Energia solare
Tutte le leggende urbane sul solare termodinamico
Un documento dell’Anest prova a smontare le inesattezze e le perplessità che circondano questa fonte rinnovabile, dagli investimenti all'impatto ambientale
Del solare termodinamico, la tecnologia “cugina” del fotovoltaico, si sente parlare poco e con molte inesattezze. Questa l’opinione di Anest, l’associazione nazionale di categoria, che ha recentemente diffuso uno studio per smentire le leggende urbane che condizionano la concezione che l’opinione pubblica ha di questa risorsa rinnovabile. La prima è che i programmi di sostegno per lo sviluppo del solare termodinamico (in inglese noto come Csp, concentrated solar power) siano onerosi per l’economia del Paese.
Secondo l’Anest, invece, gli investimenti nel Csp apporterebbero elevati benefici di tipo macro economico, con ricadute sull’economia locale elevate sia nel periodo di costruzione dell’impianto che in quello di attività. «Il “ritorno” per il Paese sotto forma di tasse, di nuova occupazione, di diminuzione dell’importazione di petrolio e gas, compensa largamente gli incentivi in corso, prevedendo inoltre in futuro una loro contrazione come conseguenza del minor gap con i prezzi dell’elettricità da fonte fossile. Gli impianti solare termodinamici deturpano il territorio», si legge nello studio.
Inoltre, sul tema dei costi l’associazione evidenzia come, a partire dal 2007, sia stato raggiunto dal settore una importante riduzione dei costi (circa il 50%) solo con pochi GW installati in tutto il mondo, dunque nei prossimi anni è lecito attendersi un’ulteriore diminuzione parallelamente all’aumentare degli impianti in esercizio.
Il documento interviene poi sull’aspetto ambientale, che sta iniziando ad affacciarsi anche nel nostro Paese (similmente a quanto già accaduto per altre energie rinnovabili) con l’avvio dei primi iter autorizzativi. Ad esempio c’è chi contesta l’impatto sul paesaggio delle centrali Csp: secondo l’Anest, in realtà, la maggior parte degli impianti solare termodinamici ha un’altezza dal terreno non superiore a 5/6 metri, e quindi più bassa di una costruzione di due piani.
Inoltre, i componenti che occupano la maggior parte del territorio impiegato dagli impianti solari sono gli specchi, nelle varie forme in funzione della tecnologia impiegata. Dunque, durante il funzionamento, gli specchi riflettono il colore del cielo e il campo solare assume l’aspetto di un lago. Senza contare che lo spazio tra gli specchi può essere lasciato a verde alterando ancora meno il paesaggio circostante.
Anche l’accusa di occupare troppa superficie è rispedita al mittente, poiché il rendimento del solare termodinamico in elettricità per unità di suolo, in ordine di grandezza, è ritenuto equivalente a quello dell’eolico o delle biomasse. Basterà per convincere gli scettici del solare termodinamico?
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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