Tekneco #11 – Serramenti
L’infisso nello tsunami
La crisi sta ridisegnando il settore degli infissi e dei serramenti che ha difficoltà sul mercato interno, ma che tiene sull’export
L’infisso, la componente edilizia che più di ogni altra ha avuto un ruolo da protagonista all’interno dell’edilizia sostenibile al quinto anno della crisi congiunturale, segna il passo e lo fa con una certa “pesantezza”. Il settore dell’infisso e dei serramenti in Italia vede quasi 38mila aziende attive – secondo i dati di LegnoFinestraItalia – nei segmenti del metallo, del Pvc e del legno con un volume di vendite al 2011 di circa nove milioni di pezzi. Nello specifico i produttori di serramenti in metallo e di quelli in legno rappresentano il 98% del totale, diviso grosso modo in maniera paritaria per entrambi i settori, mentre il 2% circa, 800 soggetti, sono i produttori di serramenti in Pvc.
Si tratta quindi di una realtà importante dal punto di vista dei volumi e dei fatturati, ma estremamente frammentata e spesso divisa in migliaia di imprese. Realtà industriali che nell’ultimo anno hanno subito la crisi, seguendo l’andamento del mercato dell’edilizia che vede da tempo una contrazione la cui “febbre” si riscontra nell’andamento dei mutui, registrato dal Crif a febbraio 2013, con un 10% secco in meno e un ulteriore calo degli importi richiesti, a testimonianza della cautela adottata dalle famiglie italiane, che si sono attestati a 127.566 euro contro una media di 132.460 euro del 2012.
«I dati del Cerved sui fallimenti delle imprese, di cui oltre 10 mila, secondo le elaborazioni Ance, riguardano solo il settore delle costruzioni, dimostrano che la crisi non si arresta e che ha raggiunto ormai anche le zone piú ricche ed economicamente floride del Paese», ha affermato il presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti. Dichiarazioni a parte, il mercato degli infissi subisce i colpi della crisi nonostante parte dello stesso non riguardi la nuova edilizia, in caduta libera da anni, ma la sostituzione che, però, vista la sempre minore disponibilità delle famiglie, è entrata anche questa in crisi.
«Per il terzo semestre consecutivo le aziende del comparto dell’involucro edilizio segnalano risultati negativi sia in termini di vendite sia in termini di portafoglio ordini», afferma deciso il secondo rapporto 2012 sul mercato italiano dell’involucro edilizio, redatto da Uncsaal, l’unione nazionale costruttori serramenti alluminio acciaio e leghe, di Confindustria. E non si tratta di una questione solo di fatturati, visto che sono in aumento anche le tensioni sui prezzi e si stanno dilatando i termini di pagamento all’interno della filiera, segno che la crisi è più profonda e il suo protrarsi sta tracciando un solco profondo su uno dei fronti essenziali per le imprese, quello della liquidità.
Durante il primo semestre del 2012 è stata confermata la crisi registrata già nel 2011 con un 60% delle aziende del settore, che hanno visto diminuire le vendite a fronte di un 9% (era il 19%) che le hanno viste aumentare, mentre anche il portafoglio delle commesse conferma una situazione negativa con un 59% delle imprese, che ha visto diminuire gli ordini (era il 57%) con un 30% stabile e solo il 12% che ha visto un aumento. Il panorama, quindi, rileva il fatto che solo una piccola percentuale delle aziende vede aumenti. È andata male anche per i costruttori di facciate continue che risentono di più della crisi a causa del loro legame con le nuove costruzioni con un 55% delle imprese che registrano diminuzioni di fatturato, contro il 53% del semestre precedente, mentre passano dal 20% al 28% la percentuale delle aziende che hanno registrato un aumento delle vendite, dato in gran parte dovuto alla realizzazione di commesse precedenti. Lungo la filiera è assolutamente netta la crisi. L’84% dei produttori di sistemi e accessori per i serramenti, infatti, hanno dichiarato cali di vendite: erano il 50% nel secondo semestre del 2011 e il 13% nel primo. Si tratta di un dato che vede allineati sia i fornitori di aziende grandi, sia quelli di imprese piccole, rispettivamente per il 75% e il 78% con un’accelerata dei fornitori verso le piccole imprese, che sono passati in un anno dal 38% al 78%, a riprova della caduta degli investimenti delle famiglie che sono la principale clientela dei serramentisti di dimensione minore.
