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Incentivi rinnovabile sbagliati, tutto da rifare

Incentivi all’italiana, troppi svantaggi

Gli incentivi alle energie rinnovabili, pensati così come sono oggi, rischiano di diventare un “boomerang” per le famiglie. Ecco la situazione europea

Scritto da il 16 febbraio 2011 alle 13:00 | 5 Commenti

Incentivi all’italiana, troppi svantaggi

Alessandro Ortis, ormai ex presidente dell’Autorità per l’Energia e il Gas, si appresta a lasciare l’incarico sollevando un polverone sulle tematiche più controverse riguardanti i prezzi del mercato energetico. Il tutto mentre continuano a emergere nuovi aspetti polemici sugli incentivi, che ora, secondo fonti del Corriere Economia, risulterebbero fino all’80 per cento più alti della media europea.

“Così non si può andare avanti”: un ultimatum più che un memorandum quello lanciato dal presidente uscente: il compito scottante dovrà essere assolto, al più presto, dal nuovo incaricato Guido Bortoni. Gli incentivi alle energie rinnovabili, pensati così come sono oggi, rischiano di diventare un “boomerang” per le famiglie che vedono crescere la bolletta per l’energia elettrica in modo non allineato al prezzo della materia prima.

Tutta colpa del sistema di finanziamento delle energie rinnovabili: gli oneri scaricati in bolletta sono smisurati, oltre 3,4 miliardi di euro nel 2010 con una crescita di quasi il 150% rispetto all’anno precedente.Sono stati conclusi nel 2010 circa 55.000 impianti per una potenza pari a 4.000 MW con la conseguenza che la potenza complessiva degli impianti installati potrebbe essere parari a circa 7.000 MW su oltre 200.000 impianti: una volta a regime, gli incentivi riconosciuti alla produzione di tali impianti comporteranno un onere sulla componente A3 non inferiore a 3 miliardi di euro ogni anno per 20 anni.

Ma non è tutto. Il sussidio totale alle fonti rinnovabili e assimilate, il Cip6 (costato agli italiani in 20 anni circa 23 miliardi di euro) tra fotovoltaico e certificati verdi arriverà a costare addirittura 5,7 miliardi nel 2011: una stangata senza precedenti che porta al costo più alto in tutto il mondo. Non è possibile quindi avvertire il beneficio della leggera riduzione delle tariffe grazie ad un’apertura del mercato energetico a causa di un sempre maggiore crescente onere nelle voci di sistema.

L’Italia deve riformare, senza possibili scappatoie, i meccanismi degli incentivi per l’energia rinnovabile perchè il sistema attuale non è sostenibile nel tempo, troppo inefficiente e costoso. Ad arrivare alle stesse considerazioni anche Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel. Conti giudica in modo favorevole anche un nuovo decreto del governo dove viene proposto di ricorrere alle aste per assegnare i permessi sugli impianti di energia rinnovabile più grandi di 5 megawatt. Forse un po troppo in conflitto di interessi, per tutelare la nuova creatura green EGN (Enel Green Power) del colosso energetico.

La questione va però risolta: gli incentivi, troppo generosi, hanno distorto il mercato con la conseguenza che l’attuale sistema ha prodotto un’offerta che supera di gran lunga la domanda. Non bisogna nascondere che il governo italiano sta disegnando una proposta di legge che meglio regoli gli incentivi dell’energia pulita. Secondo il sottosegretario Stefano Saglia, le nuove norme elimineranno l’attuale sistema dei certificati verdi, sostituendoli con un modello di tariffe di alimentazione per i piccoli produttori di energia rinnovabile e le aste per i grandi produttori. Secondo le stime di Enel introducendo il nuovo meccanismo di aste la competizione dovrebbe aumentare, a tutto beneficio di un minor costo dell’energia per i clienti finali.

Attualmente i piani dell’Italia non prevedono un drammatico taglio negli incentivi sull’energia pulita, preferendo una graduale riduzione che aiuterà i consumatori senza danneggiare il business. E’ però necessario intervenire tempestivamente e riformare i certificati verdi con nuovi meccanismi che garantiscano stabilità regolatoria sul lungo periodo.

