Ambiente
Il mondo nel 2050, inquinato da morire
Senza nuove politiche energetiche ed ambientali, l’inquinamento è destinato a diventare la prima causa di mortalità. Il rapporto dell'Ocse
Photo: jepoirrier
Come sarà il Pianeta nel 2050 dal punto di vista ambientale? A questa domanda ha provato a rispondere l’Organizzazione mondiale per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) con il rapporto “Environmental Outlook to 2050: The Consequences of Inaction” e lo scenario che ne viene fuori non è dei più rassicuranti.
Se i governi non prenderanno le giuste misure, dicono gli esperti, i danni saranno enormi e l’inquinamento arriverà ad essere la prima causa di morte prematura. Il rapporto ha preso in esame quattro settori, cambiamento climatico, biodiversità, risorse idriche e impatto dell’inquinamento sulla salute umana, che rappresentano le sfide chiave da affrontare per evitare il collasso.
Sulla base dell’attuale modello di sviluppo, che ha portato con sé inquinamento e sfruttamento delle risorse naturali, gli analisti dell’Ocse e quelli dell’Agenzia di valutazione ambientale dei Paesi Bassi (Pbl) hanno tracciato i potenziali impatti ambientali delle tendenze demografiche ed economiche dei prossimi 40 anni in assenza di adeguate politiche verdi.
Lo scenario
Entro il 2050 la popolazione mondiale dovrebbe aumentare di 2 miliardi arrivando a oltre 9 miliardi di abitanti, il 70% dei quali concentrati nei centri urbani. Con questi cambiamenti demografici e gli stili di vita più alti, l’economia mondiale dovrebbe quasi quadruplicare con una domanda crescente di energia e risorse naturali.
La domanda energetica, soprattutto delle economie emergenti come Brasile, Russia, India, Indonesia, Cina e Sudafrica (paesi Briics), aumenterà dell’80% rispetto ad oggi e quella proveniente da fonti fossili sarà ancora circa l’85% del mix energetico globale. La conseguenza più immediata sarà la crescita delle emissioni di gas serra del 50% e dell’inquinamento dell’aria. La concentrazione atmosferica di gas serra potrebbe raggiungere 685 parti per milione (ppm) entro il 2050.
Secondo le proiezioni, la temperatura media globale potrebbe quindi aumentare di 3 °C a 6 °C entro la fine del secolo, superando la soglia concordata a livello internazionale di 2 ° C, con conseguenze sulle precipitazioni, sullo scioglimento dei ghiacciai, sull’innalzamento del livello del mare e sugli eventi catastrofici. Con queste premesse, l’inquinamento atmosferico è destinato a diventare la prima causa di mortalità nel 2050, più della mancanza di servizi igienici e di acqua pulita. Il numero di decessi per esposizione ai particolati dovrebbe più che raddoppiare e toccare quota 3,6 milioni ogni anno, soprattutto in Cina e in India.
Secondo lo scenario di riferimento, la biodiversità, intesa come abbondanza media delle specie, continuerà a diminuire, in particolare in Asia, Europa e Sud Africa, scendendo ancora del 10% entro il 2050. La superficie delle foreste primarie potrebbe ridursi del 13%. Le cause della perdita del patrimonio naturale vedono al primo posto i cambiamenti climatici, seguiti dalla silvicoltura commerciale e in minore misura dalle colture bioenergetiche, si legge nel rapporto.
Anche la risorsa acqua appare minacciata dallo scenario al 2050 dell’Ocse. La domanda globale dovrebbe aumentare di circa il 55%, a causa della crescente richiesta delle manifatture (+400%), della generazione termica di elettricità (+140%) e dell’uso domestico (130%) che metterà a rischio l’uso di acqua in agricoltura. Inoltre, 2,3 miliardi di abitanti in più rispetto ad oggi dovrebbero vivere nelle zone dei bacini fluviali colpiti da gravi problemi di stress idrico, in particolare nel Nord e nel Sud dell’Africa e nel Sud e Centro dell’Asia.
Le soluzioni
I modi per preservare il Pianeta ci sono e vanno messi in pratica subito finché si è ancora in tempo, sostiene l’Ocse. Si tratta di adottare interventi e linee politiche che a lungo termine pagano sia dal punto di vista ambientale che economico. I costi che si sostengono oggi, infatti, sono comunque minimi rispetto a quelli potenziali derivanti dal non agire affatto. Per esempio, con un mercato globale del carbonio le emissioni di gas serra scenderebbe di circa il 70% nel 2050 rispetto allo scenario di riferimento.
Ciò rallenterebbe la crescita economica di circa 0,2 punti annui in media con un costo di circa il 5,5% del Pil globale, a fronte però del costo dell’inazione che potrebbe raggiungere una percentuale del 14% della media mondiale dei consumi pro capite. Il report raccomanda un mix di soluzioni: l’utilizzo di tasse ambientali e di schemi di emission trading per rendere l’inquinamento più costoso delle alternative sostenibili, valutare e assegnare un prezzo alle risorse naturali come l’aria pulita, l’acqua e la biodiversità, eliminare i sussidi dannosi per l’ambiente come quelli alle fonti fossili e ai sistemi inefficienti di irrigazione e favorire l’innovazione verde, per esempio innalzando il costo delle produzioni e dei consumi che inquinano e sostenendo le attività di ricerca e sviluppo.
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L'autore
Roberta Pizzolante
Giornalista pubblicista dal 2005 e scrive di scienza, ambiente, energia, diritti umani e questioni etiche e sociali. Salentina di nascita, romana d’adozione, è laureata in Sociologia e ha un master in “Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali” conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo e Sapere e collabora con Le Scienze, Mente & Cervello, Terre di Mezzo street Magazine.
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