il caso
Volkswagen, lo scandalo riapre il dibattito sul futuro dei trasporti
La manomissione dei dati sulle emissioni, ammessa dal produttore tedesco, potrebbe non essere un caso isolato. Il caso riaccende i dubbi sulla crescente diffusione delle vetture diesel
La principale notizia che campeggia in questi giorni sulle prime pagine dei giornali, una volta tanto, ha a che fare con i temi ambientali, anche se non certo per un motivo positivo. Stiamo parlando, naturalmente, dello scandalo che ha colpito la casa produttrice di automobili tedesca Volkswagen, messa sotto accusa da parte dell’agenzia federale americana per la protezione dell’ambiente (Epa) per aver truccato i test per le emissioni di sostanze inquinanti di alcuni dei suoi veicoli a diesel venduti tra il 2009 e il 2015, tramite l’utilizzo di un software fraudolento capace di abbassare i valori in occasione controlli. L’azienda tedesca, che ha dovuto ammettere le sue responsabilità, sta pagando cara la vicenda, tanto che è stato annunciato un maxi accantonamento da 6,5 miliardi per fronteggiare i danni economici derivanti dall’inchiesta, ma la multa del Governo Usa potrebbe arrivare a pesare per 18 miliardi.
Sul caso si è mosso, anche se con leggero ritardo, il Governo italiano. Con una lettera indirizzata all’amministratore delegato e direttore generale di Volkswagen Group Italia Massimo Nordio, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha chiesto informazioni sulle vetture vendute nel mercato italiano “Ho appreso con preoccupazione le risultanze delle indagini – scrive Galletti – e le chiedo di volermi fornire elementi oggettivi che nelle autovetture commercializzate in Italia non siano stati installati accorgimenti tecnici analoghi volti ad alterare i dati emissivi da test rispetto alla realtà”. Il ministro ha fatto riferimento alla possibilità – qualora necessario – di bloccare anche sul mercato nazionale la vendita delle auto diesel Volkswagen.
Il punto è che lo scandalo in cui è incappato il costruttore tedesco potrebbe allargarsi anche ad altre case automobilistiche, nonostante la smentita di rito dell’associazione europea dei costruttori. Il sistema di controllo delle emissioni delle vetture, a cui i produttori devono sottoporsi per via delle sempre più restrittive normative ambientali in vigore nei Paesi occidentali, sembra infatti avere più di una falla. Inoltre, il caso ha riaperto l’attenzione sulla crescente diffusione delle macchine diesel: in Europa, secondo i dati di Transport & Environment, più della metà delle nuove auto sono a diesel. Sui 10 milioni di auto diesel vendute complessivamente lo scorso anno, 7,5 milioni sono stati acquistati in Europa. Dal 2009, anno in cui secondo l’accusa Volkswagen iniziò a manipolare i suoi test, sono stati venduti in Europa oltre 40 milioni di auto diesel, un sesto di tutte le auto attualmente in circolazione.
Forse un po’ troppe, vista le alternative disponibili, a cominciare dalla trazione elettrica. “In Italia, le immatricolazioni diesel annuali nell’ultimo periodo hanno sempre superato quelle a benzina – ha commentato Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente -. Il miglioramento delle performance dei motori non sempre ha portato anche ai risultati attesi in termini di miglioramento della qualità dell’aria. I dati sul miglioramento dei motori e sulla riduzione di fattori di emissione per alcuni inquinanti introdotti dalle direttive vanno, infatti, comunque incrociati con l’incremento notevole di veicoli diesel e di grossa cilindrata degli ultimi anni. La vera tutela della salute, dell’ambiente e del clima passa attraverso politiche di mobilità che, potenziando seriamente il trasporto pubblico, consentano di ridurre il numero di auto circolanti”.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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