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Tekneco #14 – Edifici storici

Edifici storici: una Storia che diventa più efficiente

Come mettere a sistema gli edifici d’interesse storico che rappresentano, secondo il Cresme, ben l’8% del patrimonio edilizio esistente

Scritto da il 10 marzo 2014 alle 8:30 | 0 commenti

Edifici storici: una Storia che diventa più efficiente

È una delle sfide sia del nostro tempo, sia del nostro Paese. Parliamo della riqualificazione energetica degli edifici storici, uno dei campi nel quale l’Italia potrebbe farla da padrona, sia per le tecnologie messe a punto dalle nostre aziende del settore, sia per la quantità enorme di edifici storici che possediamo in ogni angolo del Bel Paese e tutto ciò senza contare l’effetto “biglietto da visita” che queste realtà producono.

Secondo le stime del Cresme, gli edifici d’interesse storico sono circa l’8% del patrimonio edilizio esistente e di recente, nonostante questi immobili siano esentati dalla riqualificazione energetica dai Dlgs 192/2005 e 311/2006 «nei casi in cui il rispetto delle prescrizioni implicherebbe un’alterazione inaccettabile delle loro istanze storiche e/o estetiche», il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali ha avviato una serie d’incontri tra istituzioni per realizzare un programma d’azione al fine di sviluppare il miglioramento dell’efficienza energetica e la riduzione dei consumi, con un occhio anche alle rinnovabili, visto che si parla anche di diminuire la dipendenza dalle fonti fossili dei siti culturali statali.

Si tratta di un passo di rilievo per l’Italia, poiché dimostra una diversa sensibilità nei confronti dello scenario energetico da parte di chi gestisce i beni culturali, che solo qualche anno addietro era inesistente. Non erano poche le Soprintendenze, solo cinque anni fa, che emettevano provvedimenti a raffica per impedire l’installazione di impianti fotovoltaici e solari termici sui tetti dei centri storici, allargando il concetto anche all’aspetto paesaggistico, cosa che dilatava i divieti ben oltre le cinte murarie medioevali di molte città. Mentre oggi lo scenario appare cambiato anche perché si pone sempre più pressante l’esigenza di diminuire gli oneri di gestione degli edifici storici, che molto spesso sono pubblici e sede di pubbliche amministrazioni, ma oltre a ciò ci si sta ponendo il problema di rendere più appetibili questi edifici nell’ottica di una prossima cartolarizzazione che incontrerebbe molte più difficoltà nel caso di vincoli troppo stretti.

Analisi preliminari

Tecnicamente gli interventi negli edifici storici non possono prescindere da un’accurata analisi sia del contesto, sia del manufatto e devono essere studiati entrambi a fondo e relazionati alle tecniche costruttive dell’epoca, in maniera che le metodologie d’intervento si sposino al meglio con le peculiarità dell’immobile. Per capirci, non è possibile sostituire le parti in legno con altre in muratura anche se ad alta efficienza, poiché si snaturerebbero delle parti dell’edificio che valgono come testimonianza dell’epoca.

Si tratta di un approccio al “restauro” che è proprio dell’Italia e che ha come punto cardine la conservazione degli effetti del tempo sui manufatti e non con la riparazione integrale dei danni, riportando “a nuovo” opere d’arte ed edifici, come succede in altri Paesi d’Europa. La strategia utilizzata dall’Enea, per esempio, in alcuni progetti verte sul miglioramento degli effetti del day lighting, ossia nell’utilizzo della luce naturale, l’ottimizzazione della qualità dell’aria interna, l’installazione di sistemi elettrici e illuminotecnici a consumo ridotto, la scelta di superfici trasparenti caratterizzate da un alto isolamento acustico e termico, la scelta di materiali a basso impatto ambientale, la forte riduzione dell’utilizzo dell’energia, migliorando al massimo la resa energetica degli impianti, sia di riscaldamento, sia di raffrescamento e la gestione e il controllo attraverso monitoraggi degli impianti.

Analisi e impiantistica

Il primo step è quello delle analisi dell’edificio che devono essere il meno possibile invasive. Le termografie possono essere utilizzate per la rilevazione della massa termica e delle discontinuità termiche che caratterizzano, molto spesso, l’involucro edilizio di questi edifici, mentre le indagini soniche e quelle pacometriche (metodo magnetico che consente di individuare masse metalliche) permettono di leggere eventuali discontinuità delle murature, evidenziandone eventuali modifiche introdotte nel tempo. Oltre a ciò, per verificare lo stato di conservazione dell’edificio è possibile fare analisi endoscopiche, ultrasoniche e mineralogico-petrografiche che possono servire per conoscere meglio le murature e lo stato di conservazione delle stesse.

L’impiantistica aggiuntiva, o molto spesso sostitutiva di quella esistente, è una vera e propria sfida progettuale. Infatti, si tratta di far passare una grande quantità di sistemi impiantistici complessi, quali quelli elettrici, le linee dati e di trasmissione per la domotica e quelli per la climatizzazione, in ambienti di pregio dove magari era presente come unico sistema di riscaldamento un camino e il tutto in presenza di pavimenti storici e affreschi. In questo caso le soluzioni necessitano di un grande sforzo di fantasia da parte dei progettisti, che devono sfruttare al massimo i cavedi esistenti, le canne fumarie, le intercapedini, i controsoffitti e concentrare gli interventi in parti non sensibili dell’edificio.

Per quanto riguarda le superfici trasparenti, dove è possibile, è auspicabile la sostituzione degli infissi con altri d’uguale forma, misura e colore, ma ad alte prestazioni. Si deve anche verificare se gli infissi originali abbiano una valenza storica, ragione per la quale può essere necessario effettuarne un “retrofit” con la sostituzione dei vetri singoli con altri doppi sigillati e con l’apposizione di guarnizioni di tenuta. E sempre sul fronte del retrofit, si può agire per ripristinare una soluzione d’isolamento già adottata in precedenza. È il caso di controsoffitti, o sottotetti, all’interno dei quali magari c’erano dei cannucciati o della paglia che, attraverso un’operazione di restauro migliorativo, purché non siano elementi a vista, possono riprendere la loro funzione originaria d’isolamento, migliorando le prestazioni, grazie a materiali innovativi che trovano una collocazione “efficiente” anche in contesti particolari come quelli rappresentati dagli edifici storici.

Efficienza sul Canal Grande

È forse uno degli edifici storici più problematici, visto il contesto urbano unico al mondo, eppure ce l’ha fatta. Parliamo di Ca’Foscari, edificio gotico sede dell’Università di Venezia, che si affaccia su una vista unica al mondo, quella del Canal Grande di Venezia e che ha ottenuto la certificazione Leed del Green Building Council staunitense. Si tratta di una certificazione, per così dire, “assistita” dalle fonti rinnovabili, poiché non è possibile pretendere che un edificio di tale importanza storica, e che ha già visto passare 556 primavere, possa diventare “passivo”.

Oltre alle soluzioni energetiche, hanno contato nel computo per la certificazione anche le buone pratiche messe a punto dall’Università, come il ricorso per il 60% al Green Public Procurement, la riduzione del 28% del fabbisogno idrico, la gestione dei rifiuti, la drastica riduzione del mercurio contenuto nelle lampade e l’utilizzo di prodotti Ecolabel. E il tutto ha anche dei notevoli risvolti economici, visto che tutto ciò porta a un risparmio di 80mila euro l’anno.

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L'autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.


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