Tekneco #15 - Mercato
Una nuova mappa per il solare mondiale
Dopo le turbolenze degli scorsi anni, il 2014 dovrebbe essere l’anno della stabilizzazione di questa tecnologia. In Italia l’attenzione è ora concentrata sulle piccole taglie
Il fotovoltaico è senza dubbio il simbolo dell’avanzata delle nuove energie rinnovabili di questi ultimi anni, per svariati motivi: innanzitutto questa fonte, intimamente legata al sole, beneficia oggettivamente di un netto vantaggio di immagine rispetto alle altre risorse. Inoltre, questa tecnologia appare più a portata di persona comune che non i grandi parchi eolici o il biogas, non fosse altro per la possibilità di installazione anche sui tetti delle abitazioni private. Infine, la crescita è stata davvero impressionante, soprattutto nel mercato del Vecchio Continente. Eppure, di fotovoltaico si è parlato tantissimo in questi anni anche in termini non esattamente positivi: oltre alle polemiche sul costo del sostegno pubblico, particolarmente accese soprattutto in Italia, le turbolenze che hanno interessato la filiera industriale del settore hanno suscitato più di un interrogativo tra economisti e opinione pubblica. In effetti, molte aziende del settore, soprattutto europee, non hanno retto alla aggressiva (e secondo la Commissione Ue sostanzialmente scorretta) politica di prezzo portata avanti dalle società cinesi, che ha avuto sì l’effetto positivo di trascinare verso il basso i prezzi dei pannelli, ma ha anche scatenato enormi tensioni commerciali e fallimenti a catena. Già dagli ultimi mesi del 2013, però, il fotovoltaico sembra aver cambiato passo, tanto che qualcuno si è già spinto a parlare di “nuova età dell’oro”, e persino i produttori industriali – dopo una lunga serie di bilanci negativi – hanno iniziato a rivedere i tanto sospirati utili.
Che cosa sta succedendo al settore? Di fatto, il tanto atteso ribaltone della geografia del fotovoltaico ha iniziato finalmente a prendere piede, ossia il calo del mercato europeo, sempre più asfittico per via del ridimensionamento dei sistemi incentivanti, sembra ormai essere più che compensato dalla corsa dei Paesi emergenti verso il solare. Già l’ultimo trimestre del 2013 è stato, infatti, un anno record, con oltre 12 GW installati, perlopiù nel nuovo tridente del fotovoltaico: Cina, Giappone e Stati Uniti. Paesi che, per motivi diversi, hanno deciso di investire in questa tecnologia: la Repubblica popolare soprattutto per soddisfare la sua crescente fame di energia, gli Usa nell’ottica di contenere le emissioni e il Sol Levante per sopperire al sostanziale stop al nucleare seguito alla catastrofe di Fukushima. Il 2014 dovrebbe essere l’anno del definitivo consolidamento: secondo Solarbuzz, il fotovoltaico dovrebbe raggiungere i 49 GW globali di nuova capacità installata, in netta crescita rispetto ai 36 GW del 2013. Buone nuove sono in arrivo anche per i produttori dell’industria solare mondiale: il 2014, grazie alla sostanziale stabilità dei prezzi e a tassi di utilizzo della produzione superiori al 90%, dovrebbe confermarsi come un anno positivo per la filiera industriale. Più o meno la metà delle nuove installazioni arriverà dalla regione dell’Asia-Pacifico, grazie al ruolo trainante della Cina, capace di superare i 12 GW di capacità installata nel 2013. In particolare, la potenza installata lo scorso anno ha superato le previsioni iniziali anche grazie al fatto che molti sviluppatori cinesi si sono precipitati a completare i progetti entro la fine dell’anno; dal primo gennaio 2014, infatti, l’incentivo di 1 yuan (17 centesimi di dollaro) al chilowattora per i grandi impianti installati a terra è stato abbassato a 0,9-0,95 yuan. Il 60% circa delle installazioni è stato effettuato nelle soleggiate province dell’Ovest (Gansu, Xinjiang e Qinghai), dove gli impianti sono di proprietà dalle imprese elettriche locali. Nel 2014 il ritmo delle installazioni non dovrebbe conoscere rallentamenti, tanto che alcune stime prospettano 14 GW di nuova capacità. L’obiettivo di Pechino, d’altronde, è dichiarato, ossia raggiungere i 35 GW di potenza cumulata entro il 2015. Lo sviluppo del mercato interno è spinto soprattutto da ragioni di indipendenza