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Clima e ambiente

Cambiamenti climatici, si fa ancora troppo poco

Nella nuova edizione del Climate change performance index rimangono di nuovo vuote le prime tre posizioni: nessun Paese si impegna abbastanza

Scritto da il 28 novembre 2013 alle 8:00 | 0 commenti

Cambiamenti climatici, si fa ancora troppo poco

Negli scorsi giorni, durante i negoziati sul clima delle Nazioni Unite a Varsavia (Polonia), Germanwatch e il Climate change network (Can) europeo hanno resi pubblici i risultati della nuova edizione del Climate change performance index (Ccpi). I criteri su cui si basa sono cinque: emissioni di CO2 su base annua, andamento delle emissioni nel tempo, energia rinnovabile, efficienza e politiche climatiche.

Anche se è stato rilevato un rallentamento della cresciuta globale delle emissioni di CO2, le notizie non sono incoraggianti: i primi tre posti della classifica rimangono anche quest’anno vuoti, a simboleggiare la scarsità di risultati ottenuti dai diversi stati nel mantenere l’aumento della temperatura media al di sotto dei due gradi centigradi e prevenire gli effetti peggiori dei cambiamenti climatici.

Al quarto posto si conferma la Danimarca, che come abbiamo avuto modo di vedere in Europa è un esempio in campo ambientale, mentre al quinto posto la Gran Bretagna rimpiazza la Svezia, con un balzo dal decimo posto grazie al miglioramento della sua efficienza e al taglio del 15% delle emissioni negli ultimi cinque anni. Guadagna una posizione anche il Portogallo, che sta sfruttando la crisi economica come un’opportunità di trasformazione e miglioramento, rinforzando le politiche in questo settore e investendo nelle rinnovabili.

Per la prima volta, è fuori dalla top ten la Germania, che si è opposta alla riforma del sistema europeo di scambio delle emissioni (Eu Ets) per difendere l’energivoro settore industriale. Anche l’Italia migliora, passando dal 21° al 18° posto, soprattutto grazie al sostegno alle politiche climatiche in campo europeo e al forte sviluppo del settore delle energie rinnovabili.

Molto in basso nella classifica Cina e Usa (46° e 43° posto), che sono i maggiori produttori di CO2 al mondo; ma va detto che il rallentamento nella crescita globale delle emissioni è dovuto proprio alla Cina, che sta portando avanti con decisione il tentativo di ridurre la sua dipendenza dal carbone.

Pessimi voti per l’Australia, nota per la sua forte dipendenza dal carbone, che ha perso sei posizioni (57° posto), e il Canada, che mantiene il 58° posto: fanno peggio solo Iran, Kazakistan e Arabia Saudita.


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L'autore

Stefania Marra

Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.


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