Tekneco #13 – Illuminotecnica
L’illuminazione che cambia
L’evoluzione dell’illuminazione, oltre ad avere sostituito le lampadine a incandescenza con le più sostenibili lampade a Led, apre la strada anche a nuovi modi di progettare gli ambienti
Nell’immediato dopoguerra l’elettrificazione domestica arrivò anche nei paesi più isolati della Valle d’Aosta e in uno di questi, Chamois, a 1.850 metri d’altezza per meno di 200 anime, raggiungibile solo a piedi, ma ancora oggi senza auto visto che è collegato al fondovalle con una funivia, l’illuminazione domestica era una prerogativa in un certo senso “divina”.
L’elettricista, infatti, era il parroco che completava l’opera dei tecnici della compagnia di distribuzione, realizzando un impianto elettrico composto da una presa, un interruttore e una lampadina, il tutto collegato con il classico filo elettrico ritorto in tessuto, fissato ai muri con gli isolatori ceramici. E così negli anni ‘50 arrivava la luce artificiale anche nelle zone rurali di un’Italia piegata dal conflitto, consentendo attività serali che hanno contribuito non poco alla ripresa del Belpaese. Di elettroni ne sono passati dall’epoca nei fili elettrici e oggi l’illuminotecnica non è più un’opinione degli impiantisti – magari improvvisati come il buon parroco – ma segue delle direttive ben precise che si sono consolidate negli ultimi anni, mentre è sempre più presente sia da parte degli enti pubblici, sia dai privati l’esigenza del risparmio energetico anche sul fronte dell’illuminazione.
L’evoluzione tecnologica dei sistemi d’illuminazione è stata accelerata negli ultimi anni con il passaggio, ormai concluso, dalle lampadine a incandescenza a quelle compatte fluorescenti (Lfc), che consentono un risparmio energetico di circa il 75%, hanno una durata di circa dieci volte rispetto a quelle a incandescenza, ma hanno anche una serie di svantaggi.
Il primo è quello dello smaltimento a fine vita che non può essere fatto mettendole con il vetro, poiché sono dei Raee a tutti gli effetti, e anche perché contengono una piccola quantità di mercurio: in media tra uno e cinque milligrammi, quantità che secondo l’Epa, l’Agenzia di protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti, è tra le due e le dieci volte inferiore al mercurio immesso nell’ambiente per produrre l’elettricità necessaria ad alimentare una lampadina a filamento equivalente. L’altro problema è quello legato alla durata in relazione ai cicli di accensione e spegnimento. Le lampade Lfc in commercio hanno una durata compresa tra i 3.000 e i 6.000 cicli, che sono dichiarati in etichetta, e ciò in un ambiente come quello domestico, dove accensione e spegnimento sono frequenti, può fare la differenza. In una stanza dove si aziona l’interruttore dieci volte al giorno, la vita della Lfc può ridursi a un anno o due, rispetto a quella standard che è di dieci anni.
Tsunami di luce
La vera tecnologia di rottura sul fronte dell’illuminazione che si sta presentando già oggi sul mercato è quella dei Led, che promettono consumi ancora più bassi delle Lfc e si stanno affermando sempre più, con prestazioni elevate che non sono solo energetiche. Trattandosi di sistemi elettronici allo stato solido, infatti, i Led possono consentire una gestione del tutto nuova sul fronte dell’illuminazione. Dimensioni, potenza luminosa, modulazione delle tonalità di luce e bassi consumi sono alcune delle caratteristiche che renderanno i Led non solo in grado di “aggredire” il mercato dell’illuminazione, ma di introdurvi delle nuove peculiarità che porteranno a utilizzi innovativi in tutti i campi dove è necessaria l’illuminazione.
Un altro aspetto che è legato ai progressi tecnologici delle fonti luminose è quello dello sviluppo della riflessione “teorica” sull’illuminazione da parte degli architetti e più in generale dei progettisti. Se da un lato, infatti, le regole della bioedilizia mettono al primo posto l’utilizzo dell’illuminazione naturale in quanto fonte luminosa “rinnovabile” per eccellenza, che però alcune volte si può scontrare con un aumento dei consumi per la climatizzazione, come nel caso delle ampie superfici vetrate, dall’altro lato l’illuminazione artificiale è necessaria o a integrazione di quella naturale, specialmente in ambienti di lavoro, oppure durante le ore notturne.
