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energia e mercati

Petrolio, carbone e gas: l’Italia è agli sgoccioli

A sostenerlo è un rapporto del Global Sustainability Institute. Anche Regno Unito e Francia sono messi male. E c’è chi punta sulle rinnovabili

Scritto da il 20 maggio 2014 alle 8:30 | 3 Commenti

Petrolio, carbone e gas: l’Italia è agli sgoccioli

C’è chi dice che l’Italia dovrebbe essere piena di gas e altri idrocarburi (ministro Guidi, e non solo) e c’è chi, dati alla mano avverte che l’Italia, oltre a un certo numero di paesi dell’Unione Europe , tra cui Francia e Regno Unito, si trova ad affrontare, energeticamente parlando, carenze critiche di risorse naturali.
A segnalarlo è il report Global Resource Maps, lanciato giusto pochi giorni fa dal Global Sustainability Institute, della britannica Anglia Ruskin University, che mostra le mappe delle risorse naturali indicando come alcuni Paesi, tra cui proprio l’Italia, abbiano meno di un anno di risorse energetiche residue e sono quasi interamente dipendenti dalle importazioni da Russia, Norvegia e Qatar.
Dai più recenti dati relativi il consumo corrente e le risorse conosciute, il report stima che l’Italia ha meno di un anno di gas e carbone, e solo un anno di petrolio. Il Belpaese si trova in “buona compagnia” con la Francia, che ha meno di un anno di proprie riserve di petrolio, gas e carbone. Va leggermente meglio per il Regno Unito con fondi stimati in 5,2 anni per il petrolio, 4,5 anni per il carbone e tre anni per il gas .
Afferma sempre il report che alcuni membri dell’Europa orientale se la passano decisamente meglio, con 73 anni di riserve di carbone in Bulgaria e 34 anni di carbone in Polonia. E poi c’è la Germania, con risorse residue per oltre 250 anni di carbone, ma meno di un anno di petrolio e solo due anni di gas.
In confronto la Russia ha oltre 50 anni di petrolio, oltre 100 anni di gas e oltre 500 anni di carbone, in base ai suoi attuali livelli di consumo interno.
«Queste mappe mostrano la vulnerabilità in molte aree dell’UE e tracciano un quadro delle economie europee fortemente indebitate e sempre più minacciate dall’aumento dei prezzi dell’energia a livello mondiale», ha affermato il direttore del Global Sustainability Institute, Aled Jones.
Che fare allora? Dare spazio alle rinnovabili, come segnala Victor Anderson, docente del GSI, fornendo una soluzione per il suo Paese: «Carbone, petrolio e gas in Europa stanno esaurendosi e abbiamo bisogno di alternative. Il Regno Unito ha urgente bisogno di fare parte di un’ampio gruppo in Europa per promuovere le fonti energetiche rinnovabili come il moto ondoso, l’eolico, le maree e l’energia solare».


Commenti

Ci sono 3 commenti.

