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In edilizia troppe cave e poco riciclo

Da una gestione più sostenibile degli inerti in edilizia possono arrivare sia più tutela ambientale, sia maggiore occupazione

Scritto da il 22 maggio 2014 alle 7:30 | 0 commenti

In edilizia troppe cave e poco riciclo

La spinta all’innovazione ambientale nel settore dell’edilizia passa, secondo Legambiente, anche attraverso il superamento di quello che è un vero e proprio paradosso per il nostro Paese. paradosso che è quello di avere 5.600 cave da inerti attive, 16.000 abbandonate e di mandare in discarica oltre 30 milioni di tonnellate di inerti provenienti dalle demolizioni delle costruzioni. Per dare un’idea in paesi come la Germania e l’Olanda, dove la pratica di demolizione-ricostruzione è molto più diffusa che da noi, si utilizza il 90% degli inerti provenienti dall’edilizia, creando un numero da due a tre volte maggiore di posti di lavoro, proprio grazie alla filiera del recupero e del riutilizzo.

In Italia si punta al raggiungimento di una quota del 70%, ma è un obbiettivo in realtà imposto dal recepimento della direttiva Ue sul riciclo dei rifiuti inerti. Il punto di questa situazione è stato dal nuovo Rapporto Cave 2014 di Legambiente che afferma anche l’inadeguatezze del Governo. «In un periodo di tagli alla spesa pubblica – afferma il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini – è inaccettabile che un settore tanto rilevante da un punto di vista economico e ambientale venga completamente trascurato dalla politica nazionale. E’ possibile creare filiere innovative di lavoro e ricerca applicata, ridurre il prelievo di cava attraverso il recupero di materiali e aggregati provenienti dall’edilizia e da altri processi produttivi, ma serve intervenire su una normativa nazionale vecchia di quasi novant’anni, per ripristinare legalitá, trasparenza e tutela».

Per andare verso questa direzione Legambiente propone i Capitolati Recycle elaborati in collaborazione con Atecap che si pogono l’obiettivo di stimolare le stazioni appaltanti a intraprendere la strada giá fissata al 2020 dalla direttiva Ue, avviando la transizione verso un settore dell’edilizia che abbia al centro il riciclo. «I capitolati rappresentano uno snodo fondamentale per fare chiarezza nell’utilizzo, nelle garanzie e nelle prestazioni degli aggregati riciclati e superare quella diffidenza da parte dei direttori dei lavori legata alla paura delle responsabilitá amministrative e penali derivanti da un eventuale uso improprio dei materiali», prosegue Zanchini.

Oltre a ciò Legambiente chiede di: «rafforzare tutela del territorio e legalitá (attraverso controlli, individuazione delle aree da escludere e delle modalitá di escavazione, obbligo di valutazione di impatto ambientale, ecc.); aumentare i canoni di concessione per equilibrare i guadagni pubblici e privati e tutelare il paesaggio (gli attuali 34,5 milioni di euro guadagnati dalle regioni italiane per l’estrazione di sabbia e ghiaia, potrebbero diventare ben 239 milioni, se fossero applicati i canoni in vigore nel Regno Unito; in Sardegna si potrebbe passare da0 a 17 milioni di euro); spingere l’utilizzo di materiali riciclati nell’industria delle costruzioni, per andare nella direzione prevista dalle Direttive Europee e riuscire ad aumentare il numero degli occupati e risparmiare la trasformazione di altri paesaggi».

«Si tratta di un approccio indispensabile non solo perchè il nostro territorio è una risorsa non rinnovabile che va tutelata, ma anche per promuovere l’innovazione e la qualitá in un settore importante come quello edilizio – ha detto Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera, commentando il rapporto di Legambiente – che scommette sempre di piú sul recupero e sulla riqualificazione urbana, che rappresenta una parte importante della nostra green economy e crea occupazione. E per fare ciò è necessario modernizzare le vecchie e inadeguate regole che governano il settore, che si basano tuttora su un Regio Decreto del 1927, riequilibrare l’enorme gap che c’è tra i ricavi dell’attivitá estrattiva e i canoni di concessione pagati sul prelievo e la vendita di materie prime di cava e introdurre nei capitolati di appalto una percentuale di aggregati riciclati, così da colmare il ritardo accumulato e da avvicinarci agli obiettivi di recupero fissati dall’Europa: il 70% al 2020. Alcune delle misure utili allo scopo potrebbero entrare nel Collegato Ambientale attualmente in discussione alla Camera».


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L'autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.


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