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La rivoluzione intelligente | Tekneco

smart grid

La rivoluzione intelligente

Le reti elettriche intelligenti sono destinate a trasformare il sistema di trasmissione dell’energia, aprendo la porta al sogno di comunità territoriali autonome da un punto di vista energetico

Scritto da il 28 novembre 2014 alle 7:00 | 0 commenti

La rivoluzione intelligente

Tutti quanti abbiamo visto almeno una volta i tralicci della rete elettrica e, chi più chi meno, tutti abbiamo capito che servono a trasportare l’energia sino alle nostre case. Questa visione tradizionale della rete di distribuzione, sostanzialmente passiva, con l’energia che viaggia in una sola direzione, da poche grandi centrali di generazione a tanti piccoli punti di consumo dislocati presso gli utenti finali, è però destinata a essere superata, grazie all’avvento delle cosiddette smart grid. Di cui tanto si è parlato e ancora tanto si parlerà in futuro, non fosse altro per la terminologia inglese che alimenta sogni e anche qualche speranza di troppo. Innanzitutto, è bene chiarire che le smart grid più che con l’ambiente hanno a che fare con la tecnologia, ossia con linee, interruttori, trasformatori, flussi di potenze, elettronica, tanta informatica e comunicazione. Dunque temi scivolosi e per nulla semplici da spiegare al grande pubblico. Il concetto fondamentale da trasmettere è che lo sviluppo futuro delle smart grid (attualmente siamo ancora in una fase iniziale e sperimentale) dovrebbe permettere di superare la visione classica della rete elettrica, quella appunto dei cavi e dei tralicci che arrivano fino alla nostra presa della corrente. Non che questi elementi scompariranno, ovviamente, ma l’uso che se ne farà sarà diverso.

Come chiarisce infatti l’Enea, per smart grid si deve intendere una rete elettrica in grado di integrare intelligentemente le azioni di tutti gli utenti connessi (consumatori, produttori e prosumers) al fine di distribuire energia in modo efficiente, sostenibile, economicamente vantaggioso e sicuro. La smart grid utilizza, infatti, prodotti e servizi innovativi assieme a tecnologie intelligenti di monitoraggio, controllo, comunicazione e self-healing, al fine di facilitare la connessione e l’operatività di generatori elettrici eterogenei di qualunque dimensione e tecnologia, nonché fornire ai consumatori strumenti per contribuire a ottimizzare il funzionamento del sistema. In ultima analisi, naturalmente, le reti di nuova generazione possono ridurre significativamente l’impatto ambientale dell’intero sistema elettrico, ma non si tratta certo dell’obiettivo primario, come vedremo. In buona sostanza, le reti elettriche del futuro dovranno assomigliare a una sorta di “internet of Energy” in cui ogni sistema di micro generazione sia connesso in rete e in grado di comunicare e ricevere dati. Ogni casa, ogni utente potrebbe divenire sia consumatore che produttore di energia, in un mercato aperto sia ai grandi distributori che ai piccoli utenti. Ci sono ovviamente delle cause che spingono la rivoluzione delle smart grid e, perlomeno in Occidente, la più importante riguarda la crescita delle energie rinnovabili: negli ultimi anni il settore elettrico italiano (ma non solo) è stato caratterizzato dal rapido e ingente sviluppo della produzione elettrica da fonte rinnovabile, che ha raggiunto a fine 2013 il valore complessivo di 27 GW. Un boom che comporta – oltre a tanti benefici – anche dei contraccolpi per il sistema elettrico. Come scrive infatti Terna, il gestore della rete nazionale, “in presenza di grandi quantitativi di potenza prodotta sul sistema da impianti tipicamente non programmabili e in parte aleatori (eolico e fotovoltaico, ndr), in particolare nei momenti in cui il fabbisogno in potenza è piuttosto basso, risulta fondamentale poter disporre a pieno e in modo efficace di tutte le risorse di regolazione esistenti, tra le quali gli scambi con l’estero, gli impianti di accumulo e strumenti di controllo della stessa generazione da fonti rinnovabili rivestono un ruolo fondamentale per garantire l’equilibrio istantaneo di immissioni e prelievi. Si evidenziano, inoltre, fenomeni associati a rischi di frequenti congestioni e sovraccarichi su sezioni critiche della rete di trasmissione a livello zonale e locale, la cui entità e diffusione dipenderà anche dall’ulteriore sviluppo atteso nel breve-medio periodo della generazione rinnovabile, in particolare sui sistemi interconnessi ai livelli di tensione inferiori”. Oltre all’aumento della diffusione delle energie rinnovabili intermittenti, ci sono, però, anche altri fattori che spingono verso le smart grid. Già oggi, invece di limitarsi a servire determinate regioni, le reti vengono sempre più spesso impiegate come canali per il commercio di elettricità su distanze sempre più lunghe. E con la spinta dell’Ue verso un mercato europeo dell’energia sempre più interconnesso, questa spinta non potrà che aumentare. Non essendo però state concepite per rispondere a tali esigenze, le reti tradizionali non sono in grado di offrire prestazioni soddisfacenti a lungo termine. Altra esigenza è quella del contenimento dei costi: in una rete elettrica tradizionale, i picchi nei consumi in determinati orari del giorno vengono parzialmente soddisfatti sfruttando centrali elettriche mantenute appositamente in stand-by.

