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Eolico e geotermico off-shore, quali le prospettive?

Eolico e geotermico off-shore, pro e contro

Impianti eolici e geotermici offshore possono essere la soluzione ottimale per ridurre al minimo l'impatto ambientale. Ma sono spesso avversati

Scritto da il 09 febbraio 2011 alle 13:00 | 3 Commenti

Eolico e geotermico off-shore, pro e contro

Photo: Kim Hansen


Con sempre maggiore probabilità l’energia pulita del futuro arriverà dal mare: deriverà principalmente da una fonte di produzione talassotermica quindi? Non solo, anzi è improbabile: in pieno mare sono ottimali anche impianti eolici e geotermici, come dimostrano i recenti annunci riguardanti la realizzazione della prima piattaforma geotermica offshore in acque italiane.

L’idea della realizzazione della centrale geotermina offshore si presta ad essere applicata perfettamente nella zona di Marsili grazie al potenziale sprigionato dal vulcano sommerso più grande di tutta Europa: il calore imprigionato dovrebbe fornire energia a circa 700 mila persone con un investimento di quasi 2 miliardi di euro. La costruzione delle 4 centrali galleggianti potrebbe partire già nel 2012, con la previsione di completare i lavori entro 3 anni. L’impianto è stato autorizzato dal ministero dello sviluppo e alla sua progettazione partecipano i più prestigiosi istituti di ricerca quali l’istituito nazionale di geofisica e vulcanologia, il centro di ricerche e studi sperimentali per le Geotecnologie dell’Università di Chieti, l’istituito di scienze marine Ismar, il Cnr e il Politecnico di Bari. Se il progetto “pilota” dovesse andare a buon fine, gli scienziati hanno già indivituato altre fonti di calore nelle acque italiane che potrebbero arrivare a coprire il 10% di tutto il fabbisogno nazionale.

Un’applicazione più concreta in mare aperto e già attiva permette invece di sfruttare la forza del vento e trova dimostrazione pratica già in Danimarca dove E.ON ha inaugurato un parco eolico offshore tra i più grandi al mondo. Il complesso di 90 turbine Siemens genera elettricità per 200 mila famiglie: visti i feedback positivi, anche in Francia si sta cercando di replicare il progetto al largo nelle coste in Normandia, attraverso un parco eolico da 10 miliardi di euro capace di erogare 3 GWatt di potenza.

Le 600 pale eoliche di altezza 160 metri ciascuna hanno fatto però esplodere le proteste degli ambientalisti e degli storici: ma se proprio la Francia, uno dei principali produttori di energia nucleare, sta puntando con forza verso il rinnovabile, la direzione e la presa di coscienza sono emblematiche. Nonostante il territorio in esame sia il simbolo di una delle più feroci guerre mondiali, il luogo risulta ideale per lo sfruttamento dell’energia pulita: una installazione neanche troppo invasiva, considerando la distanza media di 11 chilometri dalla costa. Sarebbe come vedere oggetto di “1,6 centimetri da un metro di distanza.

Una distanza dalla terra ferma diventata soggettiva in Italia: installazioni simili dovevano iniziare al largo delle coste molisane ma il TAR ha bloccato l’investimento a causa di limiti non rispettati. I chilometri iniziali dalla costa dovevano essere 10 ma al momento della messa in posa si sarebbero ridotti magicamente a poco più di 5. L’investimento eolico offshore italiano prevedeva 54 torri con altezza di 80 metri e avrebbe dovuto garantire una potenza totale di 162 Megawatt, sufficienti a soddisfare il bisogno di 120mila famiglie. Rifiutata anche l’idea di una postazione eolica offshore nel Gargano: il comitato che preserva il mare ha bocciato con fermezza l’ipotesi di una centrale eolica lontano dalla costa sollevando importanti quesiti sull’alterazione dell’avifauna, della pesca e della navigazione.