Un caso simile si sta verificando ora in Spagna, tra le maggiori produttrici di energia rinnovabile: la pioggia e il vento nel 2010 hanno soddisfatto, attraverso idroelettrico, vento e solare, il 35% della domanda Spagnola. L’eolico è cresciuto del 18,5% nel 2010 e ora soddisfa circa il 50% del totale rinnovabile, con la previsione di Luis Atienza (amministratore delegato della rete elettrica Spagnola) di sorpassare il nucleare in 3 anni: a novembre 2010 l’energia eolica ha raggiunto il picco di produzione soddisfando il 43% della domanda.

Una crescita partita in ritardo, analoga al caso italiano che però porta insieme a questi grandi risultati anche scompensi gravissimi a livello economico e finanziario per il sistema Paese. La Spagna si trova infatti in grave crisi e sta discutendo per la revisione dei sussudi pagati alle centrali solari-termiche e anche a quelle eoliche, per limitare il costo dell’energia ai consumatori. Il governo spagnolo ha lanciato un nuovo insieme normativo che riduce del 45% i sussidi alle tariffe per l’energia solare su impianti a terra, uccidendo cosi i futuri investimenti nel mercato. Già nel 2010 sono stati cancellati numerosi progetti a causa del contesto regolatorio incerto che ha causato il mancato investimento delle banche nel settore.

L’industria è cosi frustrata che ha citato in giudizio il governo della Spagna, sostenendo che il nuovo regolamento è troppo duro e anche incostituzionale perchè il taglio delle tariffe sarà applicato a entrambi i progetti, sia nuovi che già esistenti e quindi le aziende potrebbero trovarsi nella condizione di effettuare pagamenti retroattivi. Uno studio recente ha mostrato che la Spagna potrà perdere 4,9 miliardi di € entro il 2020, pari a 40.000 posti di lavoro a causa della nuova legge.

Ma il problema potrebbe essere confinato al solare: il costo totale spagnolo supera quello italiano e i sussidi rinnovabili pesano nelle casse pubbliche per oltre 6 miliardi di euro: di questi circa 3 miliardi sono andati al settore dell’energia solare che soddisfa solo il 2% del fabbisogno di potenza della Spagna. La decisione spagnola di rallentare lo sviluppo fotovoltaico deriva anche dalla capacità installata attuale che è intorno ai 4000 MW, con un target per il 2020 di 8700 MW. Le denunce dell’associazione nazionale Spagnola per il rinnovabile sono quindi un po’ affrettate poiché già nel 2010 il 39% dell’energia arriva da fonti rinnovabili contro un obiettivo 2020 del 47%.

La nuova normativa introdotta farà diminuire del 5% le tariffe sulle piccole installazioni e del 25% i grandi impianti fotovoltaici: non è ancora ora di progetti ad ampio raggio per una tecnologia in totale evoluzione con costi inevitabilmente destinati a ridursi notevolmente nei prossimi anni. L’assurdità regolamentativa del nostro Paese produrrà nuovi disastri se non cambiati a breve periodo: già perché tutte le società estere si dirigeranno verso mercati più proficui, Italia in primis beneficiando di incentivi non sostenibili entro un lasso tempo sempre più stringente. Il rischio è reale e molto vicino: approssimativamente il 50% delle imprese spagnole sta già lavorando in Paesi nei quali viene garantita una crescita maggiore come Italia, Repubblica Ceca, Francia e U.S.A.

L’Italia deve evitare con ogni mezzo di arrivare ad un punto di non ritorno, dal quale l’unico rimedio rimasto rimane una legge retroattiva per la diminuzione degli incentivi. Si perderebbe la già poca credibilità rimasta, per un sistema economico in piena crisi affannoso di nuovo ossigeno per sperare di potersi agganciare all’ultimo vagone del treno di ripresa.

Le leggi non potranno correggere gli sbagli: è necessario, imparando dall’insegnamento di Spagna e Repubblica Ceca, intervenire subito prima di lasciare degenerare la situazione. Nell’ultima conferenza a Bruxelles, il commissario europeo per l’energia Günter Oettinger ha rifiutato di supportare il taglio retroattivo degli incentivi rinnovabili, nonstante siano stati capiti e ritenuti necessari.

