Ambiente e territorio
Il consumo di suolo è da fermare
La tragedia della Sardegna delle scorse settimane nasce anche dalla eccessiva spinta all’urbanizzazione del territorio
Le tragedie di queste ultime settimane, in particolare quella che ha colpito la Sardegna, hanno di nuovo acceso i riflettori su un problema mai fin troppo affrontato sul serio nel nostro Paese, quello del consumo di suolo. Ossia un terreno che, da a uso agricolo o naturale qual’era, viene ricoperto di asfalto e cemento per uso industriale o, più spesso, abitativo.
Con conseguenze che possono essere anche catastrofiche in caso di nubifragi e alluvioni, a causa della drastica riduzione della capacità di permeabilizzazione del territorio. Proprio nella Sardegna che nei giorni scorsi ha dovuto contare le vittime a decine, si sta iniziando a ragionare sulle cause della tragedia: i gruppi consiliari della maggioranza di centrosinistra hanno organizzato il convegno “Uso e consumo di suolo oggi“, che ha fatto il punto sulla situazione.
Come ha ricordato nell’occasione Nicola dall’Olio, geologo e capogruppo Pd Comune di Parma, il suolo è alla base della chiusura tutti i cicli geochimici e, dunque, della stessa presenza della specie umana sul pianeta. Il suolo, però, non è rinnovabile, ma ha una dimensione limitata, tanto che la domanda sta crescendo a livello mondiale, come testimonia il fenomeno del land grabbing.
Il problema è particolarmente sentito nel nostro Paese,dove la legge 183/89 è stata in gran parte disattesa. Anche in Sardegna, che pure non è certo l’area più densamente popolata del Paese, l’urbanizzazione è andata avanti a ritmo serrato: secondo i dati forniti da Ivan Blečić, urbanista e ricercatore della Facoltà di Alghero, nel periodo 2003-2008 in Sardegna sono stati urbanizzati oltre 11.000 ettari di territorio, cioè 13 volte la superficie della città di Nuoro.
La zona di Olbia-Tempio, quella più colpita dalla recente calamità, presenta parametri di superficie abitativa simili a quelli del Nord Italia. Senza contare che l’Isola, come ha messo in luce l’ex presidente della Regione Sardegna, Renato Soru, detiene probabilmente il record di seconde case (circa 300.000).
Il futuro, però, non può continuare con questo ritmo di consumo di suolo, specialmente in un’ottica di lungo periodo di crescita collettiva, non basata quindi su interessi immediati di alcuni soggetti. Come ha messo in evidenza Dall’Olio, la Commissione europea si è posta l’obiettivo di arrivare al consumo zero netto di solo al 2050.
Questo significa che ogni espansione delle aree urbane dovrebbe essere compensata dal ripristino del suolo naturale e agricole in aree precedentemente urbanizzate. Vero è che il 2050 può sembrare lontano, ma nel settimo Programma ambientale europeo approvato nei giorni scorsi si insiste chiaramente su questa linea, peraltro già applicata con successo in metropoli europee come Stoocarda, Dresda, Berlino.
E il futuro del settore edilizio? Come già indicano gli attuali scenari di mercato, la riqualificazione del patrimonio esistente è un’opportunità che i professionisti del comparto non devono lasciarsi scappare.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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