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agenzia internazionale per l'energia

Una strategia per vincere

Anche la Iea interviene nel dibattito e stima un aumento del Pil per i Paesi che imboccheranno il percorso dell’efficienza energetica, creando dagli 8 ai 27 posti di lavoro per ogni milione di dollari investito

Scritto da il 17 aprile 2015 alle 8:00 | 0 commenti

Una strategia per vincere

Che l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) si occupi di efficienza energetica non è poi così scontato. Eppure è successo con la pubblicazione di un report, “Capturing the Multiple Benefits of Energy Efficiency” con il quale l’agenzia ha iniziato, forse, a ribaltare il proprio approccio verso l’energia. Per la Iea questo cambio di paradigma non è una cosa da poco visto che il centro del suo pensiero sono state le fonti fossili – che sono le prime “vittime” dell’efficienza energetica – e la generazione centralizzata appannaggio dei grandi impianti. Il punto di partenza dell’agenzia sono le cifre e, più precisamente, il dato di spesa in efficienza energetica nel 2012 a livello globale: 300 miliardi di dollari. Il «primo carburante» del Pianeta, afferma la Iea che sottolinea il ruolo di primo piano che avranno i Paesi in via di sviluppo all’interno di questo scenario. L’efficienza, infatti, sarà la chiave per aumentare l’accesso all’energia, utilizzando le infrastrutture già esistenti, che molto spesso è complicato, se non impossibile adeguare. Oltre a ciò, diventa possibile offrire l’accesso all’energia anche alle fasce più deboli, attraverso sistemi efficienti che limitano il consumo, offrendo gli stessi risultati, riducendo i consumi quotidiani, alleggerendo i costi a chi oggi può, magari faticosamente, accedere all’energia e abbassando la soglia d’ingresso per chi oggi non se lo può premettere l’accesso all’energia. Non parliamo solo del lato domestico dei consumi, ma anche di quello legato alle produzioni industriali dei PVS, cosa utile alla crescita economica che si può coniugare con la difesa ambientale, con vantaggi sia locali in termini d’inquinamento, sia globali sotto il profilo delle emissioni climalteranti, che diventa di cruciale importanza per la difesa della crescita in aree come quelle asiatiche e dei Bric. Fin qui potremmo dire che la Iea sta scoprendo ciò che i sostenitori dell’efficienza energetica e delle rinnovabili vanno sostenendo da tempo, cosa comunque non indifferente se pensiamo alla natura dell’istituzione stessa, ma la novità dello studio della Iea risiede nel fatto che il vantaggio dell’efficienza energetica è stato quantificato con precisione sia sul fronte economico, cosa che consente l’inserimento di queste metodologie all’interno delle pianificazioni delle politiche economiche e industriali, sia degli Stati, sia delle imprese. La Iea, infatti, afferma che quando le misure circa l’efficienza energetica trovano un posto rilevante all’interno dei tipici calcoli per il ritorno industriale dell’investimento, il punto di “break even” si accorcia di oltre il 50%, passando da circa 4,2 anni a 1,9, mentre per il settore residenziale, sul quale la Iea punta parecchio, i benefici di abitazioni riscaldate in maniera più efficiente si misurano anche in termini di salute e benessere delle persone. Quindi, in una diminuzione delle ore di lavoro perse per malattia e delle spese sanitarie. Tradotto: meno spese sanitarie e maggiore produttività. Due elementi chiave per l’Europa i cui conti sono in sofferenza anche e sopratutto per queste questioni. Il rapporto benefici-costi, stimato dalla Iea, ma confermato anche dall’Enea, circa l’efficienza energetica è di uno a quattro, ossia quattro dollari risparmiati per ogni dollaroinvestito, con un potenziale economico di 18mila miliardi di dollari al 2035, un terzo del Pil mondiale annuo, una cifra enorme che produrrebbe effetti duraturi, ma che rischia di essere persa. La Iea, infatti, avverte che questi vantaggi potrebbero rimanere sulla carta, poiché, secondo il suo rapporto, il carattere nascosto e poco visibile dei vantaggi dell’efficienza energetica potrebbe spingere i governi, esattamente come sta succedendo in Italia con il continuo start e stop sull’ecobonus, a non mettere concretamente in piedi le indispensabili misure di politica industriale e ambientale necessarie, per avviare a maturità le tecnologie che ruotano attorno efficienza energetica. Eppure la Iea fornisce ai decisori politici anche gli strumenti per agire, poiché stima l’aumento di Pil tra lo 0,25 e l’1,1% l’anno per i Paesi che imboccheranno il percorso dell’efficienza energetica, mentre si potrebbero creare dagli 8 ai 27 posti di lavoro per ogni milione di dollari investito. A supportare questo schema c’è proprio l’esempio dell’Europa, dove le misure per l’efficienza energetica negli edifici hanno alleggerito i conti pubblici per una cifra tra i 30 e i 40 miliardi di euro, che diventano tra i 67 e i 128 se si contabilizzano le entrate fiscali e i minori costi del welfare sociale e sanitario. Insomma, la partita dell’efficienza energetica fa bene ai cittadini e ai bilanci degli Stati, ma con ogni probabilità le resistenze circa un’accelerazione delle pratiche per il risparmio energetico arrivano proprio dal settore delle fonti fossili che, già messo in crisi dalle rinnovabili, è poco disposto ad accettare ulteriori riduzioni dei consumi, e quindi del mercato, a causa dell’efficienza energetica.

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L'autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.


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