Un simile approccio è tanto dispendioso quanto inefficiente, proprio come avviene quando si guida in città, dove la serie ripetuta di fermate e partenze fa consumare più carburante rispetto a un tragitto su lunga distanza a velocità costante. In una rete elettrica intelligente, invece, la condivisione di dati tra utenti e fornitori può consentire una ripartizione dell’utilizzo di energia elettrica su un periodo più lungo, abbattendo i picchi della domanda e riducendo il numero di centrali elettriche necessarie per soddisfare la richiesta. Insomma, i numerosi cambiamenti nel sistema elettrico stanno rendendo imprescindibile l’evoluzione delle reti di trasmissione in ottica smart.

Questo cambiamento sarà possibile grazie a una serie di tecnologie cardine: l’applicazione di nuovi criteri di progettazione e l’impiego di materiali avanzati per le apparecchiature quali trasformatori e interruttori allo scopo di migliorarne l’efficienza, la sicurezza e le prestazioni; la diffusione di dispositivi elettronici per ottimizzare le risorse esistenti e migliorare la flessibilità della rete in caso di interruzioni; l’impiego di tecnologie di stoccaggio a tutti i livelli per mitigare i picchi di domanda ed estendere lo sfruttamento dell’energia prodotta a partire da fonti rinnovabili; l’utilizzo di metodi di trasmissione e distribuzione più flessibili per bilanciare le fluttuazioni dell’approvvigionamento, aumentare l’efficienza e ottimizzare le prestazioni; l’integrazione di sistemi di monitoraggio e controllo per prevenire interruzioni. Come si può immaginare da questo elenco, l’uso delle tecnologie informatiche e di comunicazione (ICT) è fondamentale, perché consente la comunicazione fra utilities e utenti finali, abilitando le piattaforme informatiche e gli algoritmi di controllo distribuito necessari a ottimizzare l’efficienza di tutti i sistemi coinvolti. Inoltre, le tecnologie informatiche possono garantire un nuovo livello applicativo di servizi basati sull’energia quali smart metering, soluzioni prepagate per la vendita di energia, portali domestici per la gestione di consumi e generazione, sistemi automatici di acquisto, accumulo e vendita dell’energia elettrica, soluzioni di bilanciamento della domanda e dell’offerta di energia.

