Mercato rinnovabili
Usa, l’accordo fiscale salva l’eolico
Con l’intesa raggiunta in extremis sono state prorogate le detrazioni a favore dell’energia del vento. Una boccata d’ossigeno per i produttori
L’accordo fiscale raggiunto in extremis negli Stati Uniti salva l’eolico americano dalla crisi: oltre ai tagli alle aliquote su cui repubblicani e democratici hanno discusso per settimane, alla fine del 2012 erano in scadenza anche le agevolazioni fiscali previste per i titolari di impianti a energia del vento.
I crediti d’imposta di energia eolica, nati nei primi anni Novanta e più volte prorogati, prevedono una detrazione di 2,2 centesimi per ogni Kwh generato da questi impianti nei primi dieci anni di funzionamento, oppure il pagamento del 30% dei costi di costruzione.
Lo strumento ha talmente funzionato, soprattutto negli ultimi anni, che gli Usa sono diventati il secondo mercato al mondo per l’energia eolica, alle spalle della Cina, capaci di attrarre il 28% degli investimenti globali in questa tecnologia. I circa 12,5 GW installati nel 2012 hanno rappresentato circa il 44% della nuova capacità elettrica creata negli Stati Uniti.
La fine del sistema d’incentivazione, costato sinora 14,7 miliardi di dollari alle casse pubbliche a stelle e strisce e per questo avversato dall’opposizione repubblicana, avrebbe comportato la paralisi completa del settore, con conseguenze negative per l’eolico a livello globale.
In realtà, anche con l’accordo raggiunto in extremis, i contraccolpi non mancheranno: temendo il peggio, ossia la mancata proroga del provvedimento, già nei mesi scorsi diverse aziende del settore (tra cui Siemens) avevano annunciato cospicui tagli di personale; gli ordini del 2013, condizionati dall’incertezza normativa, sono inoltre rimasti al palo.
Tuttavia, l’estensione dei crediti d’imposta (che dovrebbe costare oltre 12 miliardi di dollari) dovrebbe assicurare la salvaguardia di 37.000 posti di lavoro e rilanciare il business di circa 500 nuovi impianti.
Le commesse in arrivo nei prossimi mesi da un mercato importante come gli Usa potrebbero essere una boccata d’ossigeno anche per i produttori industriali del settore: non a caso le azioni della danese Vestas, il principale costruttore mondiale di turbine che ha palesato nel 2012 grandi difficoltà finanziarie, hanno segnato una decisa ascesa in Borsa alla notizia dell’accordo fiscale raggiunto negli Usa, così come quelle di Gamesa.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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