Fin qui i dati. La risposta delle aziende a fronte di queste riduzioni sono state sostanzialmente due: diversificazione e miglioramento dell’offerta commerciale. Il denominatore è stato quello della flessibilità su entrambi i fronti, con il passaggio dall’alluminio al Pvc e al legno. Il calo dei serramenti in alluminio – passato dal 48% al 37% – , infatti, è stato compensato da un boom, relativo, del serramento in Pvc – in crescita dal 4% al 10% – e dal rafforzamento dei serramenti in alluminio e legno – in crescita lenta dall’11% al 13%. In questo scenario che vede un aggiustamento interno del settore, alcune aziende hanno fatto una svolta decisa con investimenti sulla produzione dei serramenti in Pvc, mentre altre si sono dedicate alla commercializzazione di prodotti in Pvc e alluminio e legno, per rispondere alle richieste di mercato.
Per quanto riguarda la domanda, il settore delle costruzioni con la sua crisi ha provocato una profonda mutazione della sua composizione. Il segmento residenziale è passato dal 45% al 52% compensando così il calo del terziario e del commerciale, mentre più in generale la sostituzione assorbe un 47%. La sostituzione nel residenziale, spinta anche dagli incentivi fiscali e dalla crescita delle bollette energetiche delle famiglie, per quanto riguarda i serramenti metallici assorbe il 32% della domanda. Si tratta di una mutazione che ha modificato profondamente sia la clientela di riferimento, sia i canali di vendita utilizzati dalle imprese. Il canale di vendita diretto verso i privati, infatti, ha visto un aumento della propria percentuale di quattro punti, passando dal 35% del 2011 al 39% del 2012, a discapito delle reti distributive indipendenti che utilizzano agli showroom, che sono scesi dal 20% al 15%. In totale il mercato rivolto ai privati, sommando le vendite rivolte gli showroom e alle piccole imprese che svolgono attività d’intermediazione verso i privati, tocca il 70% delle vendite.
In questo panorama non brillante, però, c’è un settore che è in controtendenza, quello dei serramenti in alluminio-legno. Si tratta di prodotti che si posizionano un gradino più in alto e il cui andamento positivo dimostra una certa consapevolezza nell’acquisto da parte dei consumatori. I serramenti in alluminio-legno, infatti, riescono a coniugare la durabilità tipica del metallo con l’estetica del legno, con performance sul fronte dell’isolamento termico molto elevate, ragione per la quale sono particolarmente apprezzati e richiesti, nei casi di ristrutturazioni edilizie e sostituzione di infissi. Questo tipo di serramenti ha registrato un aumento delle vendite per il 35% delle aziende, mentre solo il 10% ha dichiarato lo stesso per i serramenti in metallo. Dichiarano un calo, invece, il 44% delle aziende che operano nel settore del metallo, contro il 27% di quelle attive nell’alluminio-legno.
Insomma il settore soffre, su questo non c’è alcun dubbio, della crisi che sta intaccando, vista la sua durata, i fondamentali delle aziende e di sicuro una delle vie d’uscita sarà l’attivazione di strumenti per favorire l’efficienza energetica, settore nel quale l’intervento sui serramenti la fa da padrone, ma la si combatterà anche sulla qualità, sia prestazionale, sia estetica, con una buona dose di applicazione dei più recenti sviluppi della ricerca.
Cosa dicono gli studi economici
Lo scenario di riferimento italiano
Le dinamiche del mercato dei serramenti non possono essere capite se non si analizza lo scenario più grande dell’edilizia che dal 2009 al 2012 ha subito una brusca frenata. Secondo il Cresme, infatti, gli investimenti sulle costruzioni hanno avuto una diminuzione del 9,3% nel 2009 (dati rispetto all’anno precedente) del 7,9% nel 2010, del 3,5% nel 2011 e del 2% nel 2012, con una previsione ottimistica per il 2013 di uno 0% che significherebbe solo la “fine della discesa”, ma non l’inizio della risalita. E anche la tipologia degli investimenti in edilizia è cambiata in maniera strutturale e radicale.