energetica, ma ai dirigenti della Repubblica popolare non è indifferente neppure lo stato di salute delle aziende della filiera industriale del fotovoltaico. Suntech, ex numero uno al mondo, è stata sostanzialmente tenuta in piedi da un intervento pubblico e anche molte altre aziende del settore erano esposte con i principali istituti di credito cinesi. Qualche problema, sottotraccia, non manca: si è stimato che, per raggiungere i 35 GW di potenza, il Governo cinese spenderà almeno 50 miliardi di dollari. Considerato che oltre 100 milioni di persone nel Paese vivono in una situazione di povertà, è lecito aspettarsi che il regime comunista non possa continuare a incentivare il solare in questa maniera ancora per molti anni. Senza dimenticare gli investimenti di rete necessari a convogliare l’elettricità prodotta dagli impianti solari verso il Sud e l’Est della Repubblica popolare, ossia le aree a maggior fabbisogno. Molto atteso è anche l’andamento del Giappone, dopo un anno record che l’ha catapultato improvvisamente nella top 3 mondiale: le politiche solari nipponiche non sono certo come quelle degli Stati Uniti o della Cina, ma la presenza delle tariffe feed-in e il desiderio popolare di passare a fonti di energia rinnovabili il più velocemente possibile, dovrebbero favorire una florida crescita anche nel 2014, con circa 7 GW di nuova capacità installati (ossia poco meno del 2014), nonostante alcuni segnali di un possibile rallentamento. Resterà poi da vedere se anche gli operatori esteri del fotovoltaico riusciranno ad accaparrarsi una fetta del mercato nipponico, per ora di appannaggio quasi esclusivo delle imprese locali (anche per via di alcune barriere all’ingresso). Dovrebbero invece migliorare i risultati del 2013 (4,5 GW) gli Usa, che sono attesi nel 2014 ad almeno 6,5 GW di nuova capacità. Le ragioni che spingono il solare a stelle e strisce sono tante: gli incentivi a livello federale, una normativa che consente alle utility di utilizzare senza troppe complicazioni l’energia prodotta dai grandi impianti solari (tanto da attirare l’attenzione di attori esterni all’energia del calibro di Google), vere e proprie campagne che spingono i cittadini a puntare sui piccoli impianti. Oltre al trio da record, destinato a rimanere tale anche nel 2014, ci sono, però, tanti altri Paesi che stanno scommettendo su celle e moduli: l’America del Sud, che dovrebbe superare il GW di nuova potenza installata nell’anno in corso, l’India che dovrebbe replicare i buoni risultati del 2013, il Sudafrica, la Thailandia, ecc.
La geografia del solare, insomma, già oggi non è più quella del passato e anche per questo le polemiche sul dumping (di cui diamo conto in un successivo articolo a pagina 44) riguardano ormai un mercato marginale, quello europeo. Ecco perché anche i big italiani del solare hanno ormai cambiato obiettivi: TerniEnergia, ad esempio, dopo tanti parchi solari installati e gestiti direttamente nel Sud Italia, ormai “riciclata” come Epc contractor, sta costruendo per conto terzi impianti solari un po’ ovunque nel mondo, in particolare in Grecia e Sudafrica. Non manca all’appello, ovviamente, Enel Green Power, che ha avviato iniziative fotovoltaiche soprattutto in Sudafrica e Romania, ma il cui interesse però è concentrato soprattutto su altre fonti (eolico, geotermia, idroelettrico). Attiva sul fronte dell’internalizzazione è anche Enerray che, grazie alla joint venture con Tekno, si pone l’obiettivo, entro fine anno, di realizzare impianti solari per un totale di 10 MW sul mercato turco. Altro nome, stavolta attivo nella produzione vera e propria di moduli fotovoltaici, è la siciliana Moncada, che riesce a destinare buona parte dei propri prodotti fotovoltaici verso grandi commesse estere. Building energy, invece, sta provando a inserirsi nel fiorente mercato del solare statunitense, nonché in quello sudafricano. I capitali italiani sono poi pronti a veri e propri investimenti finanziari: Quercus, società legalmente stanziata a Londra ma con diversi nomi nazionali alle spalle, si sta segnalando per numerosi investimenti nel solare di grande taglia, da ultimo un parco da 27,7 MW in Galles, costato 35 milioni di euro.
