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Le materie dell’innovazione | Tekneco

Tekneco #12 – Costruire sostenibile

Le materie dell’innovazione

Le nostre case sono costruite con materiali impensabili fino a due decenni fa. L’innovazione passa per tecniche e soluzioni più sostenibili ed economiche

Scritto da il 06 agosto 2013 alle 8:30 | 0 commenti

Le materie dell’innovazione

Spesso l’edilizia è considerata uno dei settori più tradizionali e scarsamente innovativi della nostra economia. Si tratta di un luogo comune difficile da smentire. Dopotutto nell’immaginario collettivo le abitazioni si realizzano con gli stessi materiali da decenni e sono pochi gli utenti finali in grado di percepire le differenze, nell’immediato, tra un’abitazione realizzata con sistemi e materiali innovativi e una fatta con quelli tradizionali. Ma non è così.

Il “sistema” abitazione, perché di questo parliamo, dagli anni Ottanta a oggi ha fatto passi da gigante sia sul fronte dei materiali, sia sotto al profilo dei sistemi installati all’interno delle case, spesso, però, in maniera poco organica e disorganizzata. I sistemi energetici installati all’interno delle abitazioni, sia attivi, sia passivi, ne sono un esempio. Spesso l’efficientamento energetico del costruito procede in “ordine sparso” sia per lo stratificarsi degli interventi che molte volte sono dilazionati nel tempo a causa dei problemi di liquidità delle famiglie, sia per l’intervento di diversi professionisti, ognuno specializzato nel proprio campo, che non tengono conto l’uno del lavoro dell’altro.

Per non parlare dell’incompletezza e parzialità dei sistemi impiantistici che ancora oggi non dialogano tra di loro. É difficile, per esempio, trovare sul mercato italiano lavatrici che consentano il carico d’acqua calda dalla caldaia a metano, cosa che consente un risparmio fino al 70% rispetto all’utilizzo dell’energia elettrica per riscaldare l’acqua, mentre nella totalità delle cucine abbiamo un frigorifero che riscalda l’ambiente interno e un condizionatore che lo raffredda a sua volta con un doppio spreco d’energia. Eppure soluzioni come quelle di porre il dissipatore di calore del frigorifero all’esterno dell’edificio esistono e sono utilizzate nella refrigerazione commerciale da parecchi decenni.

Se l’impiantistica di base, quindi, ha ancora oggi un’arretratezza nei fatti, le tecnologie passive, ossia quelle relative all’efficienza energetica lo sono ancora di più nella loro applicazione, poiché l’installazione spesso avviene in una fase di “scarso controllo” come quella di cantiere, e il loro lavoro è in un certo senso oscuro, poco visibile e difficilmente percepibile da parte dell’utente finale, se non nel tempo. Si tratta, però, di una logica che lentamente sta cambiando, poiché il bisogno dei benefici della nuove tecnologie, specialmente dal punto di vista energetico, sta spingendo l’innovazione nei processi produttivi e prestazionali, nonché a ricasco nelle metodologie di cantiere.

In linea di massima, i materiali innovativi in edilizia non rappresentano un salto tecnologico, come il transistor nell’elettronica, ma molto spesso sono spinti da un alto tasso di finalizzazione dei materiali esistenti, che, attraverso delle modifiche chimiche e fisiche, acquisiscono caratteristiche innovative, offrono prestazioni più avanzate e anche utilizzi molto diversi dalla cosiddetta “base di partenza” dei materiali.

L’edilizia d’oggi, sotto a questo profilo, utilizza sempre più spesso materiali e tecniche che sono derivate da altri settori, come, per esempio, l’industria automobilistica, l’informatica, la logistica, l’aerospaziale che sono i settori trainanti dell’innovazione e i cui materiali, una volta messi a punto per gli utilizzi specifici, possono uscire dalla nicchia e diventare competitivi una volta raggiunta una buona scala di produzione. Questa dinamica è dovuta al fatto che l’innovazione in edilizia segue delle logiche che sono legate al mercato dell’edilizia stessa, nel quale il ricambio del “prodotto immobile” è molto più lento rispetto ad altri settori, cosa che porta come conseguenza un tasso di penetrazione delle innovazioni sul mercato più lento che può essere calcolato in decenni, anziché in anni.

