proiezioni
Clima, non c’è più tempo da perdere
L’Ipcc ha pubblicato un documento con dati e proiezioni sui cambiamenti climatici, chiamando i governi a un impegno immediato per arginare gli impatti
Scioglimento dei ghiacci polari, acidificazione degli oceani, diminuzione dei raccolti, scarsità idrica, redistribuzione a livello globale degli ecosistemi. Sono alcuni degli impatti già visibili dei cambiamenti climatici. Ma la situazione è destinata a peggiorare in modo grave se non si riuscirà a produrre con energie rinnovabili almeno l’80 per cento delle necessità energetiche del mondo entro il 2050: le emissioni di CO2 devono calare tra il 40 e il 70 per cento entro il 2050, del 100 per cento entro fine secolo.
Lo ha affermato in modo deciso il documento pubblicato il 2 novembre dall’Ipcc, la conferenza intergovernativa sui cambiamenti climatici: una sorta di sintesi degli ultimi tre rapporti, pubblicati tra il 2013 e il 2014, che fa il punto della situazione esponendo con una gran mole di dati la situazione attuale ed esaminando gli ipotetici scenari di sviluppo.
Il nodo centrale è l’eliminazione dei combustibili fossili, da completarsi entro il 2100, passaggio fondamentale per riuscire a limitare per il secolo in corso l’aumento della temperatura entro i 2°C, soglia fissata nel 2009 dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc). In caso contrario, “le continue emissioni di gas serra causeranno un ulteriore riscaldamento e cambiamenti di lunga durata in tutte le componenti del sistema climatico, aumentando la possibilità di severe, pervasive e irreversibili conseguenze per l’umanità e per l’ecosistema”. Le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera sono ai massimi livelli raggiunti da negli ultimi 800.000 anni, denuncia il rapporto, che ha segnalato nuovamente che il periodo tra il 1983 e il 2012 è stato probabilmente il più caldo degli ultimi 1.400 anni.
La regione mediterranea viene individuata come quella più a rischio a causa dei molteplici fattori che vengono colpiti: turismo, agricoltura, attività forestali, infrastrutture, energia, salute della popolazione. I cambiamenti climatici possono introdurre disparità economiche all’interno dell’Europa favorendo regioni meno affette ed aggravando quelle più esposte, come quella mediterranea.
Per quanto riguarda il Vecchio continente, le proiezioni climatiche prevedono in aumento le temperature in tutte le regioni, come anche le precipitazioni nel Nord Europa, con invece una diminuzione significativa di piogge nel Sud, periodi di siccità, e un aumento di quei fenomeni estremi che stiamo imparando a conoscere, come le ondate di calore e le precipitazioni massicce. Previsti in aumento anche i rischi connessi alle inondazioni, che potrebbero essere mitigati dalle misure di adattamento ma in molto Paesi, tra cui l’Italia, non si è ancora fatto abbastanza.
Ci potrebbero essere impatti significativi sulla distribuzione di specie terrestri e marine di animali e piante, con movimenti di specie verso Nord e a quote più elevate. Ciò comporterebbe un rischio elevato di estinzione in presenza di barriere alla diffusione di specie, soprattutto in ambiente alpino.
«L’influenza umana sul sistema climatico è chiara – ha dichiarato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon -, dobbiamo agire rapidamente e in modo decisivo, e abbiamo i mezzi per limitare cambiamenti climatici e costruire un futuro migliore». Secondo il copresidente dell’Ipcc, Youba Sokona, «è possibile, a livello tecnico passare ad un’economia a basso livello di carbone. Ma quello che manca sono politiche e istituzioni appropriate per arrivarci. Più aspetteremo per prendere delle disposizioni, più l’adattamento ai cambiamenti climatici e l’attenuazione di questi effetti costeranno caro».
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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