Ambiente
Le aree protette salvano la biodiversità
Sull’efficacia delle zone di tutela ci sono da sempre opinioni contrastanti. Una ricerca offre le evidenze scientifiche del valore delle aree protette
Quasi il 12% della superficie terrestre mondiale è ad oggi a vario titolo classificato come area protetta (Ap). La designazione e la manutenzione delle aree protette sono generalmente considerate strategie globali fondamentali per affrontare il crescente pericolo di estinzione da cui moltissime specie naturali sono minacciate. Il territorio al di fuori di queste zone di salvaguardia è stato trasformato dalle attività umane; appare quindi logico pensare che una strategia di tutela di lungo periodo su determinate aree possa essere un mezzo efficace per conservare le sue caratteristiche di biodiversità.
Eppure l’istituzione di aree protette incontra spesso difficoltà di tipo politico, e la loro scarsa efficacia è stata anche supportata da alcuni studi scientifici. Ora un team di studiosi sudafricani, britannici e australiani, con la ricerca “Local Scale Comparisons of Biodiversity as a Test for Global Protected Area Ecological Performance: A Meta-Analysis”, pubblicata su PLosOne, ha dimostrato l’effettiva utilità delle aree protette.
Data l’impossibilità pratica di confrontare informazioni relative al territorio prima e dopo l’istituzione della protezione, a causa dell’estrema scarsità di dati storici, i ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sui tanti studi locali che indagano le differenze tra le caratteristiche dell’Ap e quelle del territorio limitrofo: «negli ultimi 30 anni molti studi di dimensioni ridotte hanno confrontato direttamente la biodiversità all’interno delle aree protette con quella delle zone circostanti – scrivono i ricercatori – il che fornisce una misura delle prestazioni ecologiche delle aree protette». Per questo motivo il team ha fatto una meta-analisi di 86 studi per verificare se le aree protette contengano valori di biodiversità più elevati rispetto alle zone circostanti, e quindi valutare il loro contributo alla determinazione dell’efficacia della aree protette. Hanno così scoperto che «in generale le aree protette hanno abbondanze elevate di singole specie, abbondanze superiori di insiemi e valori più elevati di ricchezza di specie rispetto ad utilizzi del territorio alterativi».
In conclusione, per quanto il meccanismo preciso che sottende queste scoperte non sia ancora stabilito in modo assoluto – si legge nella ricerca –, un segnale è chiaro: le aree protette hanno valori di biodiversità positivi comparati agli usi alternativi del territorio: “di conseguenza, i nostri risultati, insieme con le prove qualitative emerse, suggeriscono che in generale l’istituzione di Ap di per se possa portare un netto beneficio alla biodiversità”.
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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