La penetrazione della domotica, per esempio, non riesce a stare al passo con l’innovazione che la stessa sta realizzando. L’entrata sul mercato dei sistemi Wi-Fi, per esempio, sta rapidamente sostituendo la generazione precedente di dispositivi basati sul bus, senza che questi si siano potuti affermare a pieno sul mercato. A ciò bisogna aggiungere che la filiera delle realizzazioni in edilizia è estremamente conservatrice e che spesso l’innovazione passa anche e soprattutto attraverso il ricambio generazionale sia degli operatori, come progettisti, impiantisti e così via, sia dei consumatori. Oggi però sembra che le cose stiano cambiando a causa della bolletta energetica che, essendo in costante crescita, sta sensibilizzando l’utente finale in direzione di una maggiore efficienza, anche se d’altra parte bisogna tenere conto del fatto che oggi abbiamo una sempre maggiore scarsità di liquidità da parte delle famiglie, cosa che impedisce investimenti in un settore come quello dell’efficienza energetica che possono garantire un ritorno in pochi anni e un guadagno per alcuni decenni.

Con queste dinamiche appare chiaro il fatto che nel settore dell’edilizia l’innovazione possieda dinamiche del tutto diverse rispetto a quelle di altri campi, come per esempio quelli delle telecomunicazioni e dell’auto, ma a ciò bisogna aggiungere il fatto che una volta raggiunto un certo grado di maturità commerciale, un’innovazione nel mondo delle abitazioni diventa uno standard di riferimento, o quasi, e consente una buona stabilità sul fronte della produzione da parte delle aziende. Nella nuova edilizia residenziale, per esempio, è in crescita la domanda di qualità. «Oggi il 53% delle nuove abitazioni è in classe A e B. – ha affermato recentemente Paolo Buzzetti, Presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili – Solo due anni fa eravamo al 21% e questo salto è dovuto essenzialmente alla richiesta di una maggiore qualità da parte del mercato».

Sbocchi di mercato a parte, l’innovazione in edilizia, che come abbiamo visto non vede dei veri e propri salti tecnologici netti, ma procede per miglioramenti lineari, anche quando parliamo di metodologie costruttive radicalmente differenti da quelle usuali, come quella del legno lamellare che affrontiamo a parte nelle pagine seguenti, possiede dinamiche nelle quali si agisce con una serie d’interventi su un singolo prodotto anche a livello atomico, modificandone le proprietà a seconda dei risultati che si vogliono ottenere.

In questa maniera, per esempio, si può mutuare un materiale e la relativa tecnologia realizzativa da un settore a un altro. Intervenire sulla composizione atomica di specifiche famiglie di prodotti, come quelli metallici, polimerici e ceramici, consente la realizzazione di materiali dalle caratteristiche nuove e innovative, specialmente se si utilizzano tecniche nanometriche, mentre l’accoppiamento di materiali a livello dimensionale più alto consente il raggiungimento di caratteristiche migliori, come, per esempio, il livello d’isolamento.

In linea di massima i materiali innovativi si dividono in due macrocategorie: quelli a prestazioni fisse e quelli che sono in grado di “rispondere” alle variazioni delle condizioni d’utilizzo. Nella prima categoria ricadono tutti i materiali le cui prestazioni sono fissate a livello di fabbrica e che offrono risultati costanti come, per esempio, gli isolanti, le resine con proprietà particolari, i materiali antiusura, quelli fotocatalitici e autopulenti. Nella seconda si trovano materiali che potremmo chiamare attivi e che rappresentano la frontiera più avanzata dell’innovazione, come quelli a cambiamento di fase e quelli che possiedono una memoria di forma. Si tratta, è bene specificarlo, di materiali la cui capacità di reazione non dipende dalla presenza di un sistema di controllo, ma dalle caratteristiche intrinseche. Rientrano in questa categoria anche i materiali attivi energeticamente che consentono lo scambio o la produzione d’energia, come i pannelli fotovoltaici organici di cui parliamo più avanti in questo stesso numero.

L’innovazione tocca anche il fronte delle ceramiche nel quale si sta lavorando per avere delle proprietà aggiuntive per superarne i limiti, dovuti alla fragilità e alle difficoltà di lavorazione. Basti pensare, per fare un esempio, che il disastro al rientro dello Shuttle Columbia nel 2003 fu dovuto al distacco di una piccola parte del rivestimento protettivo costituito da una speciale ceramica carbonio-carbonio, dovuto all’urto di alcune schiume isolanti distaccatesi dal serbatoio dell’idrogeno durante il decollo.