Bisogna considerare il fatto, inoltre, che nello studio dell’illuminazione naturale si considera la luce che proviene dalla volta celeste, a meno di non utilizzare accorgimenti particolari, perché quella diretta del sole viene considerata una fonte di disturbo, visto che nella maggior parte dei casi provoca abbagliamento. La luce considerata migliore e più gradevole, anche oggi, è quella che Jan Veermer ha utilizzato nel 1659 per il suo famoso quadro della lattaia, nel quale la luce arriva da quella che oggi i fotografi chiamano in gergo “una finestra esposta a nord”, dalla quale entra esclusivamente luce diffusa, modulando così sia i rilievi degli oggetti, sia le cromaticità, il tutto senza un contrasto eccessivo.
Chiaro, quindi, che i progettisti siano particolarmente interessati a una gestione integrata e complessiva dell’illuminazione e che stiano emergendo delle professionalità specifiche come quelle dei “lighting designer” che si occupano all’interno del progetto architettonico di tutto ciò che riguarda le fonti di luce e gli ambienti da illuminare, anche se in Italia, a oggi, non abbiamo una legge specifica come, invece, succede in Francia, paese dove il calcolo illuminotecnico è necessario per avere le licenze edilizie.
Alcune regioni, come l’Emilia Romagna, hanno legiferato in proposito, ma alla carenza a livello nazionale ha supplito da quasi dieci anni una normativa europea, La norma EN 12464, per esempio, fissa alcuni punti fermi circa l’illuminazione artificiale negli interni. Nel dispositivo, infatti, si fa riferimento al valore di illuminamento medio “mantenuto”, all’abbagliamento da parte dei corpi illuminanti e alla resa cromatica delle lampade. Due anni fa lo standard è stato aggiornato alla versione EN 12464-1 che sostituirà la precedente man mano che si procederà alla ratifica della nuova versione da parte degli Stati membri dell’Unione europea. Per quanto riguarda gli esterni, c’è la norma europea EN-13201 che riguarda l’illuminazione stradale, la EN-12193 che definisce l’illuminazione negli impianti sportivi e la EN 12426 che norma le aree relative al lavoro notturno.
Usi creativi
Altro capitolo molto importante per il “Made in Italy” dell’illuminotecnica è l’illuminazione a scopo culturale, visto che il nostro patrimonio monumentale è uno dei migliori biglietti da visita, sia delle capacità progettuali, sia di quelle tecniche che possediamo in Italia. È ormai della fine del 1999 il restyling dell’illuminazione della Basilica di San Pietro a Roma, realizzato da Acea, che valse alla municipalizzata capitolina la vittoria per l’appalto dell’illuminazione della moschea di Tunisi, mentre, a oltre un decennio di distanza, non sono pochi i siti monumentali che hanno cambiato il proprio look notturno.
Questo è un settore dove ogni realizzazione è un’esperienza a sé e nel quale non è possibile fissare delle regole, poiché la creazione di volumi, cromatismi e rilievi con la luce sui monumenti sono frutto della professionalità e del gusto estetico dei progettisti e le poche norme e linee guida realizzate dagli enti locali si limitano a dare indicazioni come quelle di “non mandare i fasci luminosi fuori sagoma”. La Basilica di Superga a Torino e i Fori Imperiali a Roma sono solo due esempi di questo “nuovo” settore dell’illuminotecnica che rappresenta una sfida su più livelli.
Da un lato, infatti, è necessario che il risparmio energetico sia spinto al massimo, poiché i periodi d’accensione di questi monumenti sono lunghi, di solito dal tramonto alle due di notte, mentre dall’altro i sistemi devono essere robusti e affidabili nel tempo in quanto bisogna garantirne il funzionamento anche in presenza di agenti atmosferici avversi. A tutto ciò si deve aggiungere che, a causa dei vincoli, le soluzioni tecniche devono essere di alto livello. Sistemi d’illuminazione, cavidotti, componenti per il fissaggio, quadri elettrici e locali tecnici devono, inoltre, passare al vaglio delle Sovraintendenze alle Belle Arti, cosa che rappresenta una sfida sia per i produttori, sia per gli impiantisti.