  • Rinaldo Sorgenti
    scrive il 21 maggio 2014 alle ore 14:12

    Che l'Italia sia un Paese povero di materie prime è noto! Sarebbe allora stato utile focalizzare tale situazione naturale ed analizzare le opportune strategie per ridurre il pesante rischio che il nostro Paese da sempre corre ed a cui bisogna porre rimedio in modo ragionevole e davvero sostenibile. Le Rinnovabili intermittenti NON possono certo risolvere il problema e, per certi versi, non fanno altro che enfatizzare e rendere ancora più problematica la soluzione. Qui sotto una mia riflessione: L’urgenza di una Strategia Energetica Nazionale sostenibile È ben evidente che una Strategia Energetica Nazionale (SEN) debba affrontare argomenti che riguardano le prospettive a medio e lungo termine ed è quindi opportuno delineare una strategia bilanciata e sostenibile che comprenda argomenti come l’Efficienza Energetica e lo sviluppo della ricerca per la messa a punto di Fonti Rinnovabili affidabili e sostenibili per il futuro. Ma una componente fondamentale di una SEN deve altresì riguardare la produzione elettrica, che sempre più sarà la spina dorsale per un Paese che aspira a mantenere la propria posizione a fianco delle economie più avanzate nel mondo. Questo è purtroppo il principale handicap che condiziona da lungo tempo l’economia del nostro Paese, che storicamente si base sulle capacità manifatturiere e sull’export dei propri prodotti. Peraltro, il rischio strategico che il sistema Italia subisce non ha eguali tra i Paesi sviluppati ed è ormai urgente che il Governo e i vari Stakeholder ne prendano finalmente atto per attuare quindi tutte quelle indispensabili iniziative che ci consentano di superare questo grave problema, che inficia pesantemente le capacità competitive del nostro Paese. Per fortuna non c’è bisogno di guardare nella “palla di cristallo” per capire cosa necessiti fare: allo scopo, una semplice analisi del “Mix delle Fonti” per la produzione elettrica che si riassume nella media del 28 Paesi Ue ed ancor più la realtà del “Mix” dei Paesi del G8 e del G20 (con l’eccezione rischiosa ed insostenibile proprio dell’Italia), non può non fare da parametro e guida per le indispensabili decisioni strategiche da attuare. Quali scelte quindi per il nostro Paese? L’evidenza nella Ue28 dimostra che le “Fonti di Base” di un sistema affidabile e sostenibile debba necessariamente basarsi su CARBONE + NUCLEARE (come insegnano tutti i Paesi del G8 – Italia esclusa) e quanto più una delle 2 fonti è trascurata, maggiore è la necessità di ricorrere all’altra. L’Italia presenta chiaramente una situazione anomala ed asimmetrica, avendo solo il 13% di produzione da CARBONE e nulla (sul nostro territorio) dal NUCLEARE. L’altra pesante anomalia italiana, è quella della produzione elettrica nazionale, dove l’Italia storicamente produce sul proprio territorio solo circa l’85% dell’elettricità che consuma ed è infatti il principale importatore in Europa di questo importante vettore. In compenso, è positivo riscontrare che l’Italia indiscutibilmente presenti la migliore situazione in termini di intensità elettrica pro-capite (5,6) rispetto a tutti gli altri principali Paesi. Siamo infatti il Paese più “virtuoso” in termini di consumo elettrico. Lo siamo peraltro anche in termini di emissioni di CO2 pro-capite; elementi questi spesso mistificati e distorti nella comunicazione mediatica. Peraltro, nessuno in Europa ha fatto così tanti investimenti negli ultimi 10 anni per ammodernare il proprio parco di generazione elettrica; purtroppo però questo è avvenuto quasi esclusivamente con la realizzazione di moderni “Cicli Combinati” alimentati a Gas Metano, per sostituire i vecchi “Cicli a Vapore” alimentati ad Olio Combustibile. La demagogia e la speculazione comunicativa che si basa fondamentalmente su fuorvianti aspetti emotivi, ha invece impedito di diversificare ed equilibrare il nostro “Mix” con la realizzazione di alcune moderne Centrali a Carbone che per le caratteristiche orografiche del nostro territorio potrebbero agevolmente trovare la loro dislocazione lungo la penisola. Infatti, concetti razionali di vera “Sostenibilità” per il sistema di generazione elettrica di un Paese avanzato si possono agevolmente riassumere nei punti seguenti: 1.Facilità degli approvvigionamenti 