Giornata Mondiale dell’Ambiente
L’unica Terra che abbiamo
Perché il 5 giugno si festeggia la Giornata mondiale dell’ambiente, quest'anno dedicata a piccole isole e clima
Le ricorrenze e le feste in generale per ricordarle non servono solo per confermare che il tempo passa ma soprattutto per ricordarci che il futuro può essere un luogo migliore. Non è un caso, per esempio, che a Natale come alle feste di compleanno si augurino giorni migliori.
Non è diverso per la Giornata mondiale dell’ambiente che si festeggia il 5 giugno da un po’ più di quarant’anni. Quest’anno il tema è quello delle piccole isole e dei cambiamenti climatici, visto che sono proprio questi piccolissimi Stati, situati nell’Oceano indiano come nel Pacifico o ai Caraibi, che rischiano di sparire sotto il livello del mare che inesorabilmente va salendo. L’augurio è che l’impegno di ogni nazione del Pianeta sia diretto verso il miglioramento dello stato di salute della Terra.
Un problema, in un certo qual senso, molto moderno. Era il 1972 quando per la prima nella storia dell’umanità, dal 5 al 16 giugno, le istituzioni globali si riunirono per discutere del futuro del nostro Pianeta.
Alla Conferenza delle Nazioni Unite per l’Ambiente Umano di Stoccolma parteciparono i rappresenti di 113 nazioni. Obiettivo della Conferenza era quello di determinare quale politiche di sviluppo fossero necessarie sul piano globale e quali sforzi di cooperazione dovessero essere fatti.
Alla Conferenza di Stoccolma dietro le quinte si mossero personaggi importanti e fra questi, paradossalmente, come un gigante, il tanto discusso presidente statunitense Richard Nixon.
Fu lui a proporre, già nel 1969, che la Nato dedicasse almeno una parte delle sue attività alla soluzione di problemi civili (trasporti, ecologia, approvvigionamenti idrici, ecc.). Un anno dopo sempre su sua iniziativa nacque l’Agenzia di protezione ambientale americana (EPA). E sarà sempre Nixon a realizzare esplicitamente una serie di politiche ambientaliste che serviranno da puntello per la Conferenza di Stoccolma.
Nello novembre dello stesso anno, poi, è papa Paolo VI a intervenire alla FAO, ed è la prima volta che la Chiesa si occupa in maniera circostanziata di ambiente e pone la questione alla radice dei grandi problemi dell’umanità.
«S’impone un mutamento radicale nella condotta dell’umanità, se questa vuole essere sicura della sua sopravvivenza; non è più soltanto questione di dominare la natura: oggi l’uomo deve imparare a dominare il suo stesso dominio sulla natura, poiché i progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte a un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo».
Nel ’70 il Regno Unito con il White Paper sulla protezione dell’ambiente riordina l’assetto governativo e nasce il dipartimento per l’ambiente.
La Francia nel 1971 crea il ministero per la protezione dell’ambiente e della natura. Lo stesso fanno in quell’anno Svezia, Canada, Giappone e molti altri.
L’Italia vi arriverà solo nel 1974, creando il Ministero dell’Ecologia che diventerà poi il Ministero dei beni culturali e ambientali. E dovremo aspettare il 1986 perché venga istituito un vero Ministero dell’ambiente.
Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma, un associazione composta da economisti, scienziati e diplomatici per i quali l’ambiente era una priorità, per dare un’impulso alla Conferenza chiese ai ricercatori del MIT di Boston di redigere un rapporto sullo stato di salute della Terra, “I limiti dello sviluppo”, oggi un vero caposaldo della politica “green”.Scriveva Peccei nella prefazione dell’edizione italiana de I limiti: «Urgono visioni e approcci radicalmente novi per affrontare la problematica intricata, sconcertante e senza precedenti che attanagli l’intera società umana, senza grandi distinzioni per il grado di sviluppo o per l’ordinamento politico dei suoi vari componenti. (…) Spesseggiano le riunioni che i capi delle nazioni maggiori hanno fra di loro o con i loro alleati e associati, a Washington, a Mosca, a Pechino, in Medio Oriente, a Tokyo e in Europa. Ma anche agli esperti più acuti non è dato di comprendere tra le circonlocuzioni diplomatiche e i peana propagandistici che cosa effettivamente vogliono i grandi della Terra, al di là della difesa – a volte meschina e ottusa – di loro interessi immediati, o quanta parte di questa giostra internazionale ha scopi politici o addirittura partitici puramente interni, e quale significato o valore nel tempo possa avere questa sequela di contatti di alto livello. (…) Vi è poi la Conferenza di Stoccoma sull’Uomo e il suo Ambiente, già turbata prima dell’inizio da fratture ideologiche, e a cui i ricchi o poveri accorrono preoccupati soprattutto di conservare sovrani diritti in casa propria e di partecipare allo sfruttamento delle risorse “libere” del mondo pagando un prezzo possibilmente inferiore a quello degli altri».
Così il 5 giugno del 1972 113 paesi, 19 agenzie intergovernative e 400 organizzazioni governative e no dettero inizio a questa storica Conferenza. Tant’è che ancora oggi il 5 giugno è celebrato dalle Nazioni Unite come “Giornata mondiale dell’ambiente”.
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L'autore
Marco Gisotti
Direttore scientifico di Green factor, ha creato e dirige dal 2005 il Master in Comunicazione ambientale del Centro studi CTS con il Dipartimento di scienze della comunicazione della Sapienza di Roma e l’ENEA. È autore, con Tessa Gelisio, di “Guida ai green jobs. Come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro” (Edizioni ambiente).
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