Per il momento, la tecnologia simbolo delle smart grid, quella che sinora ha trovato un’applicazione concreta, è senza dubbio quella degli smart meter, i contatori intelligenti: si tratta di un sistema di controllo basato su reti di sensori (wireless, Plc, RS485) per il monitoraggio in tempo reale dei consumi, non solo di corrente, ma anche di gas e acqua. Grazie alla possibilità di interfaccia con le tecnologie informatiche e di comunicazione, questi apparecchi consentono di intervenire sugli impianti, regolando lo scambio sia di energia che di informazioni sul funzionamento dell’impianto, offrendo anche la possibilità di intervenire in caso di problematiche o guasti in modalità immediata, senza necessità di ricorrere all’intervento sul posto. Ma, soprattutto, gli smart meter sono di grande utilità nel campo dell’efficienza energetica perché consentono la puntuale verifica dei consumi, il parametro indispensabile per dare vita a qualsiasi iniziativa di diminuzione della domanda. Il software contenuto in questi apparecchi, infatti, consente di disporre in ogni momento dei dati sui quantitativi di energia utilizzati in qualsiasi punto della rete e possono utilizzare la capacità di interconnessione per orientare e dosare i flussi energetici a seconda dei momenti e dei luoghi di maggiore o minor consumo. L’Italia è probabilmente il Paese più avanzato al mondo per quanto riguarda gli smart meter elettrici, poiché – grazie a un forte investimento di Enel – sono installati nella maggioranza delle case degli italiani. Quanto poi siano effettivamente utilizzate da aziende distributrici e dagli utenti finali le potenzialità di questi apparecchi resta, però, assai dubbio.

Le potenzialità delle smart grid, però, non sono solo “freddamente” tecnologiche, ma in futuro appaiono destinate a incidere profondamente nella vita delle persone. È il caso, in particolare, delle Energy Community: secondo la definizione dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano. Si tratta di un insieme di utenze energetiche che decidono di effettuare scelte comuni dal punto di vista del soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico al fine di massimizzare i benefici derivanti da questo approccio «collegiale», implementabile attraverso soluzioni di generazione distribuita e di gestione intelligente dei flussi energetici. Perché ci possa essere una Energy Community servono tecnologie che consentano di produrre in loco l’energia di cui necessitano le utenze energetiche all’interno dell’Energy Community, nonché di consumarla in maniera efficiente. Occorrono, naturalmente, anche sistemi informatici che permettano di controllare da remoto gli asset di produzione, accumulo, consumo di energia e gestire e distribuire i flussi energetici e informativi all’interno. Insomma, stiamo parlando di una smart grid al servizio di una comunità territoriale.

Come è facile da immaginare, attualmente il numero di Energy Community in Italia è piuttosto ridotto, stimato dal Politecnico di Milano in appena 8 casi. Gli ambiti di applicazione prevalenti sono il terziario e l’industriale, mentre, invece, non si riscontrano esempi esclusivamente dedicati all’ambito residenziale. Da quello che si è potuto osservare da questi limitati casi, però, appare evidente che questa formula presenti dei vantaggi economici significativi. I settori industriale e terziario, in particolare, garantiscono i ritorni economici dall’investimento più interessanti (fino al 38% di IRR- Internal Rate of Return – nel caso del modello industriale).

La realizzazione delle Energy Community, infatti, permette di ottenere importanti riduzioni del fabbisogno energetico, mediamente pari o superiori al 10% nei diversi modelli analizzati (con un picco oltre il 60% nel caso del residenziale). Il quadro potrebbe essere peggiorato in Italia dalle novità normative, in particolare dalle norme – contenute all’interno del discusso provvedimento spalma incentivi – che penalizzano i sistemi di produzione offgrid come Seu e Riu.

In particolare, l’attribuzione degli oneri generali di sistema e di rete sull’energia elettrica consumata determina un rilevante impatto «negativo», aumentando fino al 50% il tempo di ritorno dell’investimento. Eppure, nonostante il solito freno del legislatore nazionale, il potenziale delle Energy Community resta consistente: in Italia al 2030, secondo la stima dell’Energy & Strategy Group, potrebbero esserci tra le 25.000 e le 95.000 comunità energetiche autonome, per un controvalore economico nell’ordine dei 55-160 miliardi di euro. Una rivoluzione che, tra l’altro, permetterebbe di ridurre la dipendenza energetica dall’estero di 10 miliardi di euro l’anno.

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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