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Le vie maestre del costruire sostenibile | Tekneco

Le vie maestre del costruire sostenibile

Cominciano a delinearsi i fenomeni dominanti, in un settore ancora molto giovane

Scritto da il 10 maggio 2011 alle 11:00 | 1 commento

Le vie maestre del costruire sostenibile

Cominciano a delinearsi i fenomeni dominanti, in un settore ancora molto giovane

Le tecniche e i materiali da costruzione meno impattanti sull’ambiente; le tecnologie per ottimizzare i consumi; le soluzioni per ridurre al minimo le dispersioni di calore. La competizione caratterizza tutti gli ambiti di sviluppo della bioedilizia: il mercato è ancora troppo giovane per designare i vincitori, ma qualche linea di tendenza comincia a delinearsi.

Il modello olistico
Innanzitutto c’è l’approccio di fondo alla costruzione. “Per fare davvero bioedilizia occorre considerare il fabbricato come un unicum architettonico, non più suddiviso in sottosistemi chiusi”, spiega Carmine Prinzo, responsabile area tecnica de La Ducale, società di sviluppo immobiliare del gruppo Tecnocasa. “Questo comporta un modo di costruire che consideri la compartecipazione e l’interazione di tutti gli aspetti che compongono sia l’edificio stesso, sia gli impianti”. Prinzo fa qualche esempio per rendere più chiaro il concetto che si fa affermando nel mercato di una bioedilizia “olistica”: “L’uso delle risorse naturali nella climatizzazione di un ambiente è un tema che non coinvolge solo impianti di ultima generazione che sfruttano fonti energetiche rinnovabili, ma si concretizza anche tramite una serie di accorgimenti costruttivi come la corretta esposizione solare, lo sfruttamento di correnti d’aria che permettono un naturale raffrescamento estivo e l’uso attento della luce naturale: tutti fattori che concorrono alla riduzione dei consumi e all’incremento del comfort abitativo”.

Tra i materiali domina il legno
Sul fronte dei materiali, a dominare la scena finora è stato il legno, grazie alla combinazione tra la sua diffusa disponibilità in natura (che lo rende una fonte di produzione rinnovabile, sempre a patto che il prelievo sia compatibile con la capacità di autorigenerazione del bosco), e alle caratteristiche intrinseche, considerato che è l’unico materiale da costruzione che respira, garantisce assenza di ponti termici e rischi di condensa. Negli Stati Uniti la tipologia che si sta affermando maggiormente è il bambù, che ha costi di produzione contenuti, è leggero, ha un’elevata resistenza (è più duro del 30% rispetto alla quercia, anche perchè la sua coltivazione non richiede l’impiego di concimi e agenti e possiede proprietà antibatteriche. Oltre al fatto che si rigenera rapidamente (fino a 60 centimetri al giorno). Tuttavia, proprio la crescente domanda proveniente dall’Occidente ha fatto crescere negli ultimi anni il costo della materia prima, proveniente in gran parte dalla Cina. Inoltre, l’importazione cozza con il principio del “chilometro zero” (o quanto meno del “corto raggio”) che dovrebbe contraddistinguere la bioedilizia.
Per Angelisa Tormena, coordinatrice del Metadistretto veneto della Bioedilizia, in questo campo non sarà possibile definire un vincitore rispetto agli altri: “Il fatto che il legno sia oggi ampiamente utilizzato nella bioedilizia non preclude lo sviluppo di altri materiali. Anzi, si può dire che molti di quelli comune-parassitari) mente utilizzati nell’edilizia possono essere considerati sostenibili se rispettano determinati parametri –penso ad esempio alla calce-, così come il legno non lo è se ad esempio viene verniciato”. Considerazioni che hanno spinto il Metadistretto a mettere a punto un disciplinare per identificare ciò che davvero può definirsi sostenibile in ambito edilizio, attribuendo particolari coefficienti ai prodotti, così come alle modalità di lavorazione, alla quantità primaria di energia impiegata e all’attitudine al recupero e al riciclo”. Secondo Tormena, l’ambito dei materiali vedrà uno sviluppo parallelo di diverse soluzioni, “con la prevalenza di alcune sulle altre dovuto anche alle peculiarità delle singole aree”.

