di combustibili eco-compatibili è tra le indicazioni per sostenere il settore dei trasporti marittimi, mentre si intravedono grandi potenzialità dalle energie rinnovabili in mare. Contro l’inquinamento delle acque da fertilizzanti è invece prescritto «Un “approccio ciclico”, che comprenda il sostanziale recupero e il riciclo dei rifiuti contenenti nutrienti». Non mancano le indicazioni per supportare il turismo costiero, ad oggi pari al 5% del Pil mondiale, da migliorare attraverso un cambiamento di gestione, nel pieno rispetto della cultura e dei prodotti locali. Utili in tal senso sono gli investimenti nell’efficientamento energetico delle strutture e di un rapporto di cooperazione tra governi, comunità e aziende.

Altra chance per un’economia che derivi dal mare è individuata nei cosidetti “minerali degli abissi”. Ma attenzione: «La gestione di queste risorse – raccomanda il rapporto – deve avvenire sotto il controllo della scienza e nell’applicazione delle migliori pratiche ambientali».


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L'autore

Giovanna Lodato

Web editor. Formazione umanistica alle spalle, ha collaborato con diverse testate on line. Ha scritto di cultura, arte, musica ma anche di cronaca e politica, fino ad approdare all'ambiente. Da quasi due anni ecologia nonché i temi legati alla green economy e all'edilizia verde la fanno da padrone nella sua produzione giornalistica.


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