E non è da sottovalutare, infine, il settore contiguo all’illuminazione dei monumenti che è quello dell’utilizzo della luce nella decorazione delle città che, anche se si deve fare i conti con i bilanci in rosso delle amministrazioni comunali, sarà sicuramente sviluppato, poiché i nostri centri storici illuminati secondo metodologie innovative possono aumentare il proprio appeal turistico. E anche in questo settore sta arrivando il “ciclone” rappresentato dai Led. Alcuni progettisti, infatti, stanno realizzando illuminazioni dinamiche, sia dal punto di vista cromatico, sia sotto il profilo dell’accensione e dello spegnimento dei punti luce, che con i Led possono essere migliaia, creando delle vere e proprie installazioni d’arte sull’arte, come è successo un paio d’anni fa con il Gazometro di Roma, Sovraintendenza permettendo, naturalmente.
Luce sul mercato
Per quanto riguarda il mercato dell’illuminotecnica, il 2012 è stato un anno con luci e ombre. Lo scorso anno ha visto per il comparto un più 0,5%, con una crescita del 5% per l’export, cosa che ha compensato il calo del 10% che si è registrato sul mercato interno. I Led hanno un trend di crescita consolidato nel settore dell’architettura tecnica e si stanno diffondendo anche nel residenziale.
A livello mondiale, infatti, secondo un rapporto di McKinsey, i Led hanno ora il 7% del mercato, ma si prevede una crescita a due cifre che dovrebbe portarli a oltre il 43% nel 2016, visti anche i continui miglioramenti tecnologici e prestazionali accompagnati da una costante diminuzione dei prezzi, fattori questi che li renderanno sempre più appetibili per una gamma d’applicazioni sempre più vasta. Le aziende produttive italiane, per quanto riguarda i Led, possiedono, secondo l’associazione di settore Assil, una buona padronanza della tecnologia produttiva che però è in continua evoluzione e necessita un investimento costante in ricerca e sviluppo per stare al passo con la concorrenza.
Anche per questo motivo i produttori nostrani si stanno dotando, come del resto molti altri player a livello mondiale, sia di reparti per la progettazione, sia di macchine utensili per il montaggio, internalizzando molte lavorazioni. Per quanto riguarda le dinamiche tra aziende, continua un certo interesse alle operazioni di M&A (Merger and Acquisition) da parte delle multinazionali con acquisizioni, mentre è abbastanza raro il fenomeno delle fusioni tra aziende in un quadro come quello nostrano che continua a essere caratterizzato da una dimensione medio-piccola delle aziende e da una frammentarietà del panorama imprenditoriale, cosa che alla lunga potrebbe rivelarsi un handicap per quanto riguarda l’export, e c’è da chiedersi cosa succederà in futuro alle aziende italiane per quanto riguarda i prossimi passaggi tecnologici.
Oltre allo sviluppo dei Led, che tutto sommato è una tecnologia “semplice” per la quale è necessario sia un serio processo di standardizzazione, sia un affinamento tecnologico produttivo ai fini di aumentarne la produttività, la prossima sfida del settore dell’illuminotecnica si chiama Smart City. La “lampadina” del futuro, infatti, dovrà essere, oltre che duratura e a basso consumo, anche intelligente. Al Led, oltre a chiedere di cambiare colore e intensità luminosa, sarà richiesto di accendersi e spegnersi a orari programmati, magari dialogando con lo smartphone attraverso la rete Wi-Fi, oppure di attivare funzioni su input degli elettrodomestici, ragione per cui sarà necessaria un’elettronica di controllo, magari integrata nel punto luce.
Senza contare gli studi che si stanno facendo sulla trasmissione di informazioni attraverso la luce, applicazione che ha già un nome Li-Fi (Light Fidelity) e per la quale servirà una tecnologia caratterizzata da un’elettronica sofisticata e dedicata, segmento sul quale in Italia non siamo eccessivamente in ritardo, se pensiamo a poli come la STMicroelectronics. Si tratta di tecnologie, però, alle quali troppo spesso le Pmi italiane non riescono ad accedere per motivi di costi, che se sono quasi irrisori per le multinazionali, diventano ostacoli quasi insormontabili per le aziende di piccole e medie dimensioni.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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