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Come si ricicla una nave

L'Unione europea vuole lanciare un piano per la sicurezza ambientale delle navi. Ma non tutti sono d'accordo su come procedere

Scritto da il 12 febbraio 2013 alle 8:30 | 0 commenti

Come si ricicla una nave

Un tempo rottamare navi era un’affare importante, svolto in cantieri altamente specializzati in Gran Bretagna, Taiwan, Messico, Spagna e Brasile. Poi si è scoperto che costava meno farlo nei paesi del terzo mondo, dove le regole su inquinamento e sicurezza erano sicuramente meno impegnative. Così Pakistan, Bangladesh, India, Cina, Filippine e Vietnam sono diventati i luoghi d’adozione per tutte le carrette del mare, portate lì per essere smantellate senza tanti perché e percome.

Navi cariche di sostanze tossiche come PCB, amianto, mercurio e molto altro. Come d’altronde anche il caso italiano della Costa Concordia ha messo in evidenza con i problemi relativi ai rischi da inquinamento.

Insomma una situazione alla quale l’Unione europea vorrebbe mettere un freno con un nuovo regolamento per lo smantellamento delle navi in discussione all’Europarlamento.

«Dobbiamo bloccare la rottamazione illegale, praticata dal 90% delle navi europee. I costi dello smantellamento in Europa sono molto più elevati, ecco perché si ricorre a strutture illegali» ha dichiarato Carl Schlyter, l’eurodeputato svedese del gruppo dei verdi, relatore del provvedimento.

Fra le ipotesi prese in esame da Bruxelles è prevista la creazione di un fondo per le strutture di riciclo che verrà alimentato da una eco-tassa portuale che dovrebbe scattare ogni volta che una nave, anche non europea Ue, attraccherà negli scali del nostro continente.

A fine vita, poi, ogni imbarcazione potrà farlo ovunque nel mondo ma in una lista di strutture con precisi standard, solo allora potranno essere rimborsati all’armatore i soldi pagati per la eco-tassa. «Se le navi europee – spiega Schlyter – verranno rimborsate, allora non avranno motivo di cambiare bandiera».

L’altra buona notizia è che è in arrivo l’inventario sulle sostanze nocive: le navi che approderanno nei porti Ue dovranno, infatti,  stilare l’elenco di tutti i materiali pericolosi e tossici. «In questo modo quando ricicli la nave – aggiunge Schylter – si saprà dove si trovano e si potranno proteggere i lavoratori addetti allo smantellamento».

Scettica la posizione di Assonave, l’associazione di categoria degli armatori: «abbiamo qualche perplessità sugli effetti che il meccanismo ipotizzato per finanziare la rottamazione sostenibile comporterebbe».

«Il mercato andrebbe a cercare altri porti – spiega Paolo Lotti, direttore di Assonave – . Il relitto di una nave di grandi dimensioni ha un valore intorno ai 15 milioni di euro, più i materiali recuperati. Ma per essere demolita in strutture europee dovrebbe stare in bacino almeno un anno e oggi quello stesso bacino viene impiegato per costruire una nave da 500-600 milioni di euro».

«Il Sud Europa – conclude Lotti – ha il primato di mezzi, come i traghetti, molto numerosi ma datati. Oggi sono il rinnovo verde della flotta e la riduzione delle emissioni e dei consumi ad avere la priorità negli incentivi rispetto al riciclo sostenibile, che si può fare, ma ha comunque tempi lunghi».


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L'autore

Marco Gisotti

Direttore scientifico di Green factor, ha creato e dirige dal 2005 il Master in Comunicazione ambientale del Centro studi CTS con il Dipartimento di scienze della comunicazione della Sapienza di Roma e l’ENEA. È autore, con Tessa Gelisio, di “Guida ai green jobs. Come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro” (Edizioni ambiente).


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