Green Economy
Italia: il debito è anche ecologico
Il Global footprint network esamina il bilancio ambientale del nostro Paese e rivela che abbiamo vissuto per 50 anni oltre le nostre possibilità
Molti economisti internazionali sostengono che la crisi economica e la crisi ecologica planetaria abbiano le stesse radici e intervenire sull’ambiente vorrebbe dire intervenire sull’economia. In fondo questa asserzione è alla base della stessa green economy.
Un elemento in più a questa tesi arriva da uno studio del Global footprint network sui paesi del Mediterraneo, secondo il quale l’Italia sarebbe la nazione con le performance peggiori in assoluto. Il Paese che usa più risorse rispetto alle proprie capacità e rispetto a quelle dell’ambiente di rigenerarle.
«Lo studio esamina per la prima volta – spiega Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia – il valore dell’impronta ecologica in un arco di tempo di 50 anni tra il 1961 e il 2008 e in quest’ultimo anno è proprio l’Italia a detenere il deficit ecologico maggiore della regione, quasi un quarto di quello complessivo del Mediterraneo».
Per Bologna «considerando solo quest’area geografica, la domanda per le risorse e i servizi ecologici è aumentata del 197% nei 47 anni presi in esame, quasi triplicando il deficit ecologico (+230%). Negli ultimi quattro anni invece la differenza fra domanda e offerta a livello locale è salita del 150%».
In altre parole l’Italia è il paese, fra quelli che si affacciano sul Mediterraneo, ad aver toccato il punto maggiore di “debito ecologico”, con un ragguardevole 23%. Seguono Spagna (17%), Francia (13%), Turchia (10%) ed Egitto (9%).
Solo il Portogallo ha ridotto in maniera significativa il suo deficit ecologico fra il 1998 e il 2008, con una diminuzione del 18%.
Sono sei i parametri su cui si basa l‘indicatore dell’impronta ecologica: aree coltivate a scopi alimentari; uso delle risorse forestali (dall’uso come combustibile alla carta e al legno per l’arredo); le aree costruite (case, infrastrutture, industrie e trasporti); le aree di pesca; i terreni e vegetazione per il pascolo; la quantità di superficie forestale necessaria per compensare le emissioni prodotte di carbonio.
«Le nostre società – conclude Paolo Lombardi, direttore del Wwf Italia – devono rendersi conto che investire oggi nell’affrontare le questioni ambientali e la salvaguardia del capitale naturale nel Mediterraneo getterà i semi per le economie sostenibili del futuro. Economie sostenibili, sicurezza e dialogo culturale, infatti, non possono essere raggiunti senza un ambiente mediterraneo sano».
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L'autore
Marco Gisotti
Direttore scientifico di Green factor, ha creato e dirige dal 2005 il Master in Comunicazione ambientale del Centro studi CTS con il Dipartimento di scienze della comunicazione della Sapienza di Roma e l’ENEA. È autore, con Tessa Gelisio, di “Guida ai green jobs. Come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro” (Edizioni ambiente).
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