L’attenzione delle migliaia di figure professionali che negli anni scorsi hanno beneficiato del boom del fotovoltaico (installatori, progettisti, elettricisti, ecc) resta però, ovviamente, concentrata sul mercato nazionale. Tra l’altro, il 2014 sarà il primo anno in cui il fotovoltaico nazionale farà a meno del sostegno del Conto energia (ormai definitivamente estinto), dunque occorrerà verificare il grado di maturità raggiunto dal comparto. Anche se probabilmente le nuove installazioni saranno intorno agli 1,5 GW, dunque un numero lontano da quello degli anni d’oro del solare, alcuni elementi normativi inducono a un sostanziale ottimismo. In particolare, la proroga delle detrazioni fiscali del 50% e, soprattutto, la nuova legislazione varata sui Sistemi efficienti d’utenza. Dopo anni di attesa, infatti, nel dicembre del 2013 l’Autorità per l’energia ha finalmente disciplinato questa tipologia, stabilendo le modalità con cui un produttore può installare un impianto alimentato da fonti rinnovabili (o di cogenerazione) sulla proprietà di un certo utente e vendere direttamente a questo l’energia elettrica che l’impianto produce. L’Aeeg ha limitato questo sistema di vendita diretta al rapporto tra un singolo produttore e un singolo cliente (anche se dotato di più punti di prelievo), imponendo che produzione e consumo debbano avvenire nello stesso sito. La questione forse più importante da regolare con questa deliberazione era, però, quella del pagamento degli oneri di rete e degli oneri generali di sistema. In particolare, l’Aeeg ha stabilito che i Seu pagheranno oneri di rete e di sistema solo sull’energia prelevata dalla rete pubblica. Una soluzione di compromesso che, secondo gli osservatori, assicura un futuro all’autoproduzione fotovoltaica, perché non abolisce il vero vantaggio competitivo dei Seu sull’energia tradizionale; il pagamento per intero degli oneri di sistema avrebbe invece comportato un sostanziale affossamento di questo meccanismo di autoproduzione. Considerato il costo di tali oneri, che per un’azienda in bassa tensione oggi pesano per quasi 6 centesimi di euro al kWh, è probabile che si assisterà a un buon sviluppo dei Seu in ambito commerciale, proprio perché in buona parte esenti dal pagamento. Altro capitolo importante per la sopravvivenza del fotovoltaico nella Penisola, soprattutto nel settore residenziale, è riuscire a sfruttare al massimo l’autoconsumo. Perché l’investimento nel solare sia profittevole, infatti, è necessario configurare al meglio l’impianto in base al fabbisogno di energia elettrica, così da utilizzare in loco quanta più energia prodotta possibile. Un aiuto potrebbe arrivare dalla tecnologia, grazie alla diffusione dei sistemi di stoccaggio, ossia speciali batterie in grado di accumulare l’energia prodotta dal fotovoltaico e rilasciarla anche nei momenti di assenza di generazione (come la notte). Attualmente questa soluzione è frenata dal costo di acquisto iniziale, che resta ancora elevato, ma l’attesa per i prossimi anni è di una riduzione di circa il 40-50%, ottenibile grazie alle economie di scala. I sistemi di accumulo domestico, tra l’altro, permetterebbero di sfruttare completamente la generazione fotovoltaica, consentendo di spostare una quota dei consumi dal gas verso l’elettricità (la cosiddetta elettrificazione), con significativo beneficio in termini di efficienza energetica.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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