2.Economicità 3.Continuità (vs. intermittenza di eolico e solare) 4.Sicurezza strategica 5.Efficienza di utilizzo dei combustibili primari 6.Rispetto ambientale Da un’analisi obiettiva risulterebbe quanto mai evidente che il Carbone sia un combustibile a tutti gli effetti “Sostenibile”, rispondendo in maniera opportuna a tutti e 6 i parametri sopra citati, soprattutto per un Paese notoriamente povero di “materie prime” come l’Italia, che dipende più di qualunque altro dalle importazioni energetiche per soddisfare i propri bisogni. La risposta tecnologica comprende: le CCT (Clean Coal Technologies), che consentono di utilizzare il Carbone senza particolari inconvenienti di natura ambientale, mentre con la CCS (Carbon Capture & Storage) è possibile anche rispondere all’eventuale necessità di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera. Come noto, la Commissione Europea ha posto le tecniche di CCS tra le iniziative da attuare per rispondere alla Direttiva di riduzione delle emissioni in atmosfera, ma è evidente che applicare tali tecniche CCS solo all’utilizzo del Carbone NON risolverebbe affatto il problema delle emissioni, in quanto la realtà italiana nel 2010 evidenzia che 2/3 delle emissioni di CO2 dalla generazione elettrica siano dovute all’utilizzo degli idrocarburi: 56% al Gas Metano e 7% all’Olio Combustibile, essendo il contributo emissivo del Carbone solo del 35%, mentre un 2% è dovuto ad altri combustibili. Come sappiamo, le emissioni di CO2 dalle Biomasse non sono considerate, anche se sarebbe forse opportuna una riflessione, sul breve-medio periodo (se questa è la preoccupazione), perchè la combustione di un albero che ha impiegato 20-30 anni mediamente per crescere, rilascia immediatamente in atmosfera tutta la CO2 che lo stesso ha assorbito per la sua crescita e ce ne vorranno ancora 20-30 per farlo ricrescere tal quale. Inoltre, applicare la contabilizzazione delle emissioni di CO2 alle emissioni di sola “combustione” (post-combustion), come prevede la Direttiva ETS-Ue, e trascurando invece totalmente le emissioni dovute alla “estrazione/produzione” (pre-combustion) dei combustibili fossili – come di fatto avviene con il Protocollo di Kyoto e come abitualmente considerato da tutte le Istituzioni internazionali (IPCC, Ue e Paesi emettitori) – si determina una chiara discriminazione che nulla ha a che fare con il supposto concetto del contrasto ai “Cambiamenti Climatici”, generando invece un’evidente ed impropria discriminazione ed un’alterazione dei principi di “libera concorrenza” (peraltro non consentita dalle stesse leggi fondanti della Ue) tra: Paesi – Settori – Prodotti, all’interno della stessa Comunità europea. Per dare un esempio di cosa significhi quanto sopra citato ed un parametro di valutazione globale, basterebbe andare ad osservare cosa avviene in fase di estrazione del Gas Metano nei vari Paesi produttori, dove risulta che: “Almeno 1/3 delle riserve mondiali di Gas Naturale presentano in giacimento alti livelli di anidride carbonica (CO2)”, che l’industria del settore da decenni provvede a separare dal flusso dei Gas in estrazione per liberarla in atmosfera (vented), senza che questa sia conteggiata ne attribuita ad alcuno (chiedetelo ad IPCC)! Quindi, la strategia necessaria per l’Italia, per : Migliorare la propria competitività; Ridurre i rischi di approvvigionamento energetico; Incrementare la sostenibilità Paese; non può non considerare l’urgente necessità di diversificare ed equilibrare il proprio “Mix delle Fonti”, con: 1.Carbone: raddoppiare il suo contributo, con l’utilizzo delle tecnologie CCT e CCS. 2.Gas Metano: ridurre/dimezzarne l’uso, rispetto all’eccessiva dipendenza attuale. 3.Nucleare: valutare se continuare con l’import, dopo l’esito del recente Referendum. Perché il Carbone è: - Diffuso ampiamente nel mondo - Disponibile in grandi quantità - Economico (molteplicità di fornitori) - Sicuro (non è velenoso, né esplosivo) - Eco-compatibile grazie a CCT e CCS. Parliamone quindi, senza pregiudizi e fuorvianti ideologie, nell’interesse di tutti. Rinaldo Sorgenti (Vice Presidente di Assorcaboni)

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L'autore

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.


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