Politiche comunitarie
L’Ue prova a essere più unita sull’energia
Nei giorni scorsi la Commissione Europea ha adottato il piano per l'Unione europea dell'energia, che dovrà essere ratificato dal Consiglio europeo
L’Unione europea è unita in materia di energia? In teoria sì, dal momento che Bruxelles ha stabilito dei precisi obiettivi in materia energetico-ambientale che arrivano sino al 2030 e, in prospettiva, sino al 2050. Però, in realtà, i target sono differenziati a seconda degli Stati membri, che godono di sostanziale autonomia nella loro applicazione. Ma il punto più significativo è che, di fatto, ogni Paese membro ha la sua legislazione in materia energetica, i suoi attori economici, ecc. Anche gli scambi di elettricità tra i Paesi sono sostanzialmente limitati, ossia ogni Stato si produce da sé l’energia di cui ha bisogno. Tutto questo è positivo? Mica tanto, considerato che – alla fine – i consumatori e le imprese europee hanno bollette decisamente più salate dei loro omologhi americani.
Eppure molti dei problemi di fondo sono comuni alla maggioranza degli Stati e come tali andrebbero affrontati, primo tra tutti quello della dipendenza dall’estero: l’Europa importa il 53% dell’energia che consuma e spende per questo 400 miliardi di euro l’anno. L’Ue poi spende ogni anno 120 miliardi di euro in sussidi per l’energia diretti e indiretti, che spesso non sono giustificati.Per cercare di allineare le politiche dei 28 Paesi membri la Commissione Europea ha perciò pubblicato nei giorni scorsi l’ambizioso piano strategico Energy Union, che sarà discusso al prossimo Consiglio europeo del 19/20 marzo 2015.
Un piano che agisce su più punti: in materia di rinnovabili la sfida è quella di mantenere la leadership europea negli investimenti in rinnovabili e nelle nuove tecnologie efficienti. Sull’efficienza energetica, spesso un po’ trascurata dalle politiche europee, la promessa è quella di ripensarla completamente. Si spinge poi sulla connessione dei mercati elettrici nazionali: entro il 2020 ogni stato dovrà avere una capacità minima di interconnessione pari al 10% della potenza elettrica installata, si prevede del 15% entro il 2030. La sfida è poi quella di aumentare la sicurezza negli approvvigionamenti e spingere sulla ricerca e innovazione: è centrale per la Commissione mettere l’UE in prima linea nelle smart grid e nelle applicazioni domestiche intelligenti, nei trasporti a basse emissioni, nei combustibili fossili puliti. Insomma una politica a tutto campo, che dovrebbe garantire 40 miliardi di euro di risparmi annui ai consumatori Ue. Il piano Juncker però lascia tiepidi gli ambientalisti, che contestano il ruolo ancora importante assegnato alle risorse fossili e all’energia nucleare.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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