Fonti green
La potenza in una scatola
Dall'originale idea di un gruppo di studenti di Princeton nasce il primo container a pannelli solari in grado di dare energia alle zone terremotate
Convertire un oggetto essenziale come un container navale in una fonte di energia sostenibile – e di vita – per luoghi inaccessibili o colpiti da calamità naturali. L’artefice di questa idea, tanto semplice quanto brillante, è un gruppo di universitari di Princeton che ha scelto di mettersi in gioco nella competizione “P3: People, Prosperity and the Planet Student Design Competition for Sustainability”: 165 team di studenti del New Jersey, appassionati di scienza e tecnologia, si sono sfidati nelle scorse 18 settimane per dare vita ai più interessanti progetti di ingegneria al servizio della comunità.
Con la loro idea gli alunni della prestigiosa università dell’Ivy League sono riusciti a convincere una giuria di esperti e conquistare 90 mila dollari, il budget stanziato dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente americana per sviluppare il progetto.
Ma vediamo di cosa si tratta: si chiama “Power in a box” e promette tutto quello che il suo nome suggerisce. Formata da pannelli solari e da una turbina eolica pieghevole alta circa 40 piedi di altezza, la scatola dell’energia made in Princeton ha lo scopo di fornire – in circa 7 metri per 7 - un valido sostituto ai generatori alimentati da diesel nelle aree prive di fonti di elettricità. Come per esempio le zone terremotate o colpite da inondazioni.
E, in effetti, l’ispirazione proviene proprio dal terremoto che ha devastato Haiti nel gennaio 2010, lasciando migliaia di persone senza energia né acqua. Alcuni princetoniani delle facoltà di architettura, ingegneria ambientale e informatica si sono via via uniti al gruppetto iniziale di studenti in gara per apportare le proprie abilità al piano originale: dal design delle scatole di acciaio che girano il mondo via mare, su strada e in aria, ai sistemi per immagazzinare e convertire l’energia per uso pratico.
“Molti di noi sono profondamente appassionati di sostenibilità“, ha raccontato Alex Landon, un anziano laureando in ingegneria meccanica e aerospaziale che si è aggregato al contest durante il suo terzo anno. “Questa iniziativa ci ha fornito l’occasione di applicare ciò che stiamo imparando sui libri a qualcosa con un impatto reale.”
Numerose le influenze e le contaminazioni confluite nel progetto. Per costruire la torre telescopica e la turbina eolica, ad esempio, la matricola Ryan Fauber ha fatto tesoro di un precedente viaggio formativo in Ghana e della sua esperienza in Access:energy, un’impresa che individua soluzioni a basso costo per portare energia alle zone rurali dell’Africa.
Il team americano ha così lavorato fianco a fianco con quello africano per costruire una versione di “Power in a box” trasportabile di villaggio in villaggio, dimostrando come il prototipo potesse essere replicato con materiali locali producendo netti risparmi sui costi e straordinari benefici ambientali rispetto ai tradizionali generatori diesel. “In Haiti e Kenya – calcola entusiasta Wesley Verne, un giovane laureando in informatica - l’investimento sarebbe ripagato in meno di un anno.”
Dopo aver passato il test di una severa giuria di esperti a Washigton, il team di laureandi princetoniani si appresta oggi a realizzare una variante più potente del prototipo originale, in grado di generare uno o due kilowatt di energia. E a fare le valige per un tour nel continente nero.
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L'autore
Camilla Mastellari
29 anni, Camilla Mastellari è giornalista e si occupa di comunicazione dal 2006. In veste di redattrice freelance ha scritto e continua a scrivere di temi quali ecosostenibilità, tecnologie nei paesi in via di sviluppo e giustizia sociale. Laureata in lingue e letterature straniere è nata a Torino, ma vive a Milano da almeno un decennio.
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