Fotovoltaico: la Toscana stoppa i grandi impianti
La Giunta decide per il rifiuto nei confronti degli impianti sopra i 200 kW, con una delibera appena approvata e che andrà a gennaio in Consiglio Regionale
Photo: iesantoniogala
La Toscana mette un freno alle autorizzazioni per gli impianti fotovoltaici a terra. La Regione ha da poco concluso i lavori per adeguare la normativa regionale agli sviluppi di mercato, scegliendo di seguire il sentiero tracciato con il Nuovo Conto Energia 2011-2013: resta il favore verso le installazioni di piccole dimensioni, mentre viene disposto lo stop per gli impianti destinati alla produzione di energia su scala industriale, anziché all’autoconsumo. Stop definitivo se sarà confermato dal COnsiglio Regionale a gennaio.
Un approccio già adottato in passato da altre regioni, che in questo modo puntano a colpire la speculazione che ha interessato il mercato fotovoltaico negli ultimi anni. Il rapido calo nel costo della materia prima (in parte dovuto alla recessione internazionale, per il resto agli sviluppi della tecnologia) e nelle installazioni fanno ormai sì che il reddito ricavabile dagli incentivi sia superiore a quello ottenibile dall’agricoltura. Per cui c’è il rischio concreto che grandi aree vengano sottratte all’attività tradizionale, snaturando di fatto i territori.
Stop ai parchi solari superiori ai 200 kW
Il documento approvato dalla giunta regionale su iniziativa di tre assessori – Anna Rita Bramerini (Ambiente ed energia), Anna Marson (Governo del territorio) e Gianni Salvadori (Agricoltura) – stabilisce una distinzione tra gli impianti superiori ai 200 kW (che occupano all’incirca 4mila metri quadrati), per i quali viene proibita la diffusione in area agricola, e quelli di piccola (da 5 kW a 20 kW) e media taglia (da 20 kW a 200 kW), che continuano invece a godere del favore del legislatore in quanto considerati integrativi – e non sostitutivi – del reddito agricolo.
Il documento approderà in Consiglio Regionale a gennaio e, in caso di approvazione, verranno rifiutate decine di domande pendenti dinanzi agli uffici regionali per impianti che in alcuni casi arrivano fino a 40 ettari di estensione.
Il testo riguarda l’intero territorio regionale, ma per una questione legata alla normativa di settore, la Giunta ha dovuto indicare in maniera analitica le esclusioni: “siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco”, “aree e beni immobili di notevole interesse culturale”, “aree e immobili vincolati”, “zone all’interno di coni visivi e panoramici la cui immagine è storicizzata”, “emergenze culturali e zone contigue a parchi archeologici e culturali”, “aree naturali protette”, “zone umide ai sensi della convenzione di Ramsas”, “aree Dop, Doc, Docg e Igp”, “aree classificate a rischio idraulico e geomorfologico e aree adibite a interventi di messa in sicurezza” e infine “zone vincolate in base all’art.142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio”.
Non si tratta comunque di un’esclusione assoluta, considerato che sono previste alcune eccezioni, come le aree già urbanizzate prive di valore culturale- paesaggistico, quelle degradate e i siti di ex attività estrattive e infine le attività connesse all’agricoltura purché le modalità di installazione abbiano il minor impatto possibile.
I criteri di inserimento degli impianti nella aree idonee saranno invece specificati in un atto successivo, così come la individuazione delle aree non idonee per le altre tipologie di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, soprattutto eolico e biomasse, i cui impianti di grandi dimensioni stanno creando non poche tensioni tra le comunità locali.
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L'autore
Luigi Dell'Olio
Luigi dell'Olio, giornalista pugliese free-lance, vive a Milano, dove si occupa di temi legati all'economia, alla tecnologia e alle energie rinnovabili.
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