I parlamenti di Spagna e Repubblica Ceca hanno già discusso le modifiche con effetto retroattivo, al fine di alleviare i bilanci pubblici ma il parere dell’UE è in completo disaccordo. Il riferimento è diretto al caso spagnolo, dove il Congresso ha approvato il regio decreto legge 14/2010 che istituisce una riduzione del numero di ore di produzione di energia solare che hanno diritto alle feed-in tariff. Sovvenzioni troppo generose che hanno incoraggiato investimenti aldilà di costi non ragionevolmente efficienti. I Paesi più sbilanciati che ora pensano a sistemi addirittura retroattivi non potranno che far peggiorare la situazione.

Il primo più grande passo è stimolare la domanda che conseguentemente permetterà una riduzione consistente e veloce dei costi, consentendo inoltre una diminuzione degli incentivi tagliando senza penalizzare. Questa la strategia da Berlino che ha ridotto nell’ultimo anno le tariffe del 15% senza provocare squilibri di mercato. Tagli che potrebbero però non bastare visto che negli ultimi mesi Norbert Roettgen, ministro per l’ambiente tedesco, ha annunciato che la Germania potrà non garantire che esistano regole sulle feed-in tariffs per l’energia solare dopo il 2012: sintomo di una crepa anche nel sistema più solido europeo sono le stime di tagli che nei prossimi 6 mesi arriveranno fino ad ulteriore 25%.

Il più grave sintomo di un crollo è della regina europea, economica ed energetica, che arranca a causa di un’industria dopata dai propri governanti.

Ma la nota positiva del doping riguarda il costo delle componenti: la Germania, che rappresenta all’incirca metà del totale globale del mercato solare, ha stimolato, più di tutte, una produzione massiva e una conseguente diminuzione dei prezzi di produzione: i produttori cercano di mantenere i margini a fronte di una rapida caduta dei prezzi prevista nei prossimi mesi e anni ma guadagni precedenti e sviluppi in efficienza potranno sostenere il mercato, depauperato dall’aiuto statale.

L’industria, consapevole degli equilibri economici, spera di ridurre i costi in modo che non saranno più necessari incentivi a partire dal 2017. Ma non si può restare fermi 6 anni e i soldi dei contribuenti stanno finendo.


Commenti

Ci sono 5 commenti.

  • Francesco DeFranceschi
    scrive il 18 febbraio 2011 alle ore 11:45

    Considerando quel che serve e quel che fa l'autorità dell'energia, a mio avviso si otterrebbe un grande risparmio eliminandola. Risparmio dato sia dal suo costo vivo che non è piccolo, ma molto molto maggiore è il costo che procura il suo esistere di ente inutile! Dopodichè prendiamo pure in esame gli incentivi alle rinnovabili, ma a quel punto sarebbe onesto considerare i molti ritorni che questi danno e non ultimo, sarebbe interessante rispolverare la storia degli introiti forniti dalla componente A3 sulla bolletta Enel, fin dalla sua imposizione.

  • Alessandro Bruzzi
    scrive il 18 febbraio 2011 alle ore 12:46

    Gentile Francesco, ogni ente italiano produce purtroppo un costo elevato e dovrebbero essere sicuramente ottimizzati a livello di personale e mansioni. Gli organi di controllo e vigilanza sono indispensabili per la tutela del mercato: tuttavia l'AEEG si ritrova ad avere un ambito discrezionale molto limitato e dovrebbe essere sicuramente ampliato, affinchè il senso di un organo così importante possa trovare espressione nelle decisioni. La storia degli introiti derivati dagli incentivi non è così trasparente, dal suo debutto. E ritengo assurdo che parte di queste imposizioni sia stata retrocessa ad Enel per la compensazione derivante dalle perdite subite con l'apertura del mercato.

  • Alessandro Tartoni
    scrive il 01 marzo 2011 alle ore 17:38

    Caro Bruzzi, perché non dice nulla del disegno di legge che limiterebbe la potenza da energia solare in Italia a nemmeno un sesto di quella in Germania, e tutto per finanziare con le bollette elettriche il nucleare, che, quello si, costerà tantissimo perché l'uranio è in rapidissimo esaurimento e la Francia per procurarselo in Africa ha causato quasi sei (6) milioni (milioni) di morti. Oppure queste sono cose secondarie per lei???

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L'autore

Alessandro Bruzzi

Esperto di tariffe, collabora con le principali fonti di informazione italiane come Il Sole 24 Ore e Repubblica nei settori di telefonia, energia e finanza. Rivolge l'attenzione al rinnovabile e alle energie ecosostenibili.


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