immobili
Stop al costruire è ora di riqualificare
E’ ora di fermare le nuove edificazioni e puntare sulla riqualificazione, edilizia, energetica e urbanistica del patrimonio abitativo
“Basta costruire”. Il grido d’allarme non arriva dagli ambientalisti ma dal Cresme, il think tank per eccellenza del settore edilizio, per il quale bisogna cambiare rotta e puntare sul riqualificare il patrimonio abitativo.
“La crisi economica, gli obiettivi europei da raggiungere entro il 2020, un deciso calo delle nuove costruzioni, il bisogno di risparmio delle famiglie e quello di far ripartire lo sviluppo impongono una svolta: quella di risistemare, riqualificare l’esistente e farlo velocemente. – così si espresso Francesco Toso del Cresme, a Sassuolo durante convegno ‘Scenari internazionali per l’edilizia sostenibile e la rigenerazione urbana in chiave green’, nell’ambito del Festival green economy di distretto promosso da Confindustria ceramiche”.
“Il mercato delle costruzioni, in Italia e in Europa è saturo. Oggi il nuovo, in Italia, conta per il 49;4%, mentre il rinnovo dell’esistente pesa per il 50,6%. Lo scivolone dei redditi, il credit crunch, la domanda immobiliare debole privilegia due soli fattori: la selezione e la qualitá. Il che significa case meno energivore, e significa capire che questa è l’era della gestione e dell’ottimizzazione”, ha concluso Toso.
Secondo il Cresme si dovrebbe ridurre il consumo di 1,5 megatep nel terziario, e scendere di 2,7 megatep nelle abitazioni, cosa che potrebbe sviluppare 56 miliardi di investimenti in dieci anni, visto che nel Bel Paese il 55,4% degli edifici ha piú di 40 anni e che nel 2020, se non si fa nulla, si arriverá all’80% e non solo.
Oggi 2,5 milioni di edifici sono in uno stato pessimo o mediocre e quindi 30 milioni di abitazioni necessitano una riqualifica. E della necessità di rivedere il modello di sviluppo edilizio in Italia ha parlato anche Carlo Ratti, architetto, docente al Politecnico di Torino e al Mit (Massachusetts institute of technology) di Boston.
“L’Italia si deve chiedere se vuole diventare una grande periferia. – ha detto Ratti – Costruire e consumare territorio, senza che il bisogno abitativo vada di pari passo, porta ad abbandonare le zone ‘vecchie’, che diventano come periferie degradate, col valore degli immobili che cala. Ecco una ragione in piú, oltre quella della sostenibilitá, per ripensare l’uso e il consumo del territorio. Anche perchè, pure a livello economico, la riqualificazione dell’esistente può portare sviluppo economico”.
Le premesse, quindi, per dare una svolta a 360 gradi al mercato dell’edilizia ci sono, sarà intressante vedere se questa cultura innovativa dell’edilizia arriverà sia alle imprese, sia ai decisori politici che in molti casi ci sembrano ancora orientati su una logica che appartiene al passato: costruire sempre e comunque e a ogni costo.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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Massimo B.
scrive il 07 novembre 2012 alle ore 10:26
Belle parole e onorevoli intenti! Ma avete provato a scontrarvi con le normativa sismica nel caso di ristrutturazioni? Avete notato, o toccato con mano, che lo strutturista è in notevole difficoltà ad effettuare anche i piu` semplici interventi sull'esistente? In centro storico poi, gli interventi localizzati sono impossibili da realizzare, provate a fare un "miglioramento" in un appartamento di un maggior fabbricato condominiale, chi è del mestiere capirà cosa intendo dire.
Khelik
scrive il 11 marzo 2015 alle ore 18:39
Nonostante i nove anni di vita, l’Ospedale Versilia riesce a mearennte una discreta capacite0 a sostenere la reingegnerizzazione di alcune attivite0 che impattano in maniera importante e prevalente sui servizi diagnostici. Questo conferma che le scelte strutturali dei nuovi ospedali devono tenere in debito conto l’evoluzione della tecnologia tanto in campo diagnostico che terapeutico. Naturalmente il discorso vale principalmente per l’Ospedale, dove si presume che resti concentrata l’alta tecnologia specialistica, a fronte della tendenza alla deospedalizzazione fino addirittura a domiciliarizzare la tecnologia minore. Per fortuna la forte domanda di energia legata all’implementazione dell’alta tecnologia diagnostica viene compensata dalla contemporanea introduzione di tecnologie robotizzate e miniaturizzazione di macchinari e strumenti a minore impatto energetico. Non si deve infine trascurare la domanda di energia necessaria per il mantenimento di condizioni microclimatiche favorevoli negli ambienti ospedalieri. +14