chimica verde
Il ritorno dalla chimica alla natura
Sono sempre più numerose le ricerche scientifiche che analizzano le proprietà di organismi naturali per la produzione di materiali o la depurazione
Dai piatti della cucina portoghese e tailandese ai laboratori di fitodepurazione: sembra essere questo il destino del coriandolo, pianta aromatica conosciuta anche col nome di prezzemolo cinese. Da una ricerca condotta dall’equipe di Douglas Schauer dell’Ivy Tech Community College dell’Indiana (Usa) ha infatti messo in luce un’importante proprietà di questa pianta: oltre a dare un’inconfondibile sapore alle pietanze, è infatti in grado di assorbire i metalli pesanti dalle acque di superficie. «Oltre ad essere facilmente reperibile, la pianta è risultata molto promettente nella rimozione di piombo, rame e mercurio, tutti estremamente dannosi per la salute umana», ha sottolineato Schauer. La scoperta è tanto più importante se si pensa che questa pianta cresce in abbondanza ed in modo spontaneo in paesi affetti da elevati tassi di inquinamento delle acque da metalli pesanti, ma dove i trattamenti di potabilizzazione con le tecnologie ad oggi in uso sono economicamente proibitivi.
Proprio per affrontare questo problema la ricerca si sta concentrando sui cosiddetti bioassorbitori, materiali naturali (dai microbi alle piante) in grado legarsi ai metalli pesanti in maniera altrettanto efficace dei composti chimici. Oltre alle piante, spontanee o meno, si sta cercando di sfruttare il potenziale degli scarti. Scoperte positive in tal senso arrivano da ricerche sui gusci d’uovo – condotte da un gruppo Interdisciplinare di Studi molecolari (Giem) dell’Universitα di Antiochia – che assorbono metalli pesanti come il mercurio, il cadmio, zinco e il piombo da fiumi e torrenti. In Brasile si stanno invece studiando, per lo stesso scopo, le fibre vegetali; dopo le fibre di cocco e i gusci di arachidi, sono le bucce di banana ad essere sotto osservazione. In una pubblicazione apparsa su Acs Industrial & Engineering Chemistry Research, sono state esposti risultati che fanno ben sperare: il gruppo di ricerca ha scoperto che la buccia tritata potrebbe rimuovere rapidamente metalli pesanti come il piombo e il rame dalle acque dei fiumi al pari o addirittura più efficientemente di altri materiali; inoltre, un sistema di purificazione ottenuto con i rifiuti delle banane può essere usato fino a 11 volte senza perdere le proprietà di vincolare i metalli pesanti e le bucce non necessitano di nessun procedimento chimico prima di poterle impiegare. In tutti i test effettuati il metallo è stato rimosso efficacemente dall’acqua rimanendo incollato alla buccia.
Ma le sorprese che ci riservano le bucce di banana sembra non finiscano qui: una sedicenne turca, Elif Bilgin, è infatti riuscita ad isolare un processo per produre bioplastica partendo proprio da questi scarti vegetali. Scoperta che le è valsa il premio “Science in Action” (di 50.000 dollari) assegnato dallo Scientific American.
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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