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Rifiuti: in Italia troppi si perdono per strada invece di prendere la via del riciclo
Quanto è circolare l'economia italiana? Se ne discute al Forum Rifiuti
L’economia circolare è una strada obbligata per uscire dalla crisi economica ed ambientale: questo è oramai un dato acquisito sia nel Belpaese che in Europa. Quanto, però, l’Italia sia al passo coi tempi e con le aspettative europee è un dato che troppo spesso si trascura. Dal 21 al 23 giugno si tiene a Roma il Forum Rifiuti, un importante appuntamento annuale utile ad analizzare trend, presentare le best practice e focalizzare l’attenzione su cosa manca, all’Italia e a molte singole amministrazioni locali, per fare il salto di qualità.
Il rapporto ‘Materia rinnovata. Quanto è circolare l’economia: l’Italia alla sfida dei dati’ presentato al Forum mette in evidenza come, sebbene l’economia circolare dei rifiuti prodotti possa potenzialmente valere un +7% del PIL in Europa, in Italia, su quasi il 90% dei rifiuti prodotti, si hanno informazioni poco chiare o contrastanti. “In alcuni settori produttivi non ci sono dati sulla destinazione degli scarti, in molti altri i conti non tornano. L’attendibilità delle cifre diventa sfuggente a causa di autocertificazioni, deroghe, rischi di doppio conteggio” spiega il dossier che continua evidenziando come poco si sappia “soprattutto del destino dei circa 130 milioni di tonnellate di materiali che fuoriescono da aziende e altri settori produttivi”. Un fenomeno che contrasta invece con l’attenzione posta sui rifiuti urbani.
Per quanto riguarda i 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti ogni anno, la raccolta differenziata si attesta a una percentuale appena superiore al 40%, a dispetto dell’obiettivo fissato per legge al 65% con grandi differenze tra città e città. La gran parte del riciclo avviene attraverso i consorzi e i ‘sistemi collettivi’, sostenuti dai produttori delle materie che poi vengono raccolte. Tali realtà esistono, tuttavia, solo per alcune tipologie di rifiuti: le più diffuse e strutturate sono le raccolte di imballaggi, pneumatici, RAEE, olii minerali e vegetali, batterie, frazione organica dei rifiuti urbani. A essere assenti o di difficile accesso sono, in particolare, i dati di alcune classi di rifiuti. In tale ambito – rileva lo Short Report – finisce per annidarsi anche un’economia illegale: “in quel ‘resto’ c’è la possibilità, a livello europeo, di risparmi di ben 600 miliardi di euro per i settori produttivi, di 580 mila nuovi posti di lavoro, di un taglio del 2-4 % delle emissioni serra.
Tra i comparti su cui vi sarebbe molto da fare, sulla base del report, ne spiccano due in particolare: quello del riciclo della frazione organica non urbana dei rifiuti e l’enorme mole prodotta dall’edilizia.
Rifiuti organici
“Oggi si recupera il 43% della frazione organica dei rifiuti urbani trasformandola in un milione e mezzo di tonnellate di compost. Tuttavia ci sono milioni di tonnellate di scarti prodotti dal sistema agroalimentare, una delle eccellenze del paese, che sfuggono ai radar perché non compaiono nei dati aggregati delle statistiche” come sottolinea lo studio.
Una migliore gestione dei flussi della frazione organica avrebbe conseguenze importantissime per la produzione di materia prima seconda per il comparto della chimica verde che vede l’Italia giocare un ruolo di primo piano a livello europeo e che rappresenta la parte tecnologicamente più avanzata della bioeconomia: una componente della circular economy che per l’Europa vale da sola 2 mila miliardi di euro e che ha una formidabile prospettiva di crescita. Secondo le previsioni Ocse, nel 2030 il 35% dei prodotti chimici e dei materiali deriverà da fonti rinnovabili.
Rifiuti da costruzione e demolizione
Il comparto ‘costruzione e demolizione’ vale circa un terzo dei rifiuti speciali che in Europa “pesano” – è proprio il caso di dirlo – 820 milioni di tonnellate. In Italia, secondo dati Eurostat per il 2012, il settore produce 53 milioni di tonnellate ogni anno e più del 70% dei rifiuti viene riciclato. Numeri che, presi da soli, sembrano positivi, ma cosa avviene se li confrontiamo con l’Europa? I Paesi Bassi, con un quarto della nostra popolazione, registrano 81 milioni di tonnellate da costruzione e demolizione, la Germania 197 milioni, la Francia 247 milioni, il Belgio 24 milioni, la Gran Bretagna 100 milioni. “In Italia abbiamo un movimento pro capite di materiali in edilizia 6 volte inferiore a quello dei Paesi Bassi o, invece, siamo meno interessati al recupero?” chiede lo Short Report Materia Rinnovata. In realtà, secondo Legambiente, basterebbe effettivamente arrivare al 70% di riciclo dei materiali di recupero (nel 2008 era fermo al 10%) per ottenere molti benefici: primo tra tutti, la chiusura di almeno 100 cave di ghiaia e sabbia e ovviamente la creazione di una economia circolare a km zero con benefici per tutti dall’ambiente al mondo del lavoro.
Numeri e trend che monitoreremo di anno in anno con Tekneco.
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L'autore
Letizia Palmisano
Giornalista dal 2009, esperta di tematiche ambientali e “green” e social media manager. Collabora con alcune delle principali testate eco e scrive sul suo blog letiziapalmisano.it. È consulente sulla comunicazione 2.0 di aziende ed eventi green e docente di social media marketing. In 3 aggettivi: ecologista, netizen e locavora (quando si può).
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