Poiché il settore delle ceramiche, alle quali appartengono anche vetri e calcestruzzi, rappresenta i materiali più utilizzati, è chiaro che vi sia un grande fiorire delle ricerche. L’aggiunta di fibre di varia natura all’interno dei calcestruzzi, per esempio, consente di cambiarne alcune caratteristiche. L’utilizzo dei polimeri permette di aumentarne la resistenza alla flessione, mentre l’aggiunta di fibre di carbonio consente il monitoraggio della struttura per via elettrica. Per quanto riguarda i vetri, invece, si può parlare di superfici vetrate intelligenti, vista la quantità di cose che possono fare. Oggi è possibile realizzare vetri che variano la trasmittanza in funzione di un input elettrico, altri che mutano l’aspetto in base all’esposizione a una fonte luminosa, magari di una determinata frequenza, mentre altri sono sensibili alla temperatura.

E ancora, l’utilizzo dei cristalli liquidi, sviluppati in primo luogo per il settore informatico, consente di variare la trasparenza in base alla tensione elettrica applicata. Non è difficile immaginare che in un prossimo futuro potremmo avere delle superfici vetrate in grado di rispondere autonomamente a stimoli esterni anche complessi, in base ai cambiamenti delle condizioni esterne e che non necessiteranno di sistemi di controllo e alimentazione poiché saranno in grado di generare l’elettricità necessaria per il loro funzionamento in maniera autonoma, grazie al fotovoltaico organico incorporato nelle stesse.

I materiali a base di polimeri sono oggetto di studi e ricerche che provengono dai settori più disparati e vedono un vero fiorire di nuovi prodotti, per gli utilizzi più disparati. Tessuti resistenti, membrane, schiume particolari sono solo alcuni dei prodotti che stanno prendendo piede in edilizia, sia per motivi prestazionali, sia per la semplificazione della posa in opera che consentono. La loro diffusione, però, ha posto alcuni interrogativi sul fronte ambientale e, vista la loro derivazione dalle risorse fossili, se ne mette in dubbio la sostenibilità, nonostante alcuni prodotti offrano delle prestazioni sul fronte energetico di tutto rispetto. Per questi motivi esistono molte linee di ricerca dedicate ai polimeri biodegradabili che sono in grado d’avere un ciclo di vita (Lca) accettabile sul fronte della sostenibilità ambientale.

Incroci, ibridazioni e miscelazioni sono in realtà le linee di ricerca che i ricercatori stanno perseguendo grazie alle possibilità offerte dalle micro e nanotecnologie che sempre più spesso escono dai laboratori di ricerca per approdare molto rapidamente alle linee di produzione industriali. Lo sviluppo e la sperimentazione dei processi industriali realizzati per l’informatica e le rinnovabili, per esempio, si stanno diffondendo in molti settori, tra i quali quello dell’edilizia, ma uno dei problemi irrisolti nel nostro Paese è quello dell’accesso alla ricerca applicata da parte del nostro sistema industriale, fatto per gran parte da piccole e medie imprese, che troppo spesso non riescono a fare massa critica per accedere alla ricerca, mentre dall’altra parte viviamo il paradosso di un mondo della ricerca vitale, fatto ormai per la maggior parte da una nuova generazione di ricercatori che oltre ai flussi molecolari sono abituati a maneggiare anche quelli economici e che non riesce a intercettare la domanda d’innovazione delle imprese.

Sintomo di ciò sono la bassa quantità di spin off universitari e il calo costante di iscritti presso facoltà come Scienze dei materiali, proprio in un momento in cui gli utilizzi dei materiali innovativi stanno esplodendo in tutte le applicazioni, anche quelle apparentemente più semplici. Eppure, mettere in contatto il mondo della ricerca e quello delle imprese sarebbe una di quelle “riforme low cost” che la politica potrebbe realizzare molto rapidamente e rappresenterebbe un vero atto di politica industriale, rivolto al futuro sia delle aziende, sia dei giovani e di tutto il Paese.

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L'autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.


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