Deep Retrofit
Risparmio profondo
La ristrutturazione anche di grandissimi edifici è possibile, come l’Empire State Building di New York
Si chiama “deep retrofit” ed è l’ultima frontiera dell’efficientamento energetico che promette soluzioni di grande portata. Si tratta di una logica integrata, più che di una tecnologia, che guarda all’edificio in maniera complessiva, mettendone in stretta relazione tutte le interazioni e che utilizza le tecnologie come se fossero i singoli musicisti di un’orchestra, coordinando i vari know how di progettazione e integrandoli. «Generalmente in America diciamo che il deep retrofit lo si comprende quando lo si vede. – dice Victor Olgyay, analista del Rocky Mountain Institute, il think tank statunitense sulla sostenibilità fondato e diretto da Amory Lovins – Tecnicamente si definiscono così i progetti che abbiano almeno il 50% di risparmio energetico, dove i risparmi siano realmente consistenti. Risultati che richiedono un know-how di progettazione integrata non banale, dove si colgano tutte le opportunità di intervento». Questo risparmio deve essere realizzato con costi che consentano agli edifici “trattati” di rimanere competitivi sul mercato immobiliare. Sfida non indifferente. La sfida sulla quale il Rocky Mountain Institute si è misurato è quella che ha coinvolto l’edificio simbolo degli Stati Uniti: l’Empire State Building. La ristrutturazione dell’edificio, che è del 1931 ed è alto 443 metri, è costata complessivamente 550 milioni di dollari, dei quali 120 sono stati investiti sull’efficientamento, cosa che è valsa all’Empire State Building il massimo riconoscimento della certificazione Leadership in Energy and Environmental Design (LEED), facendolo ritornare al primo posto sul podio non più per l’altezza, ma per l’efficienza energetica. L’edificio, infatti, è il più alto al mondo a possedere la certificazione LEED, un risultato non banale se si pensa all’età del grattacielo realizzato oltre ottant’anni fa.
«L’Empire State Building è un progetto nato da un’opportunità colta al volo. – prosegue Olgyay – La proprietà, Empire State Reality Trust, era intenzionata a riqualificare il grattacielo. Noi siamo entrati al momento giusto con una proposta di riqualificazione radicale finalizzata a tagliare drasticamente i consumi energetici senza incidere eccessivamente sui costi. Un risultato, però, che abbiamo saputo ottenere solo guardando all’edificio con una prospettiva integrata. Non abbiamo semplicemente stilato una serie di misure di intervento, ma abbiamo studiato ogni interconnessione tra tutte le parti: come gli infissi si relazionano con il sistema di condizionamento, come funziona l’illuminazione in rapporto all’aria condizionata, ecc. Solo così abbiamo potuto ottenere risultati da record». Risultati che, oltretutto, potrebbero fare scuola. La sostituzione delle 6.000 finestre dell’edificio avrebbe avuto un payback di diciassette anni se non si fosse ragionato anche sulle minori esigenze di climatizzazione estiva, ma intervenendo anche su questo aspetto il payback medio è sceso a tre anni, con un risparmio energetico del 40%. Un risultato inaspettato che ha stupito anche i progettisti. Si tratta di un’esperienza replicabile su grande scala in un’ottica di rigenerazione urbana.
«La vera sfida è rappresentata dai grandi portafogli di edifici. – prosegue Olgyay – Talvolta si tratta di serie di immobili simili, ma diversi per caratteristiche, come posizione, irraggiamento, struttura, altri casi hanno caratteristiche differenti per ogni edificio. Nel primo caso partiamo da un’analisi molto dettagliata e approfondita di uno o due edifici per poi estenderla al resto del portafoglio immobiliare, con una tolleranza di errore del 10/15%. Quando invece gli immobili di un portafoglio sono fortemente diversi l’uno dall’altro, come nel nostro progetto della Arizona State University (uno dei progetti di riqualificazione più spinti di larga scala, N.d.R.), sappiamo che dobbiamo adottare un altro approccio: ci troviamo in un unico contesto climatico e con un unico proprietario, ma con tipologie di edifici molto diversificati. Abbiamo laboratori, dormitori, classi. In questo caso cerchiamo di identificare quali sono le opportunità identiche per ogni edificio e definiamo un piano che identifichi quali tipologie di misure di efficientamento energetico possiamo adottare. Si inizia con interventi leggeri comuni per poi procedere a interventi complessi differenziati edificio per edificio».
Un approccio di questo tipo in Italia potrebbe partire dal patrimonio pubblico rappresentato dall’edilizia popolare e dagli immobili della Pubblica Amministrazione per estendersi anche all’edilizia privata, interessando interi portafogli immobiliari, con una riduzione dei costi degli interventi dovuti alla dimensione di scala. Solo per quanto riguarda gli immobili della Pubblica Amministrazione si stima una possibile riduzione del 35% sui consumi entro il 2020, con un risparmio annuo in bolletta di circa due miliardi di euro. Non poco se consideriamo il fatto che la bolletta energetica del sistema Italia nel 2013 è stata di 56 miliardi di euro.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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