Nel 1982 gli investimenti in nuove costruzioni rappresentavano il 66% del totale, mentre il 2012 vede una totale inversione del mercato, nel quale il rinnovo pesa per un 65%. E non può essere che così visto che gli indicatori demografici del nostro Paese danno una sostanziale stabilità della popolazione, l’orografia territoriale mostra sempre di più dei limiti “fisici e fisiologici” e mentre il 74% degli italiani, secondo i dati dell’agenzia del territorio e del dipartimento delle finanze, è proprietario dell’immobile che abita. In termini di valore assoluto il patrimonio immobiliare, composto da 57,82 milioni di immobili, del nostro Paese vale 5.931 miliardi di euro, più 313 miliardi di euro di pertinenze, per un totale di 6.244 miliardi di euro, quattro volte il valore del PIL.
Ed è un patrimonio estremamente frazionato visto che è posseduto per l’87% da persone fisiche e solo per il 13% da enti o società. Sono 9,6 milioni gli immobili residenziali non utilizzati, di cui solo 2,7 milioni affittati a terzi, mentre 4,2 milioni sono tenuti a disposizione e, infine, 2,6 milioni sono destinati ad altri utilizzi. Sul fronte energetico questo patrimonio edilizio è un colabrodo poiché 10 milioni di unità, il 39%, sono state realizzate tra il 1946 e il 1971, mentre il 28,8% tra il 1972 e il 1991. Si può dire che la stragrande maggioranza degli edifici è in classe G, cosa che porta le case italiane a consumare ogni anno 46,9 milioni di tonnellate di petrolio equivalente, circa il 34% dei consumi finali d’energia che nel 2010 erano di 137,5 milioni di tonnellate di petrolio equivalente. Appare chiaro, quindi, che il contesto, sia per quanto riguarda le dimensioni, sia per ciò che attiene ai miglioramenti energetici, sia vasto, con delle potenzialità di sviluppo non indifferenti.
Fonti: Istat, Agenzia del Territorio, Agenzia delle Entrate, Cresme, Ance
Verso i mercati esteri
La salvezza si chiama export
Come in altri settori, anche per i serramenti l’unica ancora di salvezza, per ora sembra essere l’export. Ecco la situazione dei mercati dell’ultimo anno. I settori collegati alle costruzioni hanno chiuso il 2012 con un +2,7% delle esportazioni (39,2% del totale prodotto nel 2011) a fronte di un -15% sul mercato interno. I settori collegati alle costruzioni hanno realizzato nel 2011 161,2 mld di euro di cui il 33,3% (53,6 mld) all’estero e le principali aziende di costruzioni italiane confermano la propria competitività sui mercati esteri con 7,8 miliardi di euro nel 2011: tasso medio di crescita annua del 15%.
Tra il 2004 e 2011 i principali attori italiani delle costruzioni hanno avuto un fatturato estero più che raddoppiato. In alcuni Paesi dell’Unione europea ripartono gli investimenti in costruzioni. Danimarca (+4,9%), Lussemburgo (+4,1%), Germania (+1,4%), Svezia (+0,7%), Francia (+0,6%) e Austria (+0,6%). Russia e Svizzera sono i Paesi più dinamici in Europa per quanto riguarda gli ordinativi. I segnali positivi arrivano anche dall’Africa, Caucaso, Asia Orientale, Medio Oriente e Stati Uniti/Canada.
Nei primi sei mesi del 2012 l’export del sistema ediliziarredo è stato sostenuto principalmente da Francia, Svizzera, Germania e Russia, che assieme rappresentano quasi il 40% del totale delle vendite estere. Per quanto riguarda l’area del Mediterraneo i primi due mercati, Israele e l’Arabia Saudita, sono in difficoltà, mentre quelli più piccoli per volumi di export sono molto dinamici, come Qatar, Egitto e Kuwait. Tra i Paesi extra-Europa più dinamici nel 2012 ci sono l’Indonesia, il Kazakistan, l’Azerbaigian, l’India e il Qatar.
In Cina gli investimenti in costruzioni superano i 1.200 miliardi di euro e il mercato cinese, che dal 2009 è diventato il primo mercato globale, vale il doppio di quello statunitense. In India arriveranno 98 miliardi di nuova produzione di edilizia non residenziale, mentre dal 2000 il comparto edilizio non residenziale si è espanso del 307%, più di cinque volte la dimensione del mercato delle nuove edificazioni non residenziali nostrane. Dieci anni fa i due mercati erano simili. Per il residenziale l’India realizzerà, secondo l’Asian Development Bank, circa dieci milioni di nuove abitazioni ogni anno fino al 2030, sviluppo dovuto alla crescita della classe media, dovuta all’altrettanto forte crescita economica che porterà a una domanda di nuove abitazioni.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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