Dispositivi intelligenti per regolare i consumi domestici

Schema del dispositivo domotico BTicino

Della domotica si parla da anni: le novità rispetto al passato sono date dalla maggiore precisione nella misurazione dei risparmi ottenuti in bolletta e dalla sua integrazione con la bioedilizia. “La massima resa si ottiene con sistemi progettati in fase di progetta- zione, ottimizzando quindi l’installazione in base alle caratteristiche dell’immobile in toto e dei singoli ambienti in particolare”, spiega Davide Zanzi, responsabile marketing operativo domotica di Bticino, “ma i progressi in questo campo consentono di ottenere risparmi consistenti anche sul costruito, ad esempio modulando in maniera differente le temperature delle diverse stanze, in funzione del grado di irraggiamento naturale e integrandolo con l’eventuale presenza di un impianto fotovoltaico o solare termico”. Il risultato ottenibile da un sistema centralizzato e modulabile è stimabile in un -30% di costo in bolletta, a fronte di una spesa difficilmente stimabile per schemi precostituiti: “Il consiglio è di richiedere un sopralluogo da parte di un installatore”, suggerisce Zanzi, “con il quale effettuare un’analisti di costi e benefici in virtù dell’esperienza pregressa”.

Il gel isolante "spaziale"

Il gel che garantisce isolamento termico
Come detto, un approccio globale al tema della bioedilizia non può prescindere da una razionalizzazione dei consumi, con il duplice obiettivo di ridurre l’impatto sull’ambiente e alleggerire il conto in bolletta. A cominciare dall’isolamento termico: il nodo fondamentale sono le dispersioni che gli edifici tradizionali hanno tra pareti, infissi, pavimento e tetto. “Buona parte delle ultime innovazioni su questo fronte arriva da materiali ideati per la ricerca spaziale e poi adattati all’edilizia”, spiega Patricia Ferro, responsabile formazione del Kyoto Club, che cita l’esempio dell’aerogel, utilizzato nelle navicelle spaziali per isolare: “Si tratta di un materiale con una conducibilità termica molto contenuta (0,014, il 33% in meno del miglior poliuretano), grazie alla presenza di microsfere che imbrigliano l’aria”, aggiunge l’esperta. “Questo consente di ottenere un adeguato isolamento dell’edificio utilizzando meno materiale e pertanto risparmiando anche in termini di trasporto, un fattore che ha un peso rilevante nell’impatto ambientale durante la costruzione”.
Finora la diffusione dell’aerogel è stata frenata dal costo di questo materiale, che negli ultimi tempi si è ridotto, anche se il suo impiego resta limitato in attesa di una diffusione su larga scala che contribuisca ad abbattere il prezzo. “L’utilizzo di un materiale cosi perfor- mante si giustifica soprattutto in occasione di ristrutturazioni di un certo rilievo, come edifici storici, dove la presenza di modanature o lavorazioni in facciata in bassorilievo non permettono di applicare un sistema a cappotto”.
“In questi casi, il solo rifacimento dell’intonaco esterno, interponendo prima uno strato di aerogel, potrebbe sicuramente ridurre il fabbisogno di energia per la climatizzazione”, aggiunge Ferro. “Inoltre, lo stesso materiale utilizzato anche come un sistema a cappotto interno assicura buoni livelli d’isolamento termico con piccoli spessori, senza dover diminuire la superficie calpestabile dell’immobile”.


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L'autore

Luigi Dell'Olio

Luigi dell'Olio, giornalista pugliese free-lance, vive a Milano, dove si occupa di temi legati all'economia, alla tecnologia e alle energie rinnovabili.


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