Riciclo blu: la scommessa contro la sete nel mondo
Industria, agricoltura, città: le tecnologie avranno un ruolo chiave per ridurre gli sprechi delle risorse idriche. E diventano un business miliardario
La coreana Lg Electronics ha deciso di cambiare orizzonti: nei prossimi dieci anni investirà 400 milioni di dollari nelle tecnologie per il recupero di acqua negli impianti industriali. Il passo successivo sarà la depurazione degli scarichi e alla potabilizzazione per usi domestici. Con un obiettivo ambizioso: ricavare complessivamente 6 miliardi di dollari.
LG è solo l’ultimo esempio di un fenomeno montante, dove big di settori diversi sperimentano e investono: hanno capito che il recupero di acqua è il business futuro della sostenibilità. Si tratta di un mercato che ha come protagonisti su scala globale soprattutto due multinazionali: General Electric e Siemens. Ma Lg Electronics ha già dimostrato in passato la capacità di imparare in fretta. È una scelta che prende atto di uno scenario delle risorse idriche destinato a profondi mutamenti nei prossimi anni. Secondo le Nazioni Unite tra quindici anni il 20% delle nazioni soffrirà la sete: insieme saranno 2,7 miliardi di persone. E i consumi idrici aumentano del 2,5% più rapidamente rispetto alla popolazione, destinata a superare 8,3 miliardi di persone nel 2030. In particolare, tra vent’anni la richiesta di acqua sarà superiore del 40% rispetto alla sua disponibilità, prevede McKinsey. Sono le premesse per le “guerre dell’acqua”.
La ricerca tecnologica industriale è orientata ad affrontare alcune sfide prioritarie. Siemens, per esempio, punta sull’efficienza dell’osmosi inversa, un sistema per potabilizzare l’“oro blu” nei mari. Il nodo principale da risolvere, però, è l’elevata intensità di energia richiesta per il processo: l’azienda tedesca ha come obiettivo la riduzione da 3,8-4,7 kwh/m3 a 1,5m3. È una ricerca che richiede notevoli investimenti in tecnologia. Nel mondo le megalopoli hanno un ruolo chiave per la riduzione dei consumi, soprattutto di acque potabili nelle abitazioni che necessitano, quindi, di procedure e analisi per garantirne la qualità. A Stoccolma l’utility Vatten sperimenta da quindici anni un impianto per il trattamento degli scarichi urbani generati dagli abitanti nella città svedese. Dai materiali recuperati producono biogas, utilizzato per la rete di trasporto urbano pubblica (autobus) e privata. In questo modo una voce passiva (la depurazione degli scarichi) diventa un attivo sul bilancio. E sono in corso sperimentazioni per utilizzare l’azoto come fertilizzante in agricoltura.
Ma le tecnologie per diminuire gli sprechi domestici sono a portata di mano anche di privati cittadini. Gli italiani utilizzano ogni giorno circa 200 litri d’acqua: il 70% sono acque “grigie”, con un basso contenuto di patogeni e inquinanti, impiegate per esempio per lavarsi le mani o durante le docce. Un’azienda tedesca produce depuratori in grado di riutilizzarle per consumi non potabili, come l’innaffiamento del giardino o il lavaggio di un’automobile. “In questo modo il consumo si riduce da 200 litri a 60 litri giornalieri, ma si tratta di una tecnologia adatta soprattutto a costruzioni monofamiliari: negli appartamenti gli usi di acque non potabili sono più limitati”, sottolinea Giulio Conte, responsabile dell’Unità Gestione delle risorse naturali e idriche di Ambiente Italia. Anche gli scarichi agricoli sono un territorio chiave per rendere più efficienti i consumi idrici. La Fao ha evidenziato in uno studio che nel mondo soltanto il 10% delle acque reflue impiegate per le colture viene recuperato. Ma restano ampie opportunità per il riutilizzo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
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L'autore
Luca Dello Iacovo
Giornalista freelance, collabora con "Nòva-Il Sole 24 Ore". Segue l'evoluzione del mondo di internet e le frontiere della sostenibilità.
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