Fonti rinnovabili
Accordo Legambiente-Anest per far ripartire il solare termodinamico
L’opposizione sociale all’installazione di impianti Csp è uno dei principali elementi di freno allo sviluppo di questa tecnologia nel nostro Paese
Il solare termodinamico (Concentrated Solar Power, CSP) è una tecnologia con importanti prospettive di sviluppo in Italia, perché può consentire lo storage termico e quindi di produrre energia elettrica anche in assenza del sole e del vento, a differenza di eolico e solare. L’Italia, inoltre, è ben posizionata nella filiera industriale di settore, grazie alla tecnologia dei sali fusi, nata in seno all’Enea e da un intuizione del premio Nobel Carlo Rubbia. La stima è che il solare termodinamico potrebbe coprire una quota relativa al settore della produzione di elettricità dell’obiettivo al 2020 (circa 300-400 MW), con importanti ricadute in termini di ricerca applicata, oltre che occupazionali e di opportunità per il territorio.
Attualmente, però, a parte l’impianto dimostrativo di Priolo Gargallo (Siracusa) , di nuove installazioni termodinamiche non se ne vede neppure l’ombra, come ammette la stessa associazione di categoria, l’Anest. Molte sono le cause dello stallo del solare termodinamico in Italia: innanzitutto gli iter autorizzativi particolarmente lunghi e complicati, nonchè la difficoltà per gli uffici deputati a valutare i progetti dal momento che si tratta di una tecnologia nuova. Ma un peso importante ha anche la cosiddetta sindrome Nimby (not in My Backyard) , ossia l’opposizione di alcuni soggetti locali che si scagliano contro i progetti Csp, come accaduto in passato agli altri impianti da fonti pulite, provocando anche l’opposizione delle amministrazioni coinvolte.
Gli operatori del settore, per uscire dallo stallo, hanno perciò cercato una sponda nel campo ambientalista, che si è concretizzata con la sottoscrizione di un Protocollo d’intesa tra ANEST e Legambiente. Innanzitutto l’accordo prevede l’individuazione delle aree dove potranno sorgere i nuovi impianti: si escludono aree ambientalmente sensibili, come zone protette, zone umide, boschi, aree interessate da vincoli ambientali o paesaggistici. Ma anche aree agricole di pregio o territori interessati da insediamenti abitativi. Per la localizzazione dovranno essere condotti studi specifici che valutino l’uso dei terreni e l’impatto ambientale dei progetti, in particolare per quanto riguarda l’inserimento paesaggistico e i consumi idrici. I progetti dovranno prevedere misure compensative alle sottrazioni di territorio attraverso opere di riqualificazione ambientale e la realizzazione di cavidotti interrati per il collegamento alle rete elettrica, in maniera da limitare l’impatto ambientale. Infine si dovranno avviare delle iniziative di informazione e comunicazione trasparente alla popolazione per far conoscere la nuova tecnologia, il progetto dell’impianto e i ritorni economico-sociali del futuro insediamento produttivo.
“Il solare termodinamico – ha spiegato Stefano Ciafani, vice presidente nazionale di Legambiente – è una tecnologia con importanti prospettive di sviluppo proprio perché consente lo stoccaggio dell’energia prodotta dal sole. È evidente che i progetti devono essere sviluppati in territori idonei, a partire da aree dismesse o industriali, limitando al massimo l’impatto sul terreno e sul paesaggio. L’accordo con ANEST vuole contribuire allo sviluppo in Italia di questa tecnologia che se correttamente progettata può rappresentare una opportunità per i territori sia in termini occupazionali che energetici”.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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Ass. Intercomunale Lucania
scrive il 23 maggio 2014 alle ore 14:13
Il solare termodinamico, molto spesso affiancato con centrali termoelettriche a gas metano come previsto nella Regione Basilicata, rappresenterebbe in Italia, con molta probabilità di non sbagliare, una pura speculazione. Non risolve il problema energetico, ma devasta interi territori. L'Italia non è l'Arabia Saudita, non presenta aree desertiche quali uniche possibili aree che consentono una razionale collocazione di tali impianti nel rispetto dell'Ambiente, del Paesaggio e del Suolo agricolo. Per la Basilicata è previsto un impianto della potenza elettrica di 50 MW con l'occupazione di oltre 226 ettari (2.260.000 metri quadri) di terreni fertili ed irrigui. L'ara di impronta dell'impianto occuperebbe ben 15 pozzi artesiani dei 19 previsti nell'area circostante. Pensare all'Italia per acquisire competenze sul "solare termodinamico" ed esportarle nei paesi arabici, come sostiene l'ANEST, non rappresenterebbe un modo sensato di affrontare il problema energetico. Sembra invece un modo attento e preciso per fare affari a discapito di interi territori con tecnologie devastanti per un'area agricola. Impianti chiamati "solari termodinamici" pur non essendo "termodinamici puri" poiché ricorrono anche alla combustione di ingenti quantità di gas metano (con emissioni in atmosfera di inquinanti) per assicurarne un funzionamento in continuità e sicurezza. L'aggravante, nella Regione Basilicata, è rappresentato dall'uso di decine di migliaia di metri cubi di olio diatermico ad altissimo impatto ambientale con potenziali rischi in caso di sversamenti al Suolo e non solo. L' impianto, nella regione Basilicata, è soggetto alle Direttive Seveso per essere classificata con attività a rischio in incidente rilevante, ma ovviamente c'è chi sostiene che l'attività industriale è sicura. Peccato però che non si conoscono attività industriali immune da possibili guasti ed avarie nel processo industriale con conseguenze tutt'altro che rassicuranti. Un impianto solare a tecnologia fotovoltaica trasforma energia solare in energia elettrica in modo pulito, mentre un impianto solare a tecnologia termodinamica che ricorre all'uso degli olii diatermici e alla combustione ausiliaria di gas metano, trasforma energia solare in energia termica e quindi in energia elettrica in modo tutt'altro che interamente pulito. Presenta infatti emissioni in atmosfera di benzene, fenolo, ossidi di azoto .... E' pulito tutto ciò? Non mi pare. Gli impianti interamente rinnovabili sono un'altra cosa e il modo per affrontare il problema energetico (risparmio di energia, efficienza energetica, impianti alimentati da fonte rinnovabile prevalentemente concepiti per l'autoconsumo) viaggia su un binario differente da quello delineato dagli impianti "solari termodinamici" che farebbero meglio a definirli, quando ibridi come per la regione Basilicata, con la dizione di centrali termoelettriche ibride alimentate da fonte rinnovabile solare e da fonte fossile (quindi non rinnovabile) qual è il GAS metano.