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L'economia preferisce le aree protette

Aree protette

Quando l’economia preferisce le aree protette

È stato definito “effetto parco” e indica la maggior capacità di creare ricchezza da parte delle attività economiche situate dove la natura è tutelata

Scritto da il 07 ottobre 2014 alle 8:00 | 0 commenti

Quando l’economia preferisce le aree protette

Il valore delle aree protette è misurabile in termini non soltanto prettamente ecologici, ma anche economici. Quello che è stato definito “effetto parco” individua infatti una maggior capacità di creazione di ricchezza e benessere da parte delle imprese localizzate nelle aree soggette a tutela ambientale. Lo confermano i dati: tra il 2011 e il 2013, il valore aggiunto prodotto all’interno dei Parchi nazionali è diminuito “solo” dello 0,6%, mentre nel resto dell’Italia la variazione negativa è stata tre volte superiore (-1,8%). Di questa relazione tra aree protette e creazione di ricchezza si occupa il rapporto “L’economia reale nei parchi nazionali e nelle aree naturali protette”, realizzato dal ministero dell’Ambiente e da Unioncamere, che ha analizzato il valore aggiunto pro capite prodotto dalle imprese insediate nei Parchi nazionali italiani, nei siti della rete Natura 2000 e nelle aree marine protette. Anche per far conoscere meglio queste realtà, ministero dell’Ambiente e Unioncamere hanno messo a punto l’Atlante socio-economico delle aree protette italiane.

Questa capacità che il Rapporto riscontra in molti territori “verdi” è frutto di un mix di crescita economica, sostenibilità ambientale, produzioni di qualità, rispetto dei saperi e del benessere dei territori. Un modello di sviluppo nuovo che sembra esercitare un discreto richiamo sui giovani e sulle donne, che, in misura relativamente maggiore che nel resto del Paese, hanno scelto proprio le aree protette come sede della propria impresa. Anche in questo caso quella che però emerge è un’Italia a doppia velocità: mentre infatti l’effetto parco spinge la crescita della ricchezza di tante aree del Nord, nel Mezzogiorno non emerge ancora una decisa valorizzazione anche in termini economici.
Eppure è proprio il Sud a vantare quasi il 70% delle superfici a parco nazionale del nostro Paese (a fronte di un’estensione territoriale complessiva del 41%); un fenomeno che sul totale del territorio conta 506 comuni (il 6,3% degli 8.092 comuni italiani presenti al 31 dicembre 2013) e quasi 15.000 km2 di superficie (quasi il 5% dell’estensione del nostro paese), con una presenza in tutte le regioni tranne Friuli-Venezia Giulia e Sicilia.
“Coniugare la conservazione della natura e la crescita di un’economia che pone l’ambiente come cardine del suo sviluppo rappresenta un passo oggi quanto mai necessario – ha dichiarato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti -. La Green economy é un percorso già tracciato, che pone l’ambiente come valore fondante nella produzione del reddito; il rapporto va oltre, mettendo in luce numeri, cifre e storie in cui i parchi nazionali sono protagonisti di esperienze positive. Dalla loro valorizzazione può arrivare una svolta per la crescita del Paese”.


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L'autore

Stefania Marra

Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.


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