ambiente ed energia
Lo shale gas smuove anche l’Italia
Mentre l’Enea entra a far parte del programma di ricerca UE sul gas da scisto, in Parlamento c’è stato un botta e risposta tra Governo e 5 Stelle sul tema
Photo: kobiecanka / Pixabay
Lo shale gas è un tema destinato a far parlare molto nel prossimo futuro. Ma già al presente è un tema caldo, non solo nel Regno Unito ma anche in Italia.
È proprio di questi giorni l’entrata dell’Enea al programma di ricerca sul gas da scisto dell’Eera (European Energy Research Alliance). Il joint programme sullo shale gas di Eera riunisce 26 partner provenienti da 15 Stati membri dell’Unione Europea. Come fa sapere la stessa Agenzia nazionale, esso intende creare una piattaforma di ricerca sul potenziale, sull’impatto e sulla sicurezza delle attività di esplorazione e produzione di gas da scisto in Europa. «Le tecnologie e le metodologie esistenti saranno valutate e migliorate per stabilire una base di conoscenze indipendente a livello europeo».
L’Enea fornirà il proprio contributo sviluppando sistemi innovativi per le prospezioni geologiche e per le analisi di laboratorio necessarie a identificare e classificare le riserve di shale gas, oltre a realizzare lo studio dell’impatto ambientale e delle emissioni di gas serra associate alle pratiche di esplorazione e produzione.
Nel frattempo il tema ha accesso la discussione in Parlamento: il sottosegretario allo Sviluppo economico, Simona Vicari, ha ribadito la posizione contraria del Governo all’utilizzo della tecnica del fracking in Italia. Occasione dell’intervento è la risposta, in commissione Attività produttive di Montecitorio, a un’interrogazione del deputato Davide Crippa (M5S) in cui chiedeva conto al governo delle possibili connessioni tra le attività di fratturazione idraulica e i terremoti in Italia, soprattutto in Emilia Romagna.
Oltre a evidenziare che la produzione di shale gas è esclusa dalla Strategia energetica nazionale né che esistano in Italia giacimenti di petrolio o gas di scisto di rilevanza commerciale, Vicari ha affermato che non ci sarebbe nessuna connessione tra le attività legate alle concessioni di sfruttamento di idrocarburi di Mirandola (con incluso il campo di Cavone), Spilamberto e Recovato, nel campo geotermico di Casaglia (Ferrara) e nel giacimento di stoccaggio di gas naturale di Minerbio, e l’attività sismica che si è verificata in Emilia Romagna nel 2012. A conferma ci sono i dati dell’International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region, detta Commissione ICHESE. Nelle conclusioni di tale studio si legge che: «La Commissione ritiene altamente improbabile che le attività di sfruttamento di idrocarburi a Mirandola e di fluidi geotermici a Casaglia possano aver prodotto una variazione di sforzo sufficiente a generare un evento sismico “indotto”. L’attuale stato delle conoscenze e l’interpretazione di tutte le informazioni raccolte ed elaborate non permettono di escludere, ma neanche di provare, la possibilità che le azioni inerenti lo sfruttamento di idrocarburi nella concessione di Mirandola possano aver contribuito a “innescare” l’attività sismica del 2012 in Emilia».
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L'autore
Andrea Ballocchi
Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.
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