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Ambiente

La Shell risarcisce i pescatori nigeriani

Dopo tre anni di causa, raggiunto un accordo: il colosso petrolifero pagherà 70 milioni di euro e bonificherà l’area contaminata dai due disastri del 2008

Scritto da il 09 gennaio 2015 alle 9:00 | 0 commenti

La Shell risarcisce i pescatori nigeriani

Il colosso petrolifero anglo-olandese Royal Dutch Shell ha accettato di pagare 55 milioni di sterline (70 milioni di euro) per il disastro ambientale causato da due sversamenti avvenuti in Nigeria tra il 2008 e il 2009. Dopo tre anni di contenzioso nelle corti di giustizia britanniche, la Shell ha infine siglato un accordo che prevede un risarcimento di 2.200 sterline (2.800 euro, pari a circa tre anni di salario minimo in Nigeria) a ciascuno dei 15.600 pescatori della cittadina di Bodo che hanno intentato il giudizio, mentre il resto della somma andrà alla comunità locale nel suo complesso, che da anni sopporta i danni causati dal disastro e le sue ricadute non solo ambientali ma anche economiche, sociali e sanitarie. Secondo un report di Amnesty International, che si è schierata da subito al fianco delle vittime, gli abitanti di Bodo hanno manifestato mal di testa e problemi agli occhi e a livello economico i pescatori hanno dovuto inventare altre fonti di reddito, mentre una risorsa alimentare primaria veniva letteralmente distrutta insieme all’acqua contaminata. Migliaia di ettari di foreste di mangrovie sono stati devastati dall’inquinamento conseguente agli incidenti. La vicenda risale a oltre sette anni fa. Il 28 agosto 2008 una falla nell’oleodotto Trans-Niger provocò una grande fuoriuscita di petrolio nella zona di Bodo, durata almeno quattro settimane. La Shell ammise la fuoriuscita di 1.640 barili di petrolio. Secondo una stima indipendente, tuttavia, si trattava dell’equivalente di 4.000 barili al giorno. Il danno venne riparato il 7 novembre. Un mese dopo, il 7 dicembre, si verificò una seconda fuga di greggio, sempre a causa delle cattive condizioni dell’oleodotto (come risulta da documenti della stessa multinazionale). Venne segnalata alla Shell il 9 dicembre e fermata solo 10 settimane dopo. Dopo aver cercato a lungo di ottenere la bonifica e un adeguato risarcimento da parte della Shell, nel 2010 la comunità di Bodo ha deciso di cercare giustizia per vie legali. “Il mancato intervento immediato per fermare le fuoriuscite e bonificare la zona inquinata a Bodo ha devastato la vita di decine di migliaia di persone – dichiarò Aster van Kregten, ricercatrice di Amnesty International sulla Nigeria, in occasione della pubblicazione di uno dei report di Amnesty sull’incidente -. Bodo è un disastro che non avrebbe mai dovuto accadere”. Nel 2012 Amnesty International, ricorrendo a un’analisi indipendente dei filmati della prima fuoriuscita, stimò che solo in quel caso i barili di petrolio dispersi erano stati oltre 100.000. Durante l’azione legale, la Shell è stata costretta ad ammettere che i numeri che aveva fornito erano sbagliati e che aveva sottostimato l’effettiva entità delle due fuoriuscite. Sempre nel corso dell’azione legale, la Shell è stata anche costretta a rivelare di essere stata a conoscenza, almeno dal 2002, del fatto che la maggior parte dei suoi oleodotti era di vecchia costruzione e che alcune sezioni presentavano “grandi rischi e pericoli”. In un documento di quell’anno, la Shell sosteneva che l’ampia corrosione degli impianti rendeva necessaria un’immediata sostituzione. Una email interna del 2009 conferma che la Shell sapeva di rischiare le fuoriuscite nell’Ogoniland, lo stato dell’area di Bodo: “Gli oleodotti nell’Ogoniland non hanno manutenzione adeguata né una valutazione della loro integrità da oltre 15 anni”. Secondo il Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (Unep), tra il 1976 e il 2001 si sono registrate più di 6.800 fuoriuscite di petrolio, con una perdita approssimativa di tre milioni di barili. Molti esperti ritengono che si tratti di un dato molto inferiore al reale. Sempre l’Unep aveva verificato che l’inquinamento da petrolio, in corso da molti anni, ha causato una devastazione nell’Ogoniland cui potrà essere posto rimedio in più di 25 anni.La Shell ha anche accettato di bonificare l’area, a partire dai prossimi mesi.

 


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L'autore

Stefania Marra

Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.


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