Vacanze sostenibili
Neve e impianti: quanto è green la settimana bianca?
Da anni si studia l’impatto delle attività sciistiche. Il risultato è decisamente negativo, e non solo per gli enormi gli sprechi di acqua ed energia
Photo: www.nuovocadore.it
Quando si parla di vacanze a Natale le mete più richieste sono due, decisamente antitetiche: la neve e i mari caldi; questi ultimi si trovano ben lontani dalle nostre latitudini, e quindi il viaggio, da fare necessariamente in aereo, è già in partenza ad alto impatto sia per l’ambiente che per il portafogli.
La neve è invece più a portata di mano, dal nord al sud della Penisola. Spesso però le vacanze invernali non sono ecosostenibili, in particolare le settimane bianche. Sono infatti notevoli gli impatti causati dall’attività sciistica e l’indotto collegato: intanto quelli evidenti sul paesaggio, dovuti alle piste, agli impianti di risalita e alle opere edili per l’innevamento; inoltre la produzione di neve artificiale richiede enormi quantità di energia e di acqua.
La maggior parte delle piste da sci, ossia il 70% dei 4.700 chilometri di piste, usa neve artificiale, soprattutto nel primo mese di apertura impianti. Per molti impianti sciistici, infatti, non si può più contare sui 30 centimetri minimi per avere una pista da sci in buone condizioni.
Secondo i dati del Club alpino italiano, per ogni ettaro di pista innevata artificialmente si sprecano circa 4.000 metri cubi di acqua e si ha un consumo energetico di 25.000 kWh, per una spesa di 136.000 euro. Se si moltiplicano i dati per l’estensione di tutte le piste del versante italiano delle Alpi, si arriva alla cifra di 95 milioni di metri cubi all’anno, equivalente al consumo domestico di una città di 1,5 milioni di abitanti. Il fabbisogno elettrico ammonta a 600 GWh, pari al consumo annuo di circa 520.000 persone.
Inoltre il danno causato dalla neve artificiale è legato anche alla riduzione e frammentazione della biodiversità (azione fertilizzante, riduzione della biodiversità e ibridazioni dovute all’uso di sementi non autoctone per l’erba delle piste, disturbo da rumore e inquinamento luminoso, serbatoi possibili trappole per anfibi), con gravi conseguenze sulla sopravvivenza della fauna ad alta quota.
La neve sparata con i cannoni è infatti più pesante di quella naturale, riduce la capacità di isolamento del suolo, favorisce il congelamento del manto erboso e può anche inquinare il terreno per via degli additivi impiegati. A ciò vanno aggiunti i danni indiretti, relativi ad opere edili e servizi per i turisti, la speculazione edilizia (seconde case, ecc.), il traffico e così via.
Da tempo si stanno studiando questi impatti, e in alcune località si stanno organizzando delle contromisure per rendere la vacanza sulla neve un autentico ritorno alla natura e non un’aggressione.
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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