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Il fotovoltaico che tutela il territorio

Gli impianti fotovoltaici di nuova generazione puntano a massimizzare la produzione di energia dal Sole senza intaccare i terreni agricoli e con minor impatto sull’ambiente

Scritto da il 19 gennaio 2012 alle 8:59 | 3 Commenti

Il fotovoltaico che tutela il territorio

Altamente efficiente, poco invasivo e facile da rimuovere. Dovrà avere queste caratteristiche il fotovoltaico del futuro per essere davvero ‘sostenibile’: pannelli ad alte prestazioni, preferibilmente integrati sugli edifici o installati in aree di scarso pregio naturalistico. In una parola, un fotovoltaico che non danneggi l’ambiente, quanto mai necessario dopo le recenti polemiche sul consumo di superfici agricole. E proprio in questa direzione si stanno muovendo diverse aziende italiane proponendo soluzioni alternative agli impianti a terra.

Le iniziative

Ha iniziato nel 2009 la Daiet Srl di Cisternino (Br) sperimentando in Emilia Romagna il “Progetto Loto”, pannelli fotovoltaici a forma di fiore di loto piazzati nei bacini idrici agricoli, e inaugurando a fine 2011 un impianto da 20 Kw ad Avetrana. L’ultima novità viene ora dall’azienda Scienza Industria Tecnologia (Sit) che ha pensato bene di sfruttare gli specchi d’acqua artificiali, come i laghi di cava, i bacini idroelettrici o di irrigazione. L’impianto Ftcc (Floating, Tracking Cooling Concentration), messo a punto con Pisa Koiné Multimedia, è attivo da settembre in via sperimentale in un laghetto artificiale di Colignola, frazione di San Giuliano Terme (Pisa) e promette di rivoluzionare il settore: è il primo in Italia a produrre energia solare sfruttando pannelli a concentrazione, mobili e raffreddati ad acqua. “I moduli sono montati su una piattaforma galleggiante e coperti da un velo d’acqua che consente il raffreddamento e una maggiore resa energetica, mentre i riflettori in alluminio concentrano sui pannelli la radiazione solare”, spiega Marco Rosa-Clot, amministratore delegato della SIT. “L’altra novità sta nel sistema di tracking che grazie a zattere azionate da motori ad elica permette all’impianto di ruotare per inseguire la luce del sole”. I risultati promettono bene: l’impianto da 30 Kw produce circa 2.060 Kwh contro i 1.170 degli impianti a terra. Più energia, dunque, e senza intaccare il territorio. “L’Italia è piena di bacini industriali abbandonati o sotto utilizzati che potrebbero ospitare impianti per una potenza totale di 20 gigawatt, evitando così di rubare spazio all’agricoltura”, conclude Rosa-Clot.

In questi anni, complice il sistema degli incentivi, la corsa al fotovoltaico ha dato vita a casi speculazione ai danni dei campi. Secondo la Coldiretti (elaborazione dati Gse 2010), gli impianti a terra coprono oltre 33 mila ettari di superficie, per la maggior parte agricola, quasi 15 mila nella sola Puglia. “Il problema riguarda anche altre regioni, come l’Emilia Romagna, e le conseguenze sono enormi”, spiega Katiuscia Eroe, dell’Ufficio Energia di Legambiente. “Il terreno diventa sterile a causa delle zone d’ombra e aumentano i fenomeni di erosione, desertificazione e perdita di permeabilità del suolo”.

Recupero dell’acqua

Una tecnologia che prova a ridurre questi rischi è quella brevettata dalla Miramare Hilltop di Città Sant’Angelo (Pescara). L’impianto “Acqua Terra Sole” (Ats), pur essendo a terra, è pensato per recuperare acqua e permettere la coltivazione. La struttura di sostegno consente il movimento monoassiale delle stringhe attraverso un sistema elettronico, per cui i moduli seguono la luce del sole con una resa di energia maggiore del 20%. Non solo: nei pannelli è integrato un sistema di raccolta dell’acqua collegato a un pozzo di stoccaggio che recupera circa 1 metro cubo di acqua per ogni metro quadro di pannelli. Si restituisce così al suolo la pioggia raccolta, alimentando le falde acquifere e irrigando il terreno coltivato. Un altro sistema che prova a coniugare fotovoltaico e agricoltura è l’ “agrovoltaico” della bresciana Revolution Energy Maker (Rem), realizzato nel 2011 nei campi in provincia di Mantova: un sistema di pannelli sospesi e distanti tra loro lascia filtrare la luce e permette la coltivazione meccanizzata dei terreni.


Commenti

Ci sono 3 commenti.

  • Marco
    scrive il 19 gennaio 2012 alle ore 13:16

    Non contenti di aver devastato i prati e i campi col fotovoltaico a terra adesso questi propongono di devastare pure i laghi. Che si diano all'ippica!

  • Dimitri
    scrive il 20 gennaio 2012 alle ore 11:34

    Ha ragione Marco: gli impianti fotovoltaici si devono installare sui tetti degli edifici, non a terra o, peggio ancora, sui laghi. Pensare a moduli montati su zattere azionate da motori a elica per inseguire il sole, con specchi in alluminio che fungono da concentratori solari. . . Pazzesco! Tra l'altro, si dice che "I risultati promettono bene: l’impianto da 30 Kw produce circa 2.060 Kwh contro i 1.170 degli impianti a terra. Più energia, dunque, e senza intaccare il territorio"! Cosa vuol dire? Forse la giornalista voleva dire che un impianto fisso ha una produzione specifica, cioé per ogni kW picco di potenza, di 1.170 kWh all'anno, contro i 2.060 kWh all'anno di un impianto a inseguimento solare. Dov'è la novità? E' noto a tutti che, combinando l'inseguimento solare con un sistema a concentrazione, si aumenta notevolmente la producibilità! E' necessario scrivere le cose con precisione (anche le unità di misura, esiste un vocabolario internazionale) non buttare lì dati a casaccio!

  • Roberta
    scrive il 21 gennaio 2012 alle ore 13:09

    Gentili lettori, ferma restando la necessità dell'integrazione degli impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici e del loro posizionamento lontano da aree naturalistiche e protette, espressa nelle prime righe del pezzo, l’intento dell’articolo è quello di presentare alcuni progetti che vanno nella direzione di ‘risparmiare’ o salvaguardare il più possibile le superfici agricole preservandone le qualità e la produttività. Per quanto riguarda i numeri, sono stati verificati e si riferiscono alla produzione annua dell’impianto sperimentato in provincia di Pisa, che integra inseguimento solare, concentrazione e raffreddamento, confrontata con la resa ottimale di un impianto fisso a terra.

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L'autore

Roberta Pizzolante

Giornalista pubblicista dal 2005 e scrive di scienza, ambiente, energia, diritti umani e questioni etiche e sociali. Salentina di nascita, romana d’adozione, è laureata in Sociologia e ha un master in “Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali” conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo e Sapere e collabora con Le Scienze, Mente & Cervello, Terre di Mezzo street Magazine.


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