I problemi relativi alle installazioni offshore quindi non mancano: oltre alle polemiche puramente a tutela del paesaggio (in parte demagogiche) restano da capire gli effetti collaterali sui volatili e sulle problematiche legate alla navigazione. Gli ambientalisti sostengono infatti che l’insidia potrebbe rivelarsi fatale per gli uccelli migratori, soprattutto nelle traversate notturne mentre gli ancoraggi delle piattaforme, oltre a rendere più difficoltosa la navigazione, potrebbero essere un ulteriore pericolo per i cetacei. Proprio il fondale marino nasconde le insidie peggiori: gli imprevisti nella realizzazione delle strutture potrebbero essere più numerosi di quanto si possa pensare: ecco perchè i costi legati agli studi preliminari lievitano sempre oltre alle previsioni di budget e rappresentano una delle più gravose componenti di costo. A tutto ciò si deve aggiungere il “danno turistico“: deturpando il paesaggio e le sue bellezze, potrebbero registrarsi diminuzioni delle prenotazioni turistiche legate al degrado delle condizioni naturali.

Anche in Sicilia i primi progetti di Eolico offshore sono stati bloccati: il governo regionale è contrario all’installazione di parchi eolici off-shore. Le richieste di parere ambientale per la posa degli impianti eolici nei mari siciliani hanno ricevuto tutte un parere negativo. Molte delle aree interessate rientrano nelle zone marine protette atte alla conservazione degli habitat naturali. L’installazione dei parchi eolici off-shore comporterebbe inoltre seri rischi per l’ecosistema dello stretto confermando i problemi già riscontrati in Puglia sui settori della pesca, turismo e navigazione.

Ma i vantaggi sono molti, soprattutto per il nostro territorio: i limiti intrinsechi della morfologia geografica italiana permettono l’appoggio dei piloni delle piattaforme sul fondo marino anche a distanze più elevate dalla costa rispetto agli altri Paesi: i parchi eolici tradizionali non possono infatti essere posati su fondali profondi più di 70 metri. Il mar adriatico rispetta esattamente questi limiti anche a ditanze rilevanti: maggiore è lo spazio dalla costa minore è l’impatto ambientale, il quale è sicuramente inferiore a quello registrato su installazioni onshore. Oltre a questo le installazioni offshore permettono di sfruttare maggiore potenza eolica disponibile ed aumenta quindi l’efficienza sugli impanti.

E’ possibile procedere al posizionamento di impianti anche su fondali più profondi (fino a 700 metri) con le nuove tecnologie dei piloni galleggianti ancorati con cavi di acciaio ma i costi aumentano e l’affidabilità di una nuova tecnologia cosi innovativa è ancora tutta da dimostrare nel lungo periodo.

La variabilità degli impianti offshore è ancora elevata ma l’energia pulita che ne deriverebbe potrebbe compensare molti potenziali rischi sull’ecosistema: compiere scelte sulle strategie di approvvigionamento significa decidere la sostenibilità economica a lungo termine. Considerato il lavoro compiuto in questi anni, le prospettive per abbattere ancora di più l’impatto ambientale sono concrete. Discorso analogo per la tecnologia applicata alle turbine: dal 2009 si è aumentata la prodondità di uso di quasi 10 metri. Questo permetterà di sfruttare venti più forti e costanti presenti al largo delle coste, ottimizzando il rapporto costi/ricavi.

Ogni fonte produttiva ha i lati positivi e negativi: petrolio o nucleare impattano in modo devastante sull’ambiente, basti a pensare alla fauna e alla flora distrutta nei disastri petroliferi.

Grazie ai passi da gigante compiuti dalla tecnologia, oggi è possibile scegliere: una centrale nucleare da 1000 MW produce la stessa energia di 8 parchi eolici. E allora cosa fare? A voi dire qual è il male minore.


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L'autore

Alessandro Bruzzi

Esperto di tariffe, collabora con le principali fonti di informazione italiane come Il Sole 24 Ore e Repubblica nei settori di telefonia, energia e finanza. Rivolge l'attenzione al rinnovabile e alle energie ecosostenibili.


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