normativa
Le fonti intermittenti non possono essere programmabili
È questa la tesi di Anev, che contesta gli oneri di sbilanciamento portando a sostegno una recente intervista di un ricercatore del Cnr
Tecnologie come eolico e solare sono energie intermittenti, ossia non producono energia 24 ore su 24 ma soltanto in presenza della fonte (vento e Sole). Dunque in certi momenti, in determinate aree geografiche, può esserci una quantità di energia prodotta anche eccessiva, in altri, invece, l’elettricità di questi impianti è pari a zero e deve essere perciò prodotta da qualche altra parte. È chiaro che tutto questo produce delle conseguenze per il sistema elettrico, difatti l’Autorità per l’energia, dall’inizio del 2013, ha stabilito che chi produce elettricità con le fonti rinnovabili debba pagare i cosiddetti “oneri di sbilanciamento”, ossia i costi che il gestore della rete deve sostenere per sanare le differenze tra il programma di immissione e la produzione oraria effettiva di un impianto.
La generazione degli impianti da fonti pulite, dunque, deve essere programmata e prevista dai proprietari degli impianti, sulla base dello storico e delle previsioni meteo. Tra l’altro la modalità prevista in Italia diverge da quella presente negli altri Paesi europei; ad esempio, è proibito il pooling degli impianti, che permetterebbe ai produttori di energie rinnovabili di aggregare portafogli di diverse tecnologie e relativi a impianti localizzati in specifiche aree, così da definire congiuntamente i programmi di immissione e gli sbilanciamenti. Gli oneri di sbilanciamento non sono mai andati giù agli operatori (che hanno promosso una serie di ricorsi non andati a buon fine) che contestano in radice il concetto della programmabilità delle fonti intermittenti.
A supportarli sembra arrivare una recente intervista al Corriere della Sera di Massimiliano Pasqui, fisico dell’atmosfera dell’Istituto di biometeorologia del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche): “Per noi (metereologi) il rischio di sbagliare è sempre in agguato. Non si può mai avere la palla di vetro. L’unica stagione dove la probabilità di non annunciare evoluzioni meteo che poi vengono smentite è l’estate. Quando l’anticiclone delle Azzorre si piazza sul Mediterraneo la possibilità che dopo due giorni ci sia un temporale è minima. Ma nel resto dell’anno dobbiamo andarci molto cauti”.
Secondo l’Anev queste affermazioni confermerebbero la forte componente probabilistica che caratterizza le previsioni meteorologiche. “Il commento di Pasqui sembra collimare con quanto denunciato più volte dall’Anev, ovvero che pretendere stime sulla produzione di energia nell’arco di una giornata, da una tecnologia che sfrutta una fonte non programmabile, come il vento, è tecnicamente impossibile e potrebbe avere come risultato quello di applicare in maniera assolutamente casuale oneri diversi a impianti diversi, al momento della immissione in rete. Tutto ciò diventa ulteriormente più complesso quando si prova a stimare la ventosità di una località, dal momento che tale parametro rientra tra quelli la cui elevata variabilità, causata da differenze anche minime di alcuni dei molteplici fattori coinvolti, ne impedisce in particolar modo la possibilità di delineare previsioni attendibili anche a brevissimo termine”, conclude